Val Venosta romanica, ricca ma avara

La Val Venosta è come un solco arato nel tempo romanico; e la strada che la percorre tutta, lungo i cinquantacinque chilometri che conducono da Merano a Malles, è costellata di campanili antichi in pietra grigia, e da absidi decorate nel medioevo alto, e da piccole chiese con affreschi di prim’ordine, da monasteri, da castelli e borghi. Poche altre zone d’Italia sono così ricche di vestigia romaniche… e allo stesso tempo così chiuse e avare, banalmente e orgogliosamente inaccessibili.

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Un particolare degli affreschi di San Benedetto

Elenco solo le principali tappe di questo percorso nel romanico venostano: da oriente a occidente la valle offre Castel Tirolo, la chiesa di San Procolo a Naturno, le chiese antiche di Laces, di Lasa e di Tarces, e poi la cittadina di Glorenza, tutta medievale; e ancora San Benedetto a Malles Venosta – deliziosa città dei campanili -; sopra Burgusio il monastero bianco di Monte Maria domina il capo occidentale della valle. Ma ancora: proseguendo per pochi chilometri e sconfinando in Svizzera, si giunge al monastero affrescato di Müstair; e all’altro capo del percorso si possono aggiungere, oltre ad altre chiese rilevanti, Grissiano e i suoi affreschi allucinati, e Castel d’Appiano con la sua chiesa e la sua corte dipinta sui muri.

Come sirene, purtroppo, le bellezze romaniche dell’Alto Adige (per un quadro completo si veda il sito Il Romanico di Vigilio), cantano e si nascondono. E mai mi è capitato, in giro per l’Europa, di faticare così tanto a trovare il tempo giusto, il giorno giusto, la stagione giusta, per visitarle senza penare troppo. Più volte sono stato respinto da porte chiuse a Naturno, da cripte non visitabili a Monte Maria, da dinieghi a Grissiano, da ponti levatoi alzati a Castel Tirolo e a Castel d’Appiano. La strategia concordata, io credo, è quella di negarsi, per farsi ulteriormente desiderare, e le bellezze romaniche dell’Alto Adige, alla fine, le conquisti ad una ad una, tentando e ritentando.

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Una veduta di Malles (foto: Klaus Rommel)

Before Chartres, che adora la Val Venosta e che spesso la visita, non ama le polemiche. E avrebbe voluto porre in second’ordine la difficoltà di fruizione dei luoghi romanici di questa bellissima zona. Contava anzi di aver scoperto in sentierodelcielo.it, dedicato per intero alla “via romanica delle Alpi” e ai sui 25 siti, non solo un elenco puntuale e completo, ma soprattutto la chiave per “aprire” queste chiese, questi monasteri, questi castelli.

E invece no: mentre si dota di uno strumento di promozione della propria offerta turistica medievale, con questo stesso sito la Val Venosta certifica i propri orari di chiusura: da novembre a metà aprile, ad esempio, San Benedetto a Malles non apre un solo giorno, e anche nel resto dell’anno è chiuso quattro giorni su sette, mentre nei restanti apre un’ora e mezza; Castel Tirolo è impenetrabile dal 9 dicembre al 14 marzo; da novembre a marzo è impossibile entrare a San Procolo e anche nel museo costruito di fronte, così come nella cappella di Castel d’Appiano. Insomma: il lungo inverno, che rende inaccessibili le più belle cose, in Val Venosta si prolunga dai primi di novembre fino allo sbocciar delle rose.

Poi passi il confine, e a Müstair entri tutto l’anno: ci dev’essere un altro clima, evidentemente.

ValVenostaItinerario

La “via romanica” in Val Venosta, con le appendici ad est verso Mustair e ad ovest verso Bolzano

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Un vero e proprio diario di viaggio, attraverso la vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – e attraverso le dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico, che competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

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La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Gravedona ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che i hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

12 pensieri su “Val Venosta romanica, ricca ma avara

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Francesco Sala (da Fb):
    Caro Giulio Giuliani, ho visitato a tappeto il Trentino-Alto Adige e a proposito delle tue lamentazioni i cartelli con “FOTOGRAFIEREN VERBOTEN” scritto con il pennarello me li sogno ancora adesso di notte. Essendo passati molti anni speravo che le cose fossero cambiate ma, leggendo il tuo scritto mi sembra che non sia così. ACCIDENTI, SOLO IN ITALIA !!!!!!!!

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  2. Giulio Giuliani ha detto:

    Silvia Trevale (da Fb):
    Ho visitato quasi tutti i siti della Val Venosta citati nel giugno di dieci anni fa. Rientro in Italia attraverso l’Engadina con sosta a Mustair. Uno dei viaggi più belli che mi sia capitato di fare. Non abbiamo incontrato problemi particolari di mancata accessibilità a chiese e castelli (Castel Roncolo, Titolo, Coira). Quanto a Burgusio, l’ingresso alla stupefacente cripta era consentito a chi assisteva al rito del Vespro. Ci siamo frettolosamente convertiti e … gli angeli affrescati sulle volte sono stati nostri.

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  3. Giulio Giuliani ha detto:

    Giuseppe Berton (da Fb):
    Giulio, le penitenze sono tutte per te, si vede… come ti accennavo, a suo tempo (lontano) Francesca si era vista tutto quanto senza un intoppo che fosse uno, Castel Appiano compreso, dopo la scarpinata su su per la strada sassosa. Altri tempi?

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Francesca più fortunata di me? No… Semplicemente ha scelto, per le sue visite culturali, la stagione giusta (non era inverno) e i giorni giusti… Ma è normale che in una località turistica di montagna d’inverno si possa solo sciare?

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  4. Giulio Giuliani ha detto:

    Luca Borgia (da Fb)
    Esatto: passi il confine, tutto cambia. Mi ero informato anch’io, ma ci sono un po’ troppe limitazioni per visitare qualcosa con pochi giorni a disposizione. Immagino si salvino soprattutto le parrocchiali tardogotiche, ma il resto ha molte restrizioni. Evidentemente ci sono problemi di civiltà anche nel civile Alto Adige: o lo fanno per penalizzare soprattutto gli italiani, chissà. Mi limito a dire che in Ticino e nei Grigioni diverse chiese non parrocchiali si visitano senza troppi problemi, in qualche caso grazie addirittura a sistemi automatici di apertura e chiusura (es. 9-17, Cademario o Rhäzüns)

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  5. Giulio Giuliani ha detto:

    Davide Ondertoller (da Fb):
    Si mescolano situazioni molto diverse in questo articolo. Castel Tirolo non avendo il riscaldamento è impraticabile d’inverno (infatti anche altri castelli sono chiusi per questa stagione). Appiano è privato. Le chiese di Malles hanno pochissime visite e si apre grazie al volontariato. Marienberg è un monastero in attività e quindi molti spazi sono interdetti. Mustair è un museo ed ha migliaia di visite annuali. In sostanza ci vuole una seria pianificazione delle visite culturali in zona ma si riesce a vedere quasi tutto in due tre giorni.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Davide, Before Chartres e i tanti appassionati dell’arte romanica hanno visitato le Asturie e la Valle del Boì, La Sicilia e l’Alvernia, la Val d’Aosta e l’isola di Torcello e le piane della Castiglia… Dovunque può far freddo o caldo, e ci possono essere siti pubblici e privati; ma chiese e musei e castelli non chiudono per cinque mesi l’anno. A l’Alto Adige non mi sembra né una terra priva di visitatori, né una regione priva di risorse.

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  6. Paolo Salvi ha detto:

    Garbato come sempre, ma velatamente polemico. Mi piace.
    Direi anche sacrosantamente polemico.
    In Svizzera, è notorio, sono ben più avanti nella fruizione culturale degli edifici campestri (vedi aperture automatiche).
    Curioso che il tanto all’avanguardia Alto Adige, giustamente ammirato in ambito turistico invernale e non solo, cada malamente in questa versione di ambito meramente culturale, come se i suoi gioielli architettonici ed artistici fossero di molto meno importanti degli skilift e delle seggiovie.

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