
La scena sulla faccia principale
Cercàtene un altro più bello, trovàtene un altro più potente, se ci riuscite. Tra i cento capitelli che il periodo romanico ha dedicato alla storia di Daniele – che fu calato nella fossa dei leoni e ai leoni sopravvisse – quello che il “Maestro di Cabestany” ha lasciato scolpito nell’abbazia di Sant’Antimo è certamente un miracolo di vigore e di energia.
Ci sono i leoni – che il Cabestany adora scolpire, come sappiamo – e c’è Daniele. C’è anzi tutta la storia, scolpita nelle quattro facce del capitello…
Passo indietro. Daniele è un Giudeo, fedele a Iawhe, e ha fatto fortuna in Persia, alla corte di Dario. Invidiosi, i funzionari suggeriscono al re di emanare un decreto che vieta ogni tipo di preghiera, pena la morte. Daniele, come speravano i suoi nemici, non recede dalla sua fede devota. I cortigiani allora corrono dal re e lo sfidano: “Non hai approvato un decreto che chiunque, per la durata di trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni?… Ebbene, Daniele, quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, o re, né del tuo decreto: tre volte al giorno fa le sue preghiere”. A malincuore, Dario fa gettare Daniele nella fossa dei leoni. Il rimorso lo rode: “Quindi il re ritornò al suo palazzo, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta nessuna concubina e anche il sonno lo abbandonò”. All’alba corre al recinto delle fiere e chiama Daniele: “Il mio Dio ha mandato il suo angelo – gli risponde il Giudeo – che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male”. Pieno di gioia Dario comanda che Daniele sia tratto fuori, e in pasto ai leoni getta i funzionari che lo avevano accusato, “insieme con i figli e le mogli”. E il pasto, stavolta, è assai gradito dalle belve.
Tutto questo accade nel capitolo 6 del Libro di Daniele. Ma nel capitolo 14 la stessa storia ritorna con alcuni elementi nuovi. Il re che controvoglia getta Daniele nella fossa dei leoni sarebbe Ciro, e non più Dario – ma di chi fosse il re, il Cabestany non si dà pena, perché non lo ritrae -. E poi appaiono altri due personaggi, questi invece inseriti dal Maestro nel suo capitello: sono il profeta Abacuc, che il Signore invia perché porti da mangiare al povero Daniele, imprigionato tra le belve, e un angelo che ha il compito di condurre Abacuc a destinazione, reggendolo per i capelli.
Ci siamo tutti. E tutto torna nel capitello di Sant’Antimo. Daniele è al centro, con le mani aperte in preghiera; i leoni, splendidi, sono intorno a lui; e c’è Abacuc, con le vivande protette da un telo; e c’è l’angelo, la cui mano regge ancora la chioma del profeta.

Il fianco e il retro del capitello
La concitazione rende vivissima la faccia principale del capitello. Sui due fianchi, si estendono i corpi delle fiere. Dietro, sulla quarta faccia del capitello, il Cabestany racconta l’epilogo della vicenda: i leoni già sbranano i funzionari malevoli.
Per molti aspetti questo pezzo scolpito – peraltro isolato a Sant’Antimo, perché nella chiesa nessun altro capitello regge il confronto – è un capolavoro assoluto. Anche per quel gioco di colore creato dal materiale in cui il Cabestany scolpisce: un marmo splendido, che si fa roseo nella parte più alta. E basterebbe questa fascia, questo “abaco” anch’esso finemente scolpito di racemi e fiori e leoni e draghi, a rendere indimenticabile il Cabestany di Sant’Antimo.
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La vicenda di Daniele calato nella fossa dei leoni narrata a Sant’Antimo è solo una delle meravigliose storie della Bibbia trasformate in pittura e scultura dagli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte altre, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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C’è anche questo pezzo notevolissimo nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E ce ne sono altri undici – anzi, per la verità ce ne sono altri tredici – che hanno anche la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI
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Anna Profumi (da Fb):
Una lezione di storia dell’arte raccontata in modo splendido!
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Roberto Lencioni (da Fb):
Sant’Antimo è meravigliosa , unica come le colline che la circonda
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Nives Alberti (da Fb):
Il paesaggio attorno è notevole..peccato che da quando la comunità di monaci ha lasciato l’Abbazia per trasferirsi a Saint Michel de Frigolet nei pressi di Avignone…ci sia un evidente degrado….
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Giovanna D’Andrea (da Fb):
Stupefacente…. grazie per le vs spiegazioni sempre preziose!
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Giovanna Bigalli (fa Fb):
Indimenticabile questo capitello. E come sono piacevoli questi post! Esaurienti precisi ma discorsivi, che si leggono come una pagina di romanzo…
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Splendida Sant’Antimo e certo sublime questo capitello così finemente cesellato dal Maestro di Cabestany, una figura “mitologica” della scultura romanica.
Come sempre la tua narrazione affonda nei testi Sacri accompagnandoci alla migliore comprensione del manufatto artistico, così come era pensato dall’artista e dai committenti.
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Aldo Valentini (da Fb):
Veramente una opera di arte questo rilievo ove i tre personaggi, un vecchio Daniele, l’Angelo e Abacuc occupano un spazio obliquo e ristretto occupato da molte, enormi belve minacciose… Dio ci soccorre, ma il male nel mondo cerca sempre di prevalere.
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