Questo affresco, tra i più belli di Spagna, è più che romanico. Come le più vere opere d’arte che, per il loro altissimo livello, superano i confini del periodo e dello stile in cui sono state realizzate, così anche “l’annuncio ai pastori”, che nel “Panteón de los Reyes” a León occupa una delle sei grandi volte, si iscrive nel registro delle meraviglie dell’arte di ogni tempo. Dentro al vasto ciclo d’affreschi, tutto peraltro di gran pregio, questa singola scena si isola e risplende; quasi si stacca dalle altre vele dipinte, e sale a confrontarsi, per l’eccellenza del risultato artistico, con l’arte d’altre epoche. E per la profonda intensità del suo messaggio parla agli uomini di ogni secolo.

“ANGELUS A PASTORES”: l’annuncio nella notte di Natale
La scena agreste – in un campo fiorito di arbusti stanno tre pastori, a cui un angelo si annuncia e annuncia la nascita del Salvatore – si svolge in un’aura vuota e color crema, quasi una nebbia che sfumi quanto sta tutt’intorno. In questa atmosfera ideale, pecore, capre, montoni, vitelli e maiali si collocano con equilibrio come lungo i confini del campo. Con gioco sapiente, i pennacchi della volta, agli angoli, si trasformano in rocce su cui salgono o si stagliano gli animali; e così le figure occupano uno spazio che, pur essendo incurvato, diventa magicamente piano. L’affresco possiede un equilibrio antico: richiama le pitture delle ville romane, o la vendemmia paleocristiana dei mosaici di Santa Costanza; ma anche l’Arcadia, e forse l’Ariosto, e le ceramiche di Capodimonte, e il Calvino del “Cavaliere inesistente”… Meravigliosa invenzione è l’arcobaleno, quasi un muretto di confine, su cui siede un pastore: col suo percorso sinuoso nasconde l’incurvatura della volta, e la annulla. Pacati, gli sguardi vanno all’angelo, che con delicatezza entra in scena. “In tutto questo – scrive Raymond Oursel – una verità da pittura rupestre preistorica, schizzata dalla mano di un disegnatore di prim’ordine (…), una gioia placida, lieta e bonaria di vecchi canti di Natale come non se ne cantano più affatto oggi, ma che sapevano in modo ineguagliabile celebrare e manifestare l’allegrezza di tutto il creato riscattato” (La pittura romanica, Jaca Book, p. 141).
Ed ecco, infatti: a questa capacità di disegnare e rappresentare, peculiare e perfettamente compiuta, si somma una potente e serena capacità di evocare il senso profondo dell’annuncio del Natale. Nei volti dei pastori il maestro di León non ha dipinto ansia e stupore – che pure ti aspetteresti, in chi incontra un angelo che viene e che chiama – ma piuttosto la gioia piena e certa: per quei tre pastori, per te che guardi, per gli uomini e le donne di ogni tempo la notizia che squarcia la notte porta, più ancora che sorpresa, una pace che è già immediatamente penetrata nei cuori, e li ha mutati, rasserenati, riempiti. “Un Bimbo è nato!”, e da allora anche la vita del pastore – a Betlemme, nella Grecia antica, nei campi aperti intorno a León, nei colli campani del ‘700 – si è fatta pienezza di senso e di speranza. “Il Bimbo è nato!”, e con Lui la vita – che pure era stata a lungo secca e inospitale! – si è fatta d’improvviso tenera come arbusti che crescono, come pecore che brucano e come un cane che lecca il latte da una ciotola, in un ciclo di vita, agreste e quotidiana, mai altrove dipinto così intenso e solidale.
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Il “portico” affrescato
L’indimenticabile volta dedicata all'”annuncio ai pastori” è solo una delle sei grandi vele affrescate del “Panteón de los Reyes”. Siamo a León, che fu capitale del nobile regno, e sotto quel portico riposano appunto i re. Undici sovrani e dodici regine giacciono così tutti insieme in questo spazio coperto costruito tra la facciata della chiesa di Sant’Isidoro e il chiostro. Ed è sopra le loro sepolture che si dipanano gli affreschi, coerenti e attribuiti alla stessa mano, tutti databili al XII secolo avanzato.
Sono sei le grandi crociere rettangolari affrescate; oltre a quella mirabile su cui si è detto ampiamente, è molto bella quella centrale, con un Cristo in gloria circondato dalle figure degli evangelisti; le altre quattro “vele” sono dedicate all’Ultima Cena, alla Strage degli Innocenti, al ciclo della Passione, e l’ultima ad una visione dell’Apocalisse (più debole e confusa delle altre, a dire il vero). Completano la vasta teoria di immagini le lunette sulle pareti laterali, con scene dell’infanzia di Gesù e con la Crocifissione, e infine le decorazioni degli archi tra le volte: uno di questi presenta un delizioso ciclo dei Mesi, molto vicino per intensità e fattura alla scena principe dell’annuncio ai pastori.

Uno scorcio delle volte del “Panteón de los Reyes”
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Non solo León: ci sono almeno altri undici cicli di affreschi altrettanto interessanti, in giro per l’Europa, e Before Chartres li ha scelti e li racconta in un volumetto prezioso. Si intitola AFFRESCHI ROMANICI, DODICI CICLI imperdibili, e propone, in un itinerario ragionato, il meglio delle pittura romanica in Europa secondo gli appunti di viaggio di questo blog.
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Le storie della Bibbia – da Adamo ed Eva ai profeti, dalle gesta di Sansone al sacrificio di Isacco – hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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Dai rilievi di Silos ai capitelli di Aguilar de Campoo e di Tudela, dagli affreschi di Mustair a quelli di Sant’Angelo in Formis: è specialissimo il nuovo volumetto di Before Chartres, che raccoglie sedici episodi del Vangelo trasformati in capolavori dagli artisti romanici: LE STORIE dei Vangeli NELL’ARTE ROMANICA.
Aurelia Di Blasio Patrizi (da Fb):
Sempre interessante, rimango in FB solo per leggere argomenti come questo e per approfondire le mie conoscenze.Sono un’abruzzese che ama il romanico. Saluti e buon lavoro.
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Stefano Zuliani (da Fb):
Una descrizione appassionante! Grazie!
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Paolo Salvi (da Fb):
Descrizione sublime, come sempre. Splendido il parallelismo con gli affreschi delle ville romane.
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Flavia Longhin (da Fb):
Leggere descrizioni dell’opera d’arte come le vostre mi entusiasma.Realizzo quanto profonda può essere la conoscenza e l’interpretazione di un’immagine quando è nutrita di cultura e sensibilità. E tutto diventa gioia del comprendere.
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Maria Grazia Bianco (da Fb):
Grazie a questo sito e a Facebook di esistere. Ogni volta che leggo una di queste testimonianze sperimento ammirazione, percezione e condivisione delľarte.
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Giuseppe Berton (da Fb):
Siamo rimasti incantati dalla melodia dei colori, dalla vivacità degli animali, dalle piante rigogliose di un rinato giardino. “Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce”(Lc 2,9a).
Abbiamo pensato che questo fosse l’istante: prima di ogni parola, timore, reazione. Lo stare a custodire il gregge e l’essere avvolti di luce. (Quella luce che “candisce”, come scrisse il poeta, ma non ricordo dove). Come altrimenti comprendere, in una cripta semioscura, senza gli ori “bizantini”, senza i mosaici rilucenti ad ogni bagliore, quell’essere trasfigurati in un istante qualunque, nelle opere consuete di sempre?
Carissimo Before Chartres, come avremmo potuto gioire di tutto questo, senza di te? Lasciamo un dubbio, infine, alla nostra “guida”: dati i colori e il tragitto, abbiamo pensato che fosse un corso d’acqua con la sua riva terrosa, dove il pastore posa i piedi e acqua dove due caprette si accostano, il tratto sinuoso che hai interpretato come “arcobaleno”…(?)
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Un piccolo muro di cinta? un ruscello, come suggerisci? Io credo che quell’arcobaleno di mattoni o d’acqua sia… la conferma che anche gli artisti romanici sognavano e dipingevano cose al di là del reale, al di là del consueto, immaginate nell’arte. Comunque magiche.
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