Liberiamo la Sacra dalla penna di Eco

Sarò bislacco, ma storco il naso ogni volta che vedo la Sacra di San Michele accostata a “Il nome della rosa”. Questo legame tra la Sacra e il libro di Umberto Eco sembra farsi via via sempre più stretto – è sconcertante la citazione di Eco e del romanzo nelle prime righe del sito http://www.sacradisanmichele.com! – e non giova affatto, io credo, all’abbazia piemontese. La quale non nasce con Eco, e anzi dal monastero del romanzo è lontana assai, nel tempo e nello spirito.

Amiamo tutti il medioevo. Ma la Sacra di San Michele e l’abbazia immaginata da Eco per le vicende di Adso e Guglielmo stanno in due medioevi differenti. La Sacra, infatti, è profondamente romanica; l’abbazia di “Il nome della rosa”, invece, vive in un altro medioevo, dato che la vicenda è ambientata nell’anno 1327, quando il tempo romanico è finito da ben più di un secolo. Certo: anche l’abbazia del libro (come quella del film) può essere stata edificata in forme romaniche… ma è abitata e vissuta da una comunità di monaci con altro spirito, altri problemi, altra cultura, altro sentire. Corre l’obbligo di banalissima cronologia: la Sacra di San Michele è fondata nel X secolo; le sue forme attuali sono del’XI-XII secolo; per contro, solo nel XIII secolo nascerà l’Ordine francescano, e le avventure del francescano Guglielmo e del suo novizio Adso si svolgono nel XIV secolo… Amiamo tutti i Medioevo, ma la Sacra di San Michele è romanica, non gotica o pre-rinascimentale.

Amiamo tutti Umberto Eco. E gli crediamo, quando dice che la Sacra di San Michele lo ha ispirato per il suo romanzo, e che l’ha visitata insieme al regista per girare là le scene principali… Però per primo Eco – io credo – deve aver ammesso che poi l’abbazia del libro ha trovato una collocazione geografica molto differente: il monastero del romanzo, è il centro di una comunità rurale, è circondato da un villaggio, sorge sulle balze di un altopiano, desolato ma accessibile e ben diverso dal picco d’aquila su cui si erga la Sacra. La quale non ha un vasto sagrato, non si articola in diversi edifici distesi su un vasto sedime, e non ha in fianco torri/biblioteche…

Dettagli? Andiamo allora alla profonda sostanza. Perché tutti amiamo Guglielmo da Baskerville. Ma che medioevo rappresenta, frate Guglielmo? Non certo il medioevo romanico, non certo il medioevo della Sacra: da buon francescano, Guglielmo pensa come un uomo del Trecento: è aperto al futuro, positivo, pronto al dubbio e al perdono, razionale; rappresenta in tutto il medioevo ormai quasi umanista… un medioevo tardo, che alla Sacra di San Michele e al tempo romanico, semmai, si oppone. Guglielmo, alla fine, è Umberto Eco, che ha amato e studiato e raccontato il medioevo, ma… quale? Non certo quello romanico, che conosce – chi si permetterebbe di metterlo in dubbio? – ma non stima e non “sente”, e di cui non “comprende” la potentissima diversità; e verso cui si atteggia sempre – proprio come fa Guglielmo da Baskerville! – con sottile senso critico, con un disincanto quasi moderno, e quasi ideologico.

Liberiamo la Sacra di San Michele da “Il nome della rosa”. Già un altro capolavoro romanico ha ricevuto dal romanzo un abbraccio ambiguo: è il portale di Moissac che Umberto Eco, senza citarlo, utilizza come ingresso dell’abbazia, e descrive attraverso gli occhi di Adso, che ne è terrorizzato. Insomma: là dove decide di evidenziare gli eccessi del decorativismo medievale, Eco guarda al portale di Moissac, e attraverso Adso ne fa un “mostro”… Eppure, tra i grandi portali romanici, quello di Moissac è il più puro di tutti: non lo sapeva, Umberto Eco? E non sapeva che la reazione “purista” contro gli eccessi decorativi romanici risale al XII secolo, con l’avvento delle teorie cistercensi, cioè due secoli prima di Adso? Dimentica, o non vuol vedere, che tutto il tempo gotico è stato poi di nuovo pieno di altri portali ben più mostruosi e spaventevoli di quello di Moissac?

Liberiamo la Sacra di San Michele da “Il nome della rosa”, e ricominciamo a guardarla per la sua sfolgorante bellezza, che gli occhiali di Guglielmo da Baskerville, purtroppo, rischiano ancora di deformare.

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La “Sacra” in inverno, in una splendida foto di Elio Pallard

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28 pensieri su “Liberiamo la Sacra dalla penna di Eco

  1. Emanuele Rava (da Fb):
    Interessanti considerazioni. Ragionandoci su, mi viene da pensare che Eco semplicemente si sia creato una sua Abbazia ‘ideale’ mettendo assieme una serie di edifici (la Sacra, il portale di Moissac, e non dimentichiamo Castel del Monte per la pianta dell’Edificio, ci sono stato pochi giorni fa e più che somigliante direi che è quasi…un plagio 🙂 . Ha cioè tratto ispirazione e ha ovviamente acceso la fantasia dei lettori che hanno cercato di dare concretezza a queste sue trasposizioni letterarie. Dal punto di vista delle tematiche culturali, concordo: è un ‘altro’ medioevo, quello gotico che sfocia nel rinascimento, e che maggiormente attrae Eco per molti motivi. Da piemontese, però, pur concordando con tutte le tue riflessioni, non riesco proprio a eliminare la suggestione. Ogni volta che mi incammino sulla mulattiera che da Sant’Ambrogio di Torino raggiunge in un’oretta e mezza la Sacra, non posso fare a meno di immaginarmi Adso e Guglielmo che mi camminano a fianco e continuo ad aspettarmi di essere accolto da Remigio da Varagine… 🙂

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    1. Eh, allora devi fare penitenza, sai? Perché sei consapevole del peccato, eppure non te ne liberi.
      Scherzi a parte, ripeto quanto ho già detto più sotto: facciamo un torto alla Sacra, monumento unico, strepitoso, simbolo di un epoca… se non riusciamo a toglierla dal cono d’ombra in cui è finita. E’ come se non riuscissimo più a pensare al Vangelo senza che ci venga in mente il Gesù di Zeffirelli. Non va bene.

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      1. Emanuele Rava (da Fb):
        Certamente! Ma infatti concordo con la tue osservazioni, come dicevo. Sono artisticamente e storicamente corrette e coerenti, e ti ringrazio di averle condivise perchè mostrano un punto di vista interessante e assolutamente non banale. Chi è appassionato di storia dell’arte ha ovviamente una grandissima attenzione a questi aspetti, per cui capisco e apprezzo assolutamente il tuo ‘grido di dolore’ legato alla Sacra 🙂 Il mio commento era più legato alla suggestione che il romanzo e il film riesce a crearmi ogni volta pur sapendo perfettamente che la Sacra è “altro” rispetto al romanzo. In ogni caso, anche grazie a questo tuo post, la prossima volta che salirò su quel sentiero, proverò a guardarla…senza gli occhiali di Guglielmo 😉 Grazie per lo scambio di opinioni!

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    2. Avatar di Elizabeth Evelyne Elizabeth Evelyne

      Un grand merci pour cet article qui me permet de découvrir cette abbaye. J’ai regardé le Nom de la Rose des dizaines de fois en anglais avec mes étudiants, et je suis donc très heureuse de découvrir la VRAIE abbaye !
      EEC

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    3. Avatar di Sconosciuto Anonimo

      Pur potendo condividere il pensiero, o le differenze tra le abbazie, San Michele e quella del romanzo, ci sono così tante inesattezze in questo articolo che la domanda sorge spontanea: l’autore ha letto il libro di Umberto Eco o solo la quarta di copertina?

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        1. Avatar di Sconosciuto Anonimo

          Lo rilegga adesso allora, scoprirà che l’Abbazia del romanzo è nel nord Italia, non nel Lazio come Lei afferma, che è Romanica, poiché antica di secoli al momento dei fatti narrati nel romanzo, come affermato più volte dai protagonisti.
          Il portale descritto da Adso, che lei definisce Mostro, è per Adso “TERRIBILE”, ma nell’accezione Latina del termine, come nella locuzione “terribilis est locus iste”.
          E potrei continuare…

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          1. Grazie per la precisazione sulla collocazione geografica, che mi permette di correggere il testo. Non cambia di una virgola la mia opinione quanto al fatto che “Il nome della rosa” sia un dettaglio per chi sale a vedere la Sacra, e che è meglio andare a cercare i capitelli del bellissimo portale, invece che andare a cercare i fantasmi di Adso e Guglielmo. Dimenticavo: l’abbazia del libro è romanica? E allora? decine di abbazie romaniche somigliano a quella del libro più della Sacra, e non per questo si legano ad Eco come fosse il primo motivo della loro dignità.

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    4. Avatar di Sconosciuto Anonimo

      Io quando mi avvicinò alla Sacra di S.Michele da S.Ambrogio mi immagino piuttosto l’abate Guglielmo da Volpiano su un mulo e il suo giovane biografo Rodolfo il Glabro che lo accompagna (Storie dell’anno Mille. Vita di Guglielmo). Ma tant’è.

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    5. Avatar di Sconosciuto Anonimo

      Mi scuso per la risposta assolutamente in ritardo, ma vorrei segnalare che Umberto Eco, nel “Nome della rosa”, chiarisce quanto segue: “Ne conclusi che le memorie di Adso sembravano giustamente partecipare alla natura degli eventi di cui egli narra: avvolte da molti e imprecisi misteri, a cominciare dall’autore, per finire alla collocazione dell’abbazia di cui Adso tace con tenace puntigliosità, così che le congetture permettono di disegnare una zona imprecisa tra Pomposa e Conques, con ragionevoli probabilità che il luogo sorgesse lungo il dorsale appenninico, tra Piemonte, Liguria e Francia (come dire tra Lerici e Turbia). Quanto all’epoca in cui si svolgono gli eventi descritti, siamo alla fine del novembre 1327; quando invece scriva l’autore è incerto”.
      Questo brano si trova nel incipit ‘Naturalmente, un manoscritto’. Sia la distanza tra Pomposa e Conques come il ‘dorsale appenninico’, con ragionevole probabilità, mi pare escluda La Sacra di San Michele, se non per un’ispirazione architettonica.

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  2. Maurizio Corigliano (da Fb):
    Comunque, al di là dell’ubicazione geografica e la morfologia del territorio che possono essere diversi, è pur vero che la Sacra di S. Michele di origini romaniche fu abitata dai monaci anche nei secoli successivi. L’edificio ospitò dei benedettini dal XII al XV secolo.

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    1. Facciamo un torto alla Sacra, monumento unico, strepitoso, simbolo di un epoca… se non riusciamo a toglierla dal cono d’ombra in cui è finita. E’ come se riducessimo l’Amleto all’interpretazione di Gassman, o il Vangelo al film di Zeffirelli.

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  3. Paolo Salvi (da Fb):
    Sono stato nuovamente la settimana scorsa su alla Sacra. Per mia fortuna non ho nessuno di questi meccanismi mentali, non avendo letto ancora Il nome della rosa, lettura che da anni rinvio…. Ho letto altro di Eco ma a quei tempi rifuggivo i best sellers. Indi per cui non sento alcun richiamo a Guglielmo da Baskerville, nonostante abbia visto di sfuggita il film.

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    1. E questa è una notiziona: un grande eappassionato di medioevo che non ha letto il romanzo medievale per eccellenza, il best seller, il capolavoro… 🙂 Sei in buona compagnia con Luca Borgia, se non ricordo male, ma da te non mi aspettavo questa “diffidenza”. 🙂 Io, che sono per indole mooooooolto mooooooolto più snob di te e di Luca, ho letto il libro e ho anche visto il film, e ho apprezzato, lo confesso… Ma è stato trent’anni fa… Chissà se adesso… Della serie tv andata in onda poche settimane fa, ho visto i trailers e due scene in tutto, e mi è bastato.

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  4. Avatar di Davide Caroncini Davide Caroncini

    La sacra di San Michele è una delle cose più belle che io abbia mai visto.
    Non avevo mai sentito che venisse accostata al Nome della Rosa, e non sentivo quindi l’oppressiva presenza di frà Guglielmo.
    Non ho mai trovato Il nome della Rosa particolarmente ben riuscito, così come non mi sono piaciuti altri romanzi di Eco (di cui invece adoro Il pendolo di Foucault), trovo che costruire un romanzo sull’erudizione non sia una buona idea, che sia Eco o Cardini, panaté fa l’tó mesté.
    Sono un grande fan della cronologia, ed ho sempre in mente l’apertura di un corso di storia dell’architettura con una citazione di Lucién Febvre “Il peccato capitale per uno storico é l’anacronismo”.
    Trovo però strana l’espressione “la vicenda é ambientata nel 1327, quando l’epoca romanica è finita da più di un secolo” . La cronologia va bene ma le categorie storiografiche sono una semplificazione didattica attuale. I cambiamenti storici avvengono con lentezza e disomogeneità. Il medioevo non finisce nel 1492, siamo noi, col senno di poi che facciamo queste affermazioni, ma sono affermazioni a rischio di anacronismo

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    1. Non passiamo da un estremo all’altro, Davide. Se esiste il romanico, se esiste il gotico, se esiste l’arte rinascimentale, è perché l’arte in questi periodi ha avuto caratteristiche particolari, ben riconoscibili. L’arte romanica ha i propri canoni e le proprie regole, ed è ben diversa dall’arte gotica: anche se ne costituisce la premessa, e anche se certi elementi proseguono il proprio sviluppo in continuità, una chiesa romanica e una chiesa gotica sono ben diverse fra loro. Ed è evidente che esiste un tempo delle chiese romaniche, e un tempo – diverso – delle chiese gotiche. Non ci sono confini netti, ma chi capisce qualcosa di arte vede le differenze e può ben collocarle – senza integralismi – in un tempo o in un altro. E nel 1327, di questo possiamo essere certi, il tempo romanico era finito da un bel po’. Poi l’autore del Nome della Rosa può certamente immaginare che la vicenda del suo romanzo, che si svolge nel XIV secolo, si ambienti in un’abbazia costruita tre secoli prima: è lecito… ma teniamo ben presente questo sfasamento.

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  5. Luca Borgia (da Fb):
    Alla gente serve l’esca, per l’interesse: in questo caso l’associazione con il romanzo di Eco (mai letto, peraltro, e credo comunque che l’aggancio sia improbabile), oppure i templari, che vengono piazzati dappertutto, nella maggior parte dei casi senza riscontro…Grazie a tali espedienti, diversi si recano pensando di trovare chissà che segnali o simboli, e non si rendono conto, più di tanto, impatto del panorama a parte, dell’importanza architettonica, artistica e tecnica (perchè ci voleva cervello, e tanto, per costruire un complesso simile in una posizione così ostica). Per certi aspetti è un po’ come Gradara, che meriterebbe anche senza i richiami di Paolo e Francesca (peraltro più attinenti rispetto all’Eco della Sacra) o al balcone di Verona…Tutti posti danneggiati dal turismo di massa, quello che si muove solo se c’è una nuvola che impedisce l’abbronzatura (mi riferisco a Gradara, in particolare). Però è anche vero che la maggior parte della gente non è che possa spostarsi il martedì o il venerdì per vedere le cose con calma: inevitabile che le resse avvengano il sabato e la domenica…E’ lungo e complesso il discorso sulla consapevolezza e la fruibilità del patrimonio, e la gestione dello stesso (perchè la rocca di Gradara viene chiusa alle 14 in pieno luglio? Perchè la diocesi di Pergola -sede vescovile assieme a Cagli Fano e Fossombrone- tiene chiuse tutte le chiese del centro storico tranne una, duomo incluso? Arrivo da un’altra settimana nelle Marche e, a fronte di realtà eccellenti, ci sono cazzate del genere. Poi parlano dell’Italia dei borghi. Gente che si limita a Assisi e S. Gimignano…)

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  6. Nada Pesetti (da Fb):

    “Guglielmo pensa come un uomo del Trecento: è aperto al futuro, positivo, pronto al dubbio e al perdono, razionale…” Ma gli si contrappone Jorge che l’Abbazia la tiene in pugno e certo non è spirito illuminato e aperto al nuovo, alle città con le loro università, ai libri nelle mani e sotto gli occhi di tutti…

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  7. Samuele Bulgari (da Fb):

    Ovviamente non si può non condividere, ma io andrei anche oltre, cioè libererei anche il romanzo di Eco da tutti i vincoli storici che gli si appioppano in continuazione. Penso che Eco fosse troppo intelligente per non capire che un romanzo storico scritto seicento anni dopo, non può essere più di tanto realistico (probabilmente sarebbe pure noioso, ai nostri occhi, se lo fosse). A me pare che lui, a differenza di quasi tutti gli altri (che spesso si prendono tanto sul serio), più che raccontare il medioevo, abbia voluto raccontare l’uomo e le sue fragilità, ambientando la sua storia in un medioevo pittoresco. Il contesto storico, a mio modo di vedere, è semplicemente un bellissimo contorno che non ha alcuna pretesa di essere vero, ma verosimile, e che viene in continuazione adattato alle ‘esigenze di copione’, cioè a quello che l’autore vuole raccontare.

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    1. Sono perfettamente d’accordo, Samuele. E anche questo aspetto dovrebbe portarci a vedere con sguardo lucido la complessità dell’elaborazione di un opera come “Il nome della rosa”, e a prendere le distanze da chi crede di poter “scoprire” nella Sacra un concreto punto di partenza e una determinante ispirazione.

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  8. Elena Biagini (da Fb):

    Quanto è vero! Il Medioevo è un’ epoca di mille anni e quindi i periodi storici al suo interno si connotano diversamente da un punto di vista storico, di mentalità, di arte. Il Trecento poco ha a che vedere con il sec. XII. Condivido lo stesso disagio per l’accostamento ai luoghi del romanzo di Eco, che pure lessi all’epoca con grande gusto. Il film non è stato all’altezza con i personaggi dei monaci resi repellenti.

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