Valdediós: preromanico, un po’ gotico

Ci sarà un motivo se scrivo della chiesa di San Salvador de Valdediós solo sei anni dopo averla visitata. Ci sarà un motivo, e forse ce n’è più di uno, se questa chiesa, a prima vista la più “facile” tra le strane chiese dell’Asturia preromanica, suscita sensazioni così contrastanti da rendere difficile la comprensione e il racconto. In realtà, dovrei sentirmi decisamente a mio agio a Valdediós: qui infatti il percorso dell’architettura preromanica si conclude, dicono in sostanza i testi, e il romanico si annuncia già in modo evidente; e però qualcosa non torna, e resta in bocca un retrogusto che si fatica a spiegare.

La facciata, il portale e il lato sinistro

Il contesto è indimenticabile. Nei pressi di Villaviciosa, a nordest della capitale Oviedo, quasi sull’Atlantico, la chiesa di San Salvador, costruita nel IX secolo, sta in mezzo ad un prato verde circondato da un boschetto. Era in origine la chiesa di un convento, ma sorge oggi isolatissima – e i manici della fotografia godono di questa solitudine – perché tutti gli edifici circostanti sono andati perduti. Nella stessa area verde e amena, però, durante il XIII secolo è stato eretto un nuovo monastero, cistercense, questo ancora in gran parte conservato, con la sua possente abbaziale dedicata a Santa Maria: con un simile invadente vicino, al confronto del quale non può che apparire piccola, la chiesa di San Salvador oggi è soprannominata “el Conventìn“.

Il lato meridionale con il portico

E insomma: puoi girarle tutto intorno, e ammirarla, e fotografarla da ogni punto di vista; e nulla in questo edificio pieno di grazia è fuori posto. E se confrontata con la struttura complessa e aspra delle precedenti realizzazioni del preromanico asturiano, San Salvador testimonia un avvicinamento a quello schema a cui ci abituerà il tempo romanico. La chiesa si struttura come una basilica a tre navate, con le minori più basse; la facciata annuncia questa ripartizione dello spazio interno: presenta infatti la tipica articolazione a salienti, le sue tre parti sono marcate in verticale da due contrafforti, e quella centrale ospita il portale e più su ospita una bifora che solo gli archi a ferro di cavallo segnano come precedente al romanico; prima che la chiesa termini, si ha pure l’illusione di un transetto, data dalle due sale aggiunte come fossero i bracci della croce, che in realtà però sono spazi di servizio non comunicanti con la chiesa; un portico corre addossato alla navata laterale destra – quante chiese romaniche spagnole presenteranno questa soluzione nei secoli successivi! – e, più basso della navata a cui si appoggia, la accompagna fino alla estremità orientale. Qui, infine, manca la terminazione curva dell’abside, secondo la più stretta tradizione asturiana che prevede muri piani anche ad oriente; e però, osservandola all’esterno, si può davvero paragonare San Salvador a tante chiese romaniche, e si potrebbe ipotizzare che sia in realtà un edificio costruito nel XII secolo.

Il lato meridionale e la terminazione orientale con l’abside piana

Peraltro, l’interno anticipa allo stesso modo la struttura tipica del tempo romanico: la navata centrale è infatti coperta da una volta in pietra, a botte continua – passo avanti rispetto alle coperture piane in legno che incontriamo ancora, ad esempio, in San Julián de los Prados, il “Santullano” di Oviedo – e a botte continua sono coperte anche le navatelle; le tre navate sono separate da file di pilastri, e gli archi che li congiungono sono a tutto sesto, non più a ferro di cavallo.

La navata e il presbitario

Dentro, però, c’è ben poco della spazialità che il romanico saprà realizzare. La navata centrale, larga il doppio delle laterali, è comunque angusta; il peso delle volte in pietra e delle stesse pareti, che si sviluppano sensibilmente verso l’alto, ha portato i costruttori ad optare per pilastri quadrati massicci e ingombranti, che sembrano occupare troppo dello spazio interno; forse proprio per lo spessore dei muri e dei sostegni le navatelle risultano ancora più strette; le absidiole sembrano utilizzabili a fatica per i riti che vi si svolgevano, e anche quella centrale, che non si sviluppa in altezza perché sovrastata, secondo la tradizione asturiana, da una sala superiore, non ha nulla più della placa vastità dell’abside paleocristiana e non ha nulla ancora del respiro autorevole che sarà tipico dei presbiteri romanici. La chiesa si visita a gruppi, e si passa all’improvviso dal vasto prato che la circonda al piccolo nartece, e a questo interno non fatto certo per le folle; anche per questo non è facile sfuggire alla sensazione di non avere intorno uno spazio adeguato, o comunque quello che ci si attendeva, la stessa che ti prende a Saint-Saturnin in Alvernia, o nella chiesa di Bominaco in Abruzzo.

Lo “spaccato” della chiesa

Una delle teorie sulla nascita della chiesa di Valdediós suggerisce che sia stata costruita come chiesa-mausoleo dall’ultimo re delle Asturie, Alfonso III, che aspirava ad esservi sepolto, e forse se ne può spiegare anche così lo spazio interno contratto, adeguato a riti di memoria più che a liturgie assembleari; ancora, occorrerebbe poter vedere la chiesa completamente decorata, com’era in origine, e senza dubbio si avrebbe una sensazione di maggior coerenza tra spazi e e funzione. Oggi il “convento piccolo”, più che l’ultimo adagio dell’architettura asturiana verso il romanico, suona stranamente – per l’eleganza dell’esterno, per come sorge isolata da tutto, per la sua navata troppo alta e magra – con un accento quasi gotico. Ed è questo, forse il retrogusto strano di San Salvador, dove i costruttori hanno voluto compiere un passo in più, e dove forse hanno anche voluto cercare una via di normalizzazione forzata, conciliando linee e curve dopo la stagione degli esperimenti dell’architettura cristiana intorno ad Oviedo, per metà magicamente classici – ricordate Santa Maria del Naranco e la piccola Santa Cristina de Lena? -, per metà fatti invece, come il “Santullano”, di pietra schietta e ben poggiata a terra, di linee rette perpendicolari e secche, elementi tipici di molti dei precedenti esiti del preromanico asturiano.

Visitatori a Valdediós

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5 pensieri su “Valdediós: preromanico, un po’ gotico

  1. Luisella Milan (da Fb):

    Un gioiello di architettura che per me è più aggraziato ed equilibrato di certe altre chiese di quella regione che io trovo ancora primitive e per certi aspetti barbare. A parte ovviamente la bellissima chiesa del Monte Naranco a Oviedo: quella è incredibile che sia stata pensata e costruita così elegante.

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  2. Carmine Petraccaro (da Fb):

    Sì decisamente un “gioiello”! Bisogna complimentarsi con la Comunità che l’ha salvaguardata. Purtroppo altrove, anche nella mia terra, sono arrivati i Barbari (anche autorizzati!), ed hanno distrutto quanto il tempo e la Natura a volte violenta fortunosamente ha conservato sino a noi. Un’architettura ed un paesaggio meraviglioso : che il buon Dio la salvi dai vandali!

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Ho da anni un libro sul preromanico asturiano e sulla Spagna visigota che mi occhieggia dalla libreria come a dirmi “Allora, quando?”
    Nel tempo, continuo ad ammirare i post come il tuo ed altri nel nostro gruppo Itinerari Artistici del Medioevo ed in altri spagnoli come Pasión por el Romanico (per citarne uno solo) che vedo con una certa frequenza.
    E’ indubbiamente nei miei sogni andare nelle Asturie e vedere tra le varie bellezze architettoniche anche San Salvador de Valdediós.
    Sono architetture limpide sul piano geometrico, caratterizzate dalla giustapposizione di volumi nitidi, che le articolano ordinatamente in maniera semplice, dove pochi elementi decorativi le arricchiscono.
    Sono chiese e architetture che si confanno alla mia sensibilità, spesso poste in luoghi isolati, splendidi paesaggi campestri che le mettono in risalto.
    Un viaggio da fare. Spero presto.

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