E’ il vento di San Andrés che spegne l’estate del romanico in Castiglia

E cosa ci dicono, invece, i capitelli  del portale di Revilla? In che modo questi pezzi fantasmagorici – detto dell’archivolto “diverso” che li sovrasta – riescono a proporsi come la sintesi più efficace dello spirito e dell’essenza del romanico palentino? Parlano dell’estate avanzata, le due serie di capitelli della chiesa di Revilla de Santullan. Parlano di quei giorni in cui le messi sono quasi tutte raccolte, le terre sono una distesa gialla e arsa di ciò che resta delle spighe già tagliate, e qualche campo è già arato, ed è pronto quindi ormai alla nuova seminagione e al raccolto che verrà.

Una delle arpie sui capitelli che reggono il portale
La chiesa dei Santi Caprasio e Cipriano

Cercando il romanico nelle terre assolate della Castiglia alta, questa estate al culmine, luminosa e calda e però velata di un ché di sfinito, della sensazione che tutto sia già dato e ricevuto, la respiri ad ogni tappa, ti avvolge mentre viaggi tra un pueblo e l’altro. Non è solo, ovviamente, un’estate climatica; molte delle chiese che fanno così ricco il panorama romanico a nord di Palencia sono come permeate, anche dal punto di vista artistico, di un senso di assolata e matura compiutezza, che sembra sedersi in attesa del tramonto. Significa che i capitelli sono pieni di vita, la quale però sa di ciclica ripetizione; che i modiglioni abitati da figure e oscenità si moltiplicano, facendo a gara; che le figure di guerrieri, di leoni, di grifoni e di arpie sono belle, e vivaci, e movimentate in eleganza e leggiadria come di più non potrà essere. Significa infine che qua e là, inattesi e inspiegati allora, e forse nemmeno notati, cominciano a comparire e a prendere campo – come “buchi bianchi” – dei capitelli vegetali di una forma forse nuova e più slanciata: siano anche nient’altro che l’evoluzione dei capitelli floreali dei secoli precedenti, noi riconosciamo in essi il modello che sarà tanto caro all’arte sfigurata cistercense, e attraverso questa, al tempo gotico e ai suoi chiostri. Nel momento della massima esuberanza figurativa, ecco farsi spazio il moderno.

Il portale

Nel portale della nostra chiesa, dedicata ai santi Caprasio e Cipriano, i capitelli che reggono gli architravi sono dodici, sei per parte, e le due serie, ciascuna strettamente unitaria come un flusso continuo di immagini, sembrano essersi assunti il compito di rappresentare, idealmente e perfettamente, l’estate dell’arte romanica di Castiglia; ci mostrano, però, altrettanto compiutamente, l’introdursi, in questa estate di stilemi nuovi ben più rarefatti.

La serie dei capitelli del lato sinistro
Il centauro

Nella serie di capitelli di sinistra si susseguono due grifoni che si affrontano becco a becco, un Sansone che smascella il leone mentre un mostro ulteriore attende il suo turno, un centauro (bellissimo) che caccia una fiera, e poi di nuovo una coppia di grifoni, una di belve alate, una di arpie (quante se ne incontrano qui in Castiglia!) e infine, dietro l’angolo, un soldato che, in cotta e maglia, fronteggia con la sua spada un leone.

La serie di destra si apre addirittura con una dilatata scena biblica: le pie donne, giunte al sepolcro per ungere il corpo del Cristo morto, sono accolte dell’angelo… Poi, improvvisamente, l’inattesa semplificazione: al capitello complesso della mattina pasquale ne succede un altro che ha la forma di un vaso slanciato – le nobili fonderie di Murano ne producono di simili in vetro – fatto di fronde che solo in alto si ripiegano e ricadono. Il capitello successivo, anch’esso in forma di corolla elegante, è ancora più lineare, e con il precedente costituisce come uno spazio bianco, che interrompe ampiamente la linea chiaroscura, fin qui incessante, dei capitelli figurati. La quale riprende con due pezzi splendidamente riempiti di forme e di lotta – un soldato tutto coperto di maglia metallica che combatte due mostri, e con il primo ingaggia un faccia a faccia diventato famoso, e poi due mostri che si azzuffano in un delizioso groviglio di forme -, ma poi si spegne di nuovo nel sesto capitello, decisamente e vergognosamente spoglio, liscio ancor più dei primi due di questa forma “nuova”, incontrati poco a sinistra.

La serie dei capitelli sul lato destro

Il gotico che verrà, che già sta arrivando, non è per definizione privo di figure; ma quella che si annuncia qui, con questi capitelli che un appassionato del romanico definirebbe ripieghi e riempitivi temporanei, è una delle declinazioni, o delle radici, del gotico, e cioè il bando decretato dall’ordine cistercense verso gli eccessi: scacciati dai capitelli i mostri e i santi e le scene e le figure, quanti chiostri affiliati alla casa madre di Citeaux ci proporranno le loro colonne completate da questi semplici vasi vegetali e slanciati!

La colonna famosa di San André de Arroyo: si noti il capitello più piccolo

E qui nella Castiglia alta la presenza incombente dei modi cistercensi si sente, eccome, ad ogni passo. E qui nella Castiglia alta i modi cistercensi hanno un nome preciso: a porsi come potentissimo punto di riferimento per quest’arte nuova è il monastero di San Andrés de Arroyo, col suo chiostro raffinato di fronde, le colonne con greche fiorite, gli sforzi decorativi, ma privi di figure e mistero, che arrivano fino al virtuosismo della famosa colonna d’angolo, tanto celebrata, ma che di romanico ormai non ha nulla.

Che sia questo vento cistercense a scombinare anche la serie dei capitelli di Revilla, e che soffi, questo vento, proprio dal monastero di San Andrés de Arroyo, lo sottolinea anche il sito romanicoaragones.com, che descrive così la seconda serie di capitelli:

En el lado derecho, de dentro a afuera, sobre la jamba y continuando en el capitel: las tres Marías ante el sepulcro vacío mostrado por un ángel; dos capiteles vegetales “andresinos”; lucha entre un peón cubierto con cota de mallas y dos monstruos (al más próximo lo toma por el cuello y le da una lanzada); dos monstruos luchando que forman una especie de línea espiral; y al extremo, otro capitel vegetal andresino.

E insomma sì, è proprio questo soffio “andresino” – proveniente cioè da San Andrés – che come un incantamento spegne gli ardori e i racconti, che si infiltra tra le righe dei soldati, tra le fila degli animali mostruosi e contorti, e che crea pause inattese di vuoto tra le scene di scontro e fantasia bestiale del románico tardío palentino: basterà un nulla – un inasprimento del rigorismo, un po’ di ristrettezza nelle risorse, l’affievolirsi della passione – e il soffio “andresino” poi porterà ai capitelli gotici in forma geometrica, senza più neppure le foglie e le fronde di pietra a muoversi un po’.

Un capitello vegetale “andresino” accanto a due splendidi pezzi romanici

Soffia, qui a Revilla de Santullan, per chi la sa sentire. Soffia, qui e in tutta la regione, la brezza che viene da San Andrés de Arroyo: riconoscerla, e comprenderne gli effetti, contribuisce a spiegare perché la Castiglia romanica si mostri così spesso sospesa tra la più rigogliosa fioritura del romanico, vivace di scene e figure e addirittura ridondante perché tardo, e la silente essenzialità che qui spunta non di rado, e che poi diventerà la regola nei colonnati spogli e freddi dei chiostri gotici.

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3 pensieri su “E’ il vento di San Andrés che spegne l’estate del romanico in Castiglia

  1. Aldo Valentini (da Fb):

    In effetti stupisce l asimmetria della parte destra con quella sinistra, eccezion fatta per gli splendidi combattenti un mostro, uno per parte. A destra, sembra che l’unico motivo evangelico presente sia compensato con i semplici capitelli floreali… bah, quasi avessero realizzato il portale con ciò che avevano per mano. O ad una sostituzione con i capitelli a motivi floreali in un secondo momento.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Interessanti capitelli ed interessante lettura, che però non condivido molto. L’architettura cistercense è tanto distante da quella romanica, quanto da quella gotica. Personalmente la sento più romanica, ed il rifiuto delle figurazioni e del decorativismo e dei suoi eccessi è la cosa che maggiormente la allontana dal gotico, nel quale invece prevale frequentemente una scultura ripetitiva, ridondante e fine a se stessa.
    Secondo me questo dovrebbe essere l’esempio di un’opera tarda e non ultimata secondo progetto originale e quindi riempita con pezzi occasionali, non figurati.
    Non credo ad influssi cistercensi.

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