A Concordia, Marco parla e si ascolta

San Marco ascolta, e nello stesso tempo suggerisce. Se c’è un’immagine che riassume la bellezza del battistero di Concordia Sagittaria, ma anche la sua storia e la sua origine, è proprio questa: il ritratto cioè dell’evangelista Marco che, mentre scrive il proprio Vangelo, dialoga con il leone alato che lo rappresenta, e sembra ascoltarne le parole.

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L’evangelista Marco in uno dei pennacchi

Dentro il piccolo ma elegante sacello di Concordia – siamo ancora in Veneto, anche se il confine con il Friuli è vicino – la rappresentazione di Marco occupa uno dei pennacchi che reggono la cupola. Sugli altri tre, com’è ovvio, stanno, ciascuno intento alla stesura del proprio Vangelo, Matteo, Giovanni e Luca – anche se la rappresentazione di quest’ultimo è purtroppo quasi completamente perduta -. Insieme, quindi, i quattro Evangelisti sostengono l’emiciclo della copertura, dentro al quale un Cristo in mandorla tiene il libro aperto, e tre angeli gli fanno da corte; ancora, nelle arcatelle cieche del tamburo sono raffigurati sette profeti e, nell’ottava, l’Agnello mistico, con ai piedi i quattro fiumi del Paradiso. Nell’abside di fronte all’ingresso, sopra due limpide raffigurazioni degli apostoli Pietro e Paolo, il catino proponeva invece la rievocazione del battesimo di Gesù, scena di cui resta ben poco, ma che rafforzava l’intento iniziatico di tutta la decorazione pittorica, rendendola perfettamente adatta alla funzione del battistero ed alle liturgie che vi si svolgevano.

Ma torniamo a Marco che, dicevamo, ascolta e suggerisce. La rappresentazione dell’Evangelista, oltre ad essere una delle più riuscite di tutto il ciclo, sembra riassumere idealmente i legami e le suggestioni artistiche di tutta la struttura, con i suoi affreschi. Come san Marco dialoga con il leone nel pennacchio, allo stesso modo il battistero di Concordia Sagittaria nel suo complesso guarda a Venezia, la città dell’Evangelista, e si riferisce direttamente alla Basilica di San Marco, e al percorso artistico che essa inaugura. Fu infatti il vescovo Reginpoto, che resse la diocesi dal 1089 al 1105, a volere il battistero; lo fece erigere immaginando che sarebbe diventato anche la sede della sua sepoltura, e su suo impulso, poco dopo la costruzione, furono realizzati anche gli affreschi dell’interno. Tutto questo avvenne mentre a Venezia, e nel Veneto, e nel gusto di Reginpoto, era attualissima la lezione della grande basilica dei Dogi che, detto in estrema sintesi, riproponeva pur in quel tempo già pienamente romanico, stilemi e modelli di nettissima derivazione bizantina.

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Il battistero

Così, in una città dalla millenaria storia artistica come Concordia Sagittaria, dove il segno più evidente è la stratificazione di tempi, dei livelli e degli edifici succedutisi dai primi secoli della Cristianità fino al Rinascimento, il battistero si pone e si propone, invece, come un punto fermo, dalla datazione certa. Certa è chiara è anche la sua collocazione stilistica: pur se costruito a cavallo tra l’XI e il XII secolo, e nonostante si possano individuare echi del nord, della contemporanea arte figurativa ottoniana, il sacello con i suoi affreschi si iscrive nel preciso filone di ripresa e rivalutazione dell’antico inaugurato dalla grande basilica dei Dogi. Nei secoli duri del romanico, nei decenni più pregnanti – altrove – di questo stile europeo, Concordia Sagittaria invece guarda ad Oriente attraverso Venezia, e il battistero parla la lingua della Basilica marciana.

A Concordia, Marco ascolta quindi se stesso. Il dialogo tra l’Evangelista e il Leone – figura di quelli tra Venezia e l’Oriente, e tra Concordia Sagittaria e la basilica marciana – sembra svolgersi fuori da ogni contesto temporale, travalica gli schemi delle epoche artistiche. Per questo, a quasi mille anni di distanza conserva intatto il suo valore simbolico e la sua capacità evocativa.

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Uno scorcio della cupola

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6 pensieri su “A Concordia, Marco parla e si ascolta

  1. Stefano Geromin (da Fb):
    Intanto grazie. Da concordiese non posso che ringraziare per questo bellissimo scritto. Secondo me, il battistero di Concordia ha un “duplice sguardo” (perdonatemi l’eresia 😊) ancora da comprendere appieno. Guarda a Oriente, al mondo bizantino soprattutto per le sue forme, la sua cupola, la sua pianta. Ma guarda anche aldilà delle Alpi. L’origine dei frescanti è una questione molto dibattuta, tuttora irrisolta. Secondo alcuni studiosi, l’origine va ricercata nell’area germanica (da cui proveniva il committente, il vescovo Regimpoto). Proprio per gli evangelisti ci sono interessanti analogie con alcune miniature d’oltralpe. Storie di committenze, di frescanti e architetti che si spostavano, storie di uomini ancora da tutte da scoprire.

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    1. E’ molto vero, Stefano. Giusta la tua integrazione: negli affreschi del battistero di Concordia – lo segnalano molti studi – si ritrovano, oltre alla chiara influenza bizantina, anche riflessi dell’arte ottoniana. Grazie.

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  2. Giovanna D’Andrea (da Fb):
    Bellissima la struttura del battistero peccato per i freschi molto danneggiati colori brillanti. Volevo chiedere qualcosa a riguardo della facciata rotondeggiante del duomo di Concordia? Una facciata simile l’ho trovata nel duomo di Muggia, Trieste, con il resto della struttura e l’interno romanico? Grazie

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    1. Effettivamente, Giovanna, la facciata della cattedrale di Concordia e quella di Muggia si richiamano a vicenda. Ma sono entrambe posteriori al periodo romanico: semplificando potremmo parlare di forme gotico-rinascimentali.

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Sono passati diversi anni da quando sono stato a Concordia Sagittaria e penso che sarebbe opportuno tornarci.
    Sono rari infatti i battisteri ancora ricchi di affreschi così ben conservati.

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