Nel chiostro, i sogni cattivi dei monaci

E’ un sogno intenso, il monastero di Cuxa, di quelli che non evaporano al risveglio. E come le visioni notturne a volte restano nitide ben oltre il mattino, e ti accompagnano anche se il filo del sogno è ormai perso, così fa Saint-Michel-de-Cuxa: è una visione – o una serie di visioni – che non perde di nitidezza, nonostante alla trama manchino molti elementi, e altri siano difficili da afferrare.

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Il complesso di Saint-Michel-de-Cuxa

Le “visioni” di Cuxa sono molteplici e tutte originali e marcate. Saint-Michel-de-Cuxa è, innanzitutto, il profilo del monastero, e il ricordo di come esso domina la terra che ha fatto sua nel X secolo, e forse prima ancora. Saint-Michel è il campanile che, come spesso accade in questa terra catalana – Cuxa sta nella parte francese, ma accade lo stesso al di là dei Pirenei – è terminato a merli; campanile che oggi è solitario, ma solo perché l’altra torre identica è crollata  – e questa è forse solo la più recente delle mutilazioni che l’abbazia ha subìto – verso la metà del secolo scorso. Saint-Michel, poi, è una chiesa antica e strana, per i canoni romanici; e infatti è precedente alla definizione dei canoni consueti dello stile, con quella facciata a triangolo incoronato, e con quell’interno fatto in basso di pilastri massicci d’altri tempi a separare le tre navate, e sopra d’archi in pietra piegati a sostenere un tetto oggi in legno.

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Le strane visioni dei capitelli

Ma la “visione” – e la serie di visioni – che di Saint-Michel-de-Cuxa restano anche dopo la visita, e dopo il risveglio, sono legate in particolare al chiostro: vasto, vastissimo, ne restano poco più di due ali, quella addossata alla chiesa, completa, e la seguente verso nord; poi, sparsi, alcuni gruppi ulteriori di archi… Fossero queste le “vere” rovine di Cuxa, basterebbero, proprio come basta un sogno. Al risveglio invece scopri che in realtà, dopo la Rivoluzione, alla decadenza del sito si aggiunse la sistematica spogliazione, e che quanto resta nel chiostro è in realtà frutto del ricollocamento di un certo numero di capitelli conservati, e di altri provenienti forse dalla tribuna che sorgeva – simile nella forma a quella di Serrabone – all’interno della chiesa; perché tutti gli altri capitelli se n’andarono a New York, e là, nel Metropolitan Museum of Art, vennero collocati in un chiostro ricostruito per loro, ovviamente più piccolo di quello di Cuxa, prigione triste per i tanti pezzi pregiati così venduti oltreoceano.

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Il chiostro dell’abbazia e le sue parti rimanenti

Resta un sogno, il monastero di Cuxa. E colpisce che ai sogni siano stati collegati anche i particolarissimi suoi capitelli. Rappresentano, quelli in loco e quelli portati altrove, leoni e volatili, fogliame e uomini e angeli… Ma sono abitati in modo diffuso da strane figure di animali senza corpo, di teste con zampe gigantesche, di uomini accovacciati e deformi. C’è chi sostiene che siano anch’essi dei sogni, e cioè proprio il tentativo di rappresentare nella pietra, per esorcizzarle, quelle diaboliche visioni oniriche che – ben lo sappiamo – non erano infrequenti nelle notti faticose dei monaci, e ne minavano il percorso di ricerca della perfezione. Ritrovare quotidianamente nel chiostro quei mostri e quei sogni poteva essere – scrive Thomas E.A. Dale nel suo saggio “Monsters, corporeal deformities, and Phantasms in the Cloister of St-Michel-de-Cuxa” – il miglior modo per renderle inoffensive e sminuirne la suggestione. Un espediente che poté forse funzionare in quei secoli e con i giovani conversi dell’abbazia. Oggi no: oggi al contrario anche i mostri di pietra abbarbicati sulle colonne nel chiostro prolungano il sogno che ci resta di questo luogo potente, ne sublimano il ricordo, lo trasformano di nuovo in visione notturna, che non ti abbandona di certo con le prime luci dell’alba.

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Uno scorcio del colonnato e un capitello con leoni

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Non ci sono, questi pezzi notevolissimi, nel volumetto sui capitelli medievali che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: “DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI”

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Vuoi scoprire la Catalogna romanica nelle sue suggestioni più profonde? Il modo migliore è farsi guidare dagli appunti di viaggio di Before Chartres. Puoi seguire l’itinerario proposto da questo blog: organizzato in sette giornate, ora è diventato un volumetto intitolato LA CATALOGNA romanica IN UNA SETTIMANA.

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5 pensieri su “Nel chiostro, i sogni cattivi dei monaci

  1. Paolo Salvi ha detto:

    Questo, caro Giulio, per me è un altro luogo del cuore.
    Nel 1991 con la mia nuova “fidanzata” (da 15 giorni) decisi, anche grazie al libro sul romanico del Rossiglione della Zodiaque (1958) di mio padre, che conservo tuttora, decisi di fare un viaggio di 2 settimane in camper. Eravamo giovani 27 io e 24 lei. Di lì a tre anni dopo ci sposammo.
    Ebbene Saint-Michel de Cuxa mi è rimasto nel cuore.
    Intanto ci arrivi risalendo una vallata dei Pirenei e ti trovi in un pianoro verdeggiante fiancheggiato a sud dai monti. In questo pianoro (le mie dia un giorno le scansionerò e farò post ad hoc) si staglia maestoso il campanile di questo magnifico isolato complesso romanico.
    Il chiostro è mutilo di due lati. Maledetti americani ne hanno rubata la metà per esporla nei loro inutili musei decontestualizzandoli.
    Entro in chiesa e, meraviglia!, è ad archi trasversi, i più lontani che ho trovato personalmente dall’Italia (ci sono in Spagna a Poblet, sempre Catalogna è). Ed io sto lavorando alla mia tesi di laurea “Chiese ad archi trasversi”.
    Seconda meraviglia, le arcate della navata maggiore sono ad arco mozarabico, leggermente a ferro di cavallo. Mai visti prima dal vivo.
    La porto nel ❤

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  2. Barbara Gaiardoni ha detto:

    Non scrivo poesie. Leggendo questo testo ne ho scritta una…forse!

    “E’ un sogno intenso in Terra Catalana,
    al di là dei Pirenei.

    Un campanile solitario.
    Una facciata a triangolo incoronato.
    Pilastri massicci d’altri tempi.
    Leoni e volatili.
    Fogliame e uomini e angeli.

    Mostri di pietra che ci abbandonano con
    le prime Luci dell’Alba.

    Resta un Sogno.”

    Grazie per questo scorcio di Bellezza. Barbara Gaiardoni

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  3. Giulio Giuliani ha detto:

    Veronika Magda Piovesan (da Fb)
    A Saint Michel de Cuxa è possibile vedere anche l’arco visigoto da cui probabilmente è ispirato l’arco a ferro di cavallo dell’arte islamica. Consiglio una visita, è davvero meravigliosa!

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Veronika Magda Piovesan (da Fb):
      In realtà l’arco a ferro di cavallo era diffuso nella architettura tardo romana/bizantina.
      Sia i visigoti che gli arabi lo adottarono successivamente, a seguito della conquista di territori romano-bizantini.
      Il problema che la quasi totalità degli edifici tardo romani sono stati distrutti e riedificati in forma di chiese romaniche dopo lo scisma dell’XI secolo (o traformati in moschee dopo l’occupazione araba).
      In alcune chiese proto-romaniche dei Pirenei si può addirittura osservare come gli archi a ferro di cavallo della preesistente chiesa ortodossa siano stati “romanizzati” tagliandone le estremità.
      Un altro esempio di arco a ferro di cavallo tardo romano/bizantino è sopravvissuto in Umbria, a Narni, nell’abbazia di San Cassiano.
      Nella chiesa si può ancora osservare il primitivo impianto bizantino della chiesa costruita nel VI secolo, probabilmente ai tempi di Belisario, con la pianta a croce greca e gli archi a ferro di cavallo.
      Ovviamente il resto dell’abbazia è stata largamente rimaneggiata nel tardo medioevo.

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