Alberi della vita reggono Sant’Ambrogio, e le altre grandi chiese del romanico. C’è un elemento costruttivo, infatti, che raccoglie in sé, completamente, lo spirito, la ricerca e la magia dell’architettura romanica; e non è l’abside, la cui forma e struttura provengono dal passato; non è il portale, meravigliosa innovazione che però è scultorea più che strutturale; non il campanile, non la volta, non la cripta, tutte componenti anche queste ereditate dai secoli precedenti… No, qui in Sant’Ambrogio è chiaro: l’elemento che meglio riassume, e insieme sublima, il costruire romanico è il “pilastro composito”, quella struttura portante che, lungo la navata, col progredire della tecnica degli architetti medievali, prende via via il posto delle colonne.

Un pilastro composito in costruzione
Il pilastro composito – normalmente un pilastro a sezione quadrata a cui si addossano, sui quattro lati, delle semicolonne – è il riassunto e l’effetto del progresso costruttivo medievale. In esso, come nell'”albero della vita” della chiesa romanica, si scaricano le forze e i pesi. E se la volta in pietra è il sogno e l’obiettivo dell’architetto romanico, e se l’invenzione della crociera, con la sua magica portanza strutturale, è l’apice di questo sogno – oso dire il godimento che lo conclude – il pilastro composito allora è la rappresentazione, la figura, la manifestazione della rivoluzione romanica. Passano attraverso questo grande albero nodoso i flussi dei pesi, delle spinte e delle forze. E come l’arto di un uomo in tensione mostra il suo sforzo evidenziando muscoli e tendini e vene, il pilastro composito magicamente evidenzia i flussi strutturali, proprio diventando articolato, proprio componendosi, come una fascina, di più colonne e di più linee verticali, ciascuna con una sua propria necessità.
E’ così: un tetto piano a capriate, con il suo “semplice” peso, può essere retto da colonne uguali e “semplici”. Ma quando la volta in pietra scarica il proprio peso in modo complesso e non più uniforme, non è più una colonna l’elemento che può sostenerla. Serve un pilastro. E quando la volta della navata si dividerà in campate, ad un pilastro si addosserà una colonne per ogni flusso di portanza; e lo stesso accadrà nelle navatelle laterali, anch’esse portate, con i loro flussi di peso, dal pilastro composito.

Sant’Ambrogio, i pilastri della navata
Nell’antica basilica di Sant’Ambrogio, i pilastri compositi mostrano mirabilmente la loro funzione. Con la loro complessità, “spiegano” che cosa accade sopra di loro, e dentro di loro. In quelli principali, che reggono ciascuno un angolo della crociera, ogni elemento indica un flusso di energia: il pilastro addossato rivolto verso l’interno della navata “porta” il grande arco che passa verso il lato opposto della volta; la semicolonna d’angolo regge il costolone diagonale della crociera e in esso prosegue; uno spigolo di pilastro regge poi l’arco parallelo alla navata, ed insieme a lui passa sopra i matronei; un’altra semicolonna, su ogni lato del pilastro, “porta” l’arco inferiore che unisce il pilastro a quello precedente… E sul lato rivolto alla navata laterale, il pilastro composito – ogni pilastro composito – compie lo stesso preciso racconto, articolando se stesso in semicolonne e pilastrini a seconda delle forze che, attraverso di esso, si scaricano a terra.
Al posto di anonime e silenti colonne, nella chiesa romanica compiuta il pilastro composito certifica il vorticoso e articolato movimento di forze e di pesi, creato dalla volta in pietra e soprattutto dalla volta a crociera.

Sant’Ambrogio: i pilastri “alternati” della navata
Quando poi – proprio come in Sant’Ambrogio – alla grande crociera della navata centrale rispondono, nella navata laterale, due crociere di dimensioni minori, ecco che allora il gioco si complica ulteriormente: i pilastri si differenziano in “maggiori” e “minori”, a seconda che reggano o meno un angolo della crociera maggiore.
Resa sempre evidente, e sempre testimoniata dall’articolazione del pilastro composito, la complessità, però, non diventa mai disordine, come non è mai disordinata una composizione musicale in cui le melodie si rincorrano, ma sempre si ritrovino, nel contrappunto governato da un’idea complessiva. E come non è mai disordinato l’universo creato, di cui la chiesa romanica compiuta vuol essere uno specchio fedele.
Leggi anche: VOLTA A CROCIERA: E’ UNA TRIPLICE MAGIA
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Non solo Sant’Ambrogio: nella vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI.
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Eugenio Vajna de Pava (da Fb):
Pensate la mia delusione quando ho saputo che le famosissime e decantate volte di Sant’Ambrogio sono un rifacimento quattrocentesco delle volte originali crollate nel medioevo..
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Volte… ristrutturate. 🙂 La copertura originaria, realizzata verso la metà del XII secolo, resistette qualche decennio. Poi un primo crollo parziale diede il via ad una serie di adattamenti e rifacimenti. Però la struttura giunta fino a noi corrisponde, per quel che ne sappiamo, a quella originaria nella forma e nell’intenzione.
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Eugenio Vajna de Pava (da Fb):
Come vi pare… ma non sono volte romaniche più autentiche di certe di Viollet-le- Duc… E la navata altissima di Colonia un falso guglielmino…Come documento accetto di tutto, anche la copia della copia, se mi dà informazioni, ma ogni tanto un po’ di feticismo per l’originale non guasta. Dal Liceo il Salvini mi faceva sdilinquire sulle volte a crociera romaniche, e su Sant’Ambrogio. In realtà sono rarissime, e non tipiche del Romanico. Per vederne autentiche occorre andare a Rivolta d’Adda.
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Lorenzo Fusini (da FB):
Nella storia degli edifici rifacimenti e manomissioni sono normali. Molte cattedrali gotiche francesi hanno volte ricostruite dopo la Prima Guerra Mondiale. Il Duomo di Spira è al 60% un rifacimento post settecentesco.
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Condivido. E non a caso… https://beforechartres.blog/2017/09/01/sovana-e-le-sue-specialissime-volte/
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Laura Galvan (da Fb):
Amatissima da me questa chiesa… e molto chiara la spiegazione!
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Eugenio Vajna de Pava (da Fb):
Anni fa sono andato alla ricerca delle più alte cattedrali gotiche per vederle dal vivo: Metz, Amiens, Colonia, Beauvais, e ancora… Mi sono poi accorto che qui in Italia ve ne sono altrettanto alte, e più , ma non hanno quell’aspetto vertiginoso perché non hanno la navata così stretta..La superiore abilità architettonica a costruire altissime ed insieme ampie volte si è risolta in una minor suggestione estetica…la maggior parte crede che le cattedrali francesi siano assai più alte delle nostre
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Annalisa Neviani (da Fb):
Mio padre, semplice geometra, amava leggere e studiare. Sin da quando ero piccola mi accompagnava a visitare i monumenti e mi spiegava i segreti della loro struttura. Leggendovi, la voce del mio babbo risuona ancora alle mie orecchie, anche se lui ormai non è più con me. Grazie per avermi restituito la gioia che provavo allora.♥️♥️♥️
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Grazie a te, Annalisa: il tuo commento è tra i più belli ricevuti. Un ricordo per il tuo papà, e anche per il mio, anche lui “semplice geometra” ma… 🙂
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Brigitte Schäfer (da Fb):
Grazie per questo testo meraviglioso! Esprime e spiega quello che sento visitando chiese romaniche: che mi trovo in un’organismo vivo.
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Grazie a te, Brigitte! Con l’augurio di continuare a “sentire” sempre le emozioni date da romanico, e da tutte le altre opere che l’uomo ha costruito con lo sforzo di rendere più bello il mondo intorno a sé.
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Un’interessante lettura della struttura di un edificio romanico, analizzando gli elementi strutturali che portano le arcate. I pilastri compositi acquisiscono un significato che va oltre quello meramente estetico. L’architettura è in ultima analisi funzione mascherata dall’estetica.
Dietro ad ogni elemento architettonico quasi sempre si nasconde una necessità strutturale o funzionale, che va indagata e compresa se si vuole comprendere l’architettura nella sua essenza.
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