La mitica Jaca, capitale del romanico, e la sua chiesa in una “mocheta”

Un’intera generazione – la mia – di appassionati dell’arte medievale è cresciuta con il mito un po’ confuso di Jaca: si chiama(va) Jaca Book la casa editrice delle più interessanti pubblicazioni sul romanico, tra cui le traduzioni dei volumi francesi di Zodiaque, e quindi in quelle due sillabe – Ja-ca – noi romanici non potevamo che riconoscere il nostro riferimento.

E di fronte al fatto che esiste una città spagnola chiamata proprio Jaca, il pensiero comune fu pressappoco il seguente: “Chissà quali capolavori romanici conserva quella località, quali chiese e quali chiostri e quali affreschi, per essere stata scelta per dare il nome addirittura all’intera produzione editoriale sul romanico!”. E però controllammo: a Jaca c’è sì una chiesa romanica, ma strana e spuria, con volte gotiche; di capitelli ce n’è qualcuno, sì; ma vuoi mettere quelli di Autun o Vézelay? Di chiostri meravigliosi, o di cicli affrescati, come pure di portali scolpiti, neanche l’ombra. Così, quando scoprimmo che il nome alla casa editrice Jaca Book deriva(va) da quello di una pianta, la giaca – che in portoghese fa appunto jaca – ci mettemmo una pietra sopra: la cittadina di Jaca, concludemmo, non è affatto l’ombelico del mondo artistico romanico, anzi; e se quel nome torna su ogni copertina dei nostri volumi preferiti è semplicemente per un caso (di omonimia).

La lonja chica – la “loggia bella” – sul lato meridionale della cattedrale

Poi ci vai, a Jaca, e il mito si riaccende al di là delle collane editoriali e della loro intitolazione. E si riaccende perché Jaca, che fu la prima capitale del regno d’Aragona nell’XI secolo, è senza dubbio anche una delle capitali del romanico, e la sua cattedrale, dedicata all’apostolo Pietro, costituisce un punto di irradiazione artistica di primaria valenza, e ancor oggi, insieme all’attiguo museo diocesano, forma un complesso di prim’ordine per quantità e qualità dei capolavori custoditi. Jaca insomma è, per l’appassionato del romanico, un luogo dall’altissima carica seduttiva, ed è una di quelle poche città totemiche – come Compostela, come León in Castiglia, come Autun e Tolosa in Francia, come Modena e Palermo, con Monreale, in Italia – in cui si deve restare più di una giornata per poter dire di aver visto almeno tutte le eccellenze.

Capitelli all’esterno della cattedrale

Senza aver mai riconosciuto e sottolineato in modo così organico la ricchezza di Jaca, Before Chartres ha già parlato nel dettaglio di alcune delle opere di primissimo livello conservate nella cattedrale e nel museo diocesano. Ha raccontato innanzitutto del capitello con il concerto del re Davide, che stava sul portale principale, poi sotto la loggia dell’ingresso meridionale, e che ora è esposto nel museo: è un pezzo strepitoso, inserito in una serie di altri pezzi altrettanto notevoli, attribuiti al “maestro di Jaca”, che collegano questa città a Fromista, Leon e Tolosa. Di questa stessa mano – e ne abbiamo scritto – è il capitello “della tentazione”, ancora collocato in alto, in cima ad uno dei pilastri della navata. Guardando in su nella lonja chica abbiamo raccontato poi del bel capitello con le storie di Lorenzo, opera del “maestro di Dona Sancha”, autore anche dell’omonino sarcofago custodito proprio qui a Jaca e di altre opere in giro per l’Aragona. Nel museo diocesano abbiamo ammirato e raccontato il “capitel del Sátiro”, tra i più sorprendenti in assoluto della produzione romanica. E ancora abbiamo detto come nel museo diocesano di Jaca siano conservati il ciclo di affreschi di Bagüés e i dipinti provenienti dall’abside di Ruesta, splendide e tragiche testimonianze di come anche in Aragona fu impossibile conservare in sicurezza questa grandi opere d’arte senza staccarle e trasferirle in una sala museale.

Nel museo diocesano, la sala con l’abside di Ruesta

Sarà per il contesto di intensissima fascinazione, ma io conservo un delicatissimo ricordo anche della stessa cattedrale di Jaca, che pure – lo dicevamo – non può definirsi una costruzione in tutto romanica e del tutto coerente. Il suo interno, segnato dai massicci pilastri compositi alternati a colonne, e completato in alto da coperture tra il gotico e il barocco, è però possente e autorevole come pochi altri, traboccante di arte, di storia e di oscura spiritualità.

San Pedro, ricostruzione di S. C. Aguilà

L’esterno della grande chiesa, circondato com’è di altri edifici, risulta invece poco leggibile anche per il visitatore che vada fino a Jaca e cerchi di comprenderlo di persona; e per questo mi fa molto piacere riproporre qui le fotografie della “ricostruzione” – in spagnolo della mocheta – realizzata da Salvador Carles Aguilà e rese pubbliche dall’autore nella pagina Facebook “Pasión por el Románico“: trovo la mocheta bellissima perché, come e meglio di una pianta della cattedrale, aiuta a riconoscerne le parti, quali la torre di facciata, ad occidente, con il nartece addossato, e poi la chiesa vera e propria, che si sviluppa fino al transetto al tiburio e alla zona absidale; si vede bene la loggia, sull’ingresso meridionale, così caratteristica, certamente uno degli elementi più fotografati anche dai turisti della domenica. La ricostruzione di Aguilà, insomma, ci permette di vedere ciò che è impossibile osservare sul posto, cioè la forma e la bellezza di una chiesa intorno a cui, proprio come intorno ad una pianta di giaca, il romanico è fiorito con vigore, e nella quale l’arte che amiamo, a partire da un albero ben radicato nella terra d’Aragona, ha prodotto frutti indimenticabili e superbi.

San Pedro, ricostruzione di S. C. Aguilà

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3 pensieri su “La mitica Jaca, capitale del romanico, e la sua chiesa in una “mocheta”

  1. Magda Viero (da Fb):

    E’ la prima cattedrale romanica della Aragona. Poi purtroppo un po’ trasformata in gotico e barocco con influssi francesi. I capitelli sono dei ricami vegetali soprattutto.. L.’acanto, con la capacità di rinascere anche dopo il taglio è il simbolo della Resurrezione: sostituisce la fenice di origine greco-romana.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Ho soggiornato due giorni a Jaca nel luglio scorso per poter ammirare la cittadina ed il romanico dei dintorni ed è stata un’ottima scelta, ma purtroppo (o per fortuna!) mi manca il Museo Diocesano, per cui sarò “costretto” a tornarci.
    Bella per quanto inevitabilmente alterata nel tempo la Cattedrale di San Pedro coi suoi pregevoli capitelli istoriati o a motivi vegetali.

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