San Claudio, soffocata dai suoi “amici”

E’ una delle chiese più belle delle Marche, anche se soffre, e non poco, per via di un amore smodato: San Claudio al Chienti rischia davvero di non respirare più, sotto il peso del mito costruitole attorno, invece che avvantaggiarsene.

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San Claudio, la parte absidale (foto: iluoghidelsilenzio.it)

Costruita nel tempo romanico ed ancor oggi perfettamente inserita nel paesaggio della vasta piana che la circonda, San Claudio al Chienti è stata, per gli storici dell’arte, una importante chiesa parrocchiale, edificata, probabilmente sui resti di un edificio paleocristiano, come avamposto del vescovado di Fermo là dove l’influenza romana andava contrastata con “edifici simbolo”. Anche se alcuni elementi le sono stati aggiunti in epoca successiva – e vedremo perché – San Claudio ripropone il modello architettonico che, con una particolarissima coincidenza, viene adottato anche da tre altre chiese marchigiane: come San Vittore alle Chiuse, Santa Maria delle Moje e Santa Croce a Sassoferrato ha una pianta quadrata, e all’interno lo spazio è diviso in nove quadrati equivalenti da quattro pilastri, che reggono la cupola centrale, mentre le altre campate, tutto intorno, sono coperte da volte a crociera. Disegnate dallo stesso architetto o collegate l’una all’altra da un’intensissima ricerca comune, le quattro chiese marchigiane “deutero-bizantine a croce greca inscritta in un quadrato” – le chiama così Paolo Favole, nel volume sulle Marche in “Italia Romanica”, Jaca Book – datano alla fine dell’XI secolo o all’inizio del XII.

SanClaudioChientiPianteAll’esterno, la somiglianza con San Vittore alle Chiuse è molto marcata: le due chiese sono in sostanza due grandi cubi, coperte da un tetto quasi piano al centro del quale si innalza il tiburio che contiene la cupola; sul lato ad oriente si innestano le tre alte absidi, mentre una singola alta abside si appoggia nei due lati a settentrione e a meridione; due torri scalari rotonde sorgono ad incorniciare la facciata, entrambe ancora presenti a San Claudio, mentre a San Vittore una delle due è stata sostituita da un torrione quadrato.

Accade però che all’interno la nostra San Claudio in Chienti risulta divisa in due parti sovrapposte e simili, e si proponga quindi come una vera e propria chiesa a due piani; questa suddivisione in altezza è stata realizzata, secondo gli storici dell’arte, nel primo Trecento, e ha dato luogo all’altra significativa modificazione di San Claudio rispetto alla chiesa originaria, e cioè all’aggiunta di un ingresso per la chiesa superiore, realizzato in corrispondenza di quello originario, ornato da un ricco portale in marmo, e servito dallo scalone costruito anch’esso nel Trecento per permettere ai fedeli di raggiungere la “chiesa alta”.

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La chiesa inferiore (foto: iluoghidelsilenzio.it)
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Il fronte, con la scalinata e il portale aggiunti

Era inevitabile che l’attenzione degli studiosi si concentrasse sul perché di questo sdoppiamento in altezza del bel “cubo” della Val di Chienti. Secondo i più, come si diceva, la divisione in due chiese sovrapposte non risale al progetto originario dell’XI-XII secolo, ma sarebbe il risultato di una trasformazione, avvenuta peraltro poco dopo l’edificazione, e “potrebbe aver avuto luogo – secondo Paolo Favole – a causa dell’inagibilità della chiesa inferiore, vista la sua posizione nella valle del Chienti”. Insomma: San Claudio nasce “gemella” di San Vittore alle Chiuse, ma poi viene divisa in due parti per consentirne una miglior fruizione, e viene quindi dotata dell’ingresso soprelevato.

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La chiesa superiore (foto: iluoghidelsilenzio.it)

Lecite, e riportate dalla critica “ortodossa”, anche le altre ipotesi: che San Claudio sia nata già così, divisa in due; che la parte bassa fosse stata concepita come vasta cripta, sul modello di altre chiese “a due piani”, da Trani ad Assisi; che infine la struttura, in origine o subito dopo la “compartimentazione”, prevedesse un piano basso e un piano alto comunicanti grazie ad una vasta apertura, così che il secondo si proponesse come un matroneo affacciato sul primo, come accade ancora a Montefiascone, nella chiesa di San Flaviano. Sono lecite anche le tesi estreme, proposte meno di trent’anni fa da don Giovanni Carnevale, salesiano di Macerata, secondo il quale San Claudio al Chienti sarebbe l’Aquisgrana di Carlo Magno, e qui il gran re sarebbe sepolto… Don Giovanni, classe 1924, ha dedicato a questa tesi una dozzina di libri, l’ultimo dei quali è stato dato alle stampe nell’aprile 2019.

Come tutti gli appassionati, don Carnevale, insieme ai suoi discepoli del “Centro Studi San Claudio al Chienti”, ha il sacrosanto diritto di inseguire le proprie teorie. Ma non fa bene alla bella chiesa marchigiana che questa disputa cocciuta arrivi a prevalere su ogni altra analisi del monumento. Né è accettabile che la chiesa stessa sia stata trasformata – da don Giovanni? dal “Centro Studi San Claudio al Chienti”? dai religiosi che reggono la chiesa? – nel luogo in cui questa disputa cocciuta si fa crociata. E si fa bazar, si fa vetrina, tanto che la “chiesa alta” è invasa dalle tesi, dai tazebao e dai libri del Carnevale diventati più importanti della stessa San Claudio.

Before Chartres correda questo articolo con alcune foto proprie, una delle quali, qui sotto, documenta gli eccessi nella chiesa superiore. Per mostrare il vero volto della chiesa marchigiana e il suo interno suggestivo, invece, deve ricorrere ad immagini altrui, e le trova nel bellissimo reportage di iluoghidelsilenzio.it: per sua e per nostra fortuna, c’è chi ha avuto la possibilità di visitare San Claudio al Chienti quando la pressione dei suoi appassionati amanti si è fatta, per un momento, meno asfissiante.

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La chiesa superiore invasa da…

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42 pensieri su “San Claudio, soffocata dai suoi “amici”

  1. Stefano Angelini

    Don Carnevale, che di marchigiano ha ben poco, notoriamente propone idee stravaganti, più o meno suffragate da sue stravaganti dimostrazioni. Il problema è che si è circondato da una pletora di sodali, ignoranti e rampanti in cerca di visibilità, che lo supportano nel perorare le sue teorie.

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  2. Paolo Salvi

    La mia ultima visita a San Claudio in Chienti (ci ero stato da ragazzino coi miei intorno al 1974) è della Pasqua 2018 e ancora non era “invasa” da documenti, anche se la guida che ci seguiva, fu molto “esaustiva” sugli studi del Carnevale, accolti con un sano scetticismo dal sottoscritto, ma anche da curiosità per certe affinità semantiche (“Aquis granae”).
    La chiesa mi aveva molto colpito da fanciullo e ho ritrovato intatto il fascino di allora, anche se l’interno lo trovo molto restaurato, quasi rimesso a nuovo.
    E’ uno dei gioielli del romanico delle Marche, a suo modo un unicum, che merita studi seri, approfonditi e non faziosi, non certo di fantastoria-dell’arte.

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    1. Mario Giavino (da Fb):
      Ci sono stato l’anno scorso e concordo con molte delle osservazioni di Paolo Salvi. Ho letto un paio dei libri del Carnevale, storico con molta fantasia ma che avrebbe bisogno di un vero contraddittorio scientifico perchè qualche intuizione è, non dico sicuramente vera, ma certo intrigante (ricordo per esempio le misure della scomparsa cancellata del piano superiore coincidente con quella di Aquisgrana). Chiesa comunque stupenda dal fascino unico.

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  3. Luca Borgia (da Fb):
    Vero. Da quelle parti tanti sono convintissimi delle tesi di Don Carnevale. Al punto che pure chi mi accompagnò lungo il cammino di ronda di Loreto me ne parlò in termini entusiastici. Io sono molto scettico, e a mio avviso la chiesa viene persino penalizzata da ciò. Per fortuna l’ho visitata due volte e con il piano superiore, non più officiato da tempo, libero. A livello ufficiale tali tesi spesso non vengono nemmeno citate (non ho sottomano il volume, ma la nuova serie della Jaca Book, curata da Piva per le Marche -2003-2014, mi pare non ne faccia cenno): cosa che fa incazzare un po’ i sostenitori. A mio parere andrebbero citate e discusse nel merito. Nel catalogo della mostra Milleduecento, tenutasi a Matelica nel 2018 e legata soprattutto alle sculture lignee, si fa cenno, nella scheda dedicata al Cristo tunicato di Amandola, al fatto che uno studioso legato a Carnevale lo abbia identificato come Carlo Magno: ma tale ipotesi è stata respinta poco oltre. Ho letto il commento sui restauri dell’interno, che danno l’idea del “nuovo”. un po’ è così, e anche i lavori di qualche lustro fa presso la vicina S. Maria a piè di Chienti sono stati un po’ invasivi. Va però detto che S. Claudio, almeno nella parte superiore, è stata adibita per lungo tempo a granaio e una delle torri ha svolto funzioni di silos…

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  4. Michele Mazzieri (da Fb):
    C’è poco da discutere sulle teorie di Carnevale. Posso dirti che che sta diventando avvero un problema di “ordine pubblico”: oltre a soldati di Carnevale che hanno occupato il monumento con il sostegno del parroco c’è il popolo di Sanclaudiesi che ormai non frequenta più la chiesa dal momento. Pazienza, lungo la valle di chiese ce ne sono altre, ma dovrebbe intervenire il Vescovo di Fermo

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  5. Luisa Durì (da Fb):
    Ho visitato San Claudio al Chienti tanti anni fa, quando non era così affollata. È una chiesa affascinante, come lo è Santa Maria a Pie’ del Chienti. Forse la vicinanza del ristorante, già molto frequentato, e dell’albergo adiacente possono essere elementi di disturbo.

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  6. Furio Cappelli

    Sono diversi anni ormai che non torno a San Claudio. La notizia dell’esposizione libraria nella chiesa superiore mi è nuova ma non mi meraviglia. D’altronde nella chiesa inferiore è stata allestita una lapide che certifica la presenza in loco della “vera” tomba di Carlo Magno. Il problema che sollevi sul rapporto tra l’accademia e le convinzioni degli appassionati locali è interessante, ma le cose sono un po’ più complicate di come le rappresenti. Le tesi “carolinge” partono da un elemento veritiero, cioè dall’appartenenza della chiesa a un filone di architettura aulica che fa capo proprio ad Aquisgrana. Posso citarti vari contributi specialistici che entrano onestamente nel merito, ammettendo questo nesso, senza ovviamente condividere l’idea che questa sia la “vera” Aquisgrana. La verità è che la situazione è ormai sfuggita di mano agli stessi “amici” di San Claudio, che fanno di tutto per ignorare linee di lettura che si adeguano alle evidenze, senza nulla togliere all’importanza del monumento. Come dici tu giustamente, è la stessa chiesa a pagarne le conseguenze.

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    1. Nessun dubbio sul fatto che ci sia del vero nelle tesi che collegano questa chiesa a forme d’Oltralpe. Senza entrare nei dettagli, nell’articolo è ben detto che le ipotesi e i filoni di derivazione proposti fin qui dagli storici dell’arte sono molteplici… Lo stesso vecchio testo di Paolo Favole ben evidenzia quello che tu chiami “filone di architettura aulica che fa capo proprio ad Aquisgrana”. A me premeva qui, più ancora che dirimere una disputa tra diverse teorie, sottolineare come sia ingiusto ed inopportuno che i sostenitori di una tesi occupino la chiesa con le loro teorie e le loro pubblicazioni.

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      1. Furio Cappelli

        Sei stato chiarissimo e sottoscrivo, certo, su quanto evidenzi sull’uso della chiesa. Non entro neanch’io nei dettagli, ci mancherebbe. Volevo solo sottolineare che gli “amici” di San Claudio non hanno alcuna ragione nel lamentarsi che sono ignorati dall’accademia: sono loro che ignorano.

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  7. Flavius Stilicho (da Fb):
    Penso che questo genere di cose non favorisca la conoscenza dei monumenti e della Storia che li riguarda. Anzi, ho idea che possa indurre persone che iniziano ad interessarsi all’argomento a seguire percorsi che non portano a nulla.

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  8. Barbara Casciu (da Fb):
    Bravo Giulio, questo reportage di “denuncia” ci voleva. Un gioiello del genere non può essere invaso da cartelloni “pubblicitari”.
    P.S.: Spero che tu, dopo aver immortalato quell’invasione, abbia velocemente spostato tutto per avere foto decenti: io, ove possibile lo faccio😉

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    1. Non ho toccato nulla, Barbara. Ho dato una triste occhiata in giro, ho visto altri cartelli e altre riproposizioni di tesi strane in giro per la chiesa… e me ne sono andato un po’ sconcertato. Umanamente comprendo l’afflato di quello studioso e dei suoi sodali – sono anch’io un dilettante allo sbaraglio! – ed ho pensato che la visita a San Claudio deve servire di lezione anche a me ed anche a noi: la passione ci deve essere, ma non bisogna mai perdere la consapevolezza dei propri limiti, e bisogna ricordare sempre che la conoscenza si costruisce insieme, non con crociate personali. Questa è la lezione anche per i nostri Gruppi Fb.

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  9. Luca Piras Lo Historico (da Fb):
    Ci sono stato poco tempo fa e mi ha lasciato basito il discorso che mi fece uno dei sodali di Carnevale, tale Mimmo. Interessante ma un po’ troppo fantascientifico. Ho passato un paio d’ore ad ascoltare senza contraddittorio ma, comunque, mi sono divertito.

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  10. Cristiano Da Mont’Olmo Carassai (da Fb):
    In quanto cittadino di Corridonia e appassionato di medioevo sono molto affezionato a questo luogo nel quale porto sempre i miei amici che non lo conoscono.
    Questo proselitismo ai limiti dello stalking che stanno facendo i “seguaci” di Carnevale è veemente stucchevole, sia qui che nelle altre Chiese della vallata come ad esempio S. Maria a Piè di Chienti a Montecosaro.

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  11. Carlo Natali (da Fb):
    Sono del luogo. L’imbarazzante, assatanato filone di “Carlo Magno in Val di Chienti” sono le nostre personali scie chimiche. Mi meraviglia come gli Enti deputati, che in caso di riverniciatura di persiane nel centro storico fanno mille problemi di Pantone, abbiano fatto murare una lapide delirante all’interno di un monumento così, con leggerezza. Comunque rimane un fenomeno, ehm, interessante da analizzare, perché dà l’occasione di vedere passo passo, dal vivo, come nasce, cresce e si consolida il mito che diventa realtà. Ahimè.

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  12. Francesco Francioni (da Fb):
    Bisogna aprire più la porta, far entrare Luce e aria Buona. Grande Rispetto al Professore Carnevale, alle sue ricerche. Chi ha di più lo metta, ma con rispetto. San Claudio in ogni caso ne uscirà bene.

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    1. E’ proprio il rispetto che manca, quando le ricerche diventano un’ideologia. Se c’è luce e aria buona in una tesi, questa si fa strada per i percorsi della condivisione e del convincimento comune; ma se per diffonderla serve piegare ad essa ogni spazio ed ogni occasione, non si fa altro che dimostrare, al contrario, la debolezza delle proprie idee. Grande rispetto per la persona di don Carnevale, quindi, e su questo non ci piove; ma le sue tesi valgono come quelle di chiunque: saranno riconosciute se hanno fondamento, non certo per come San Claudio è stata trasformata in un bazar.

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  13. Simonetta Borgiani (da Fb):
    L’articolo pare suggerito dalle comari. Innanzitutto ce n’è un’altra di chiesa uguale a San Claudio, cercátela. Per quanto riguarda la chiesa inferiore come cripta, si informino meglio: prima delle ultime ristrutturazioni il piano dell’ingresso era qualche metro più basso, tanto che sotto alla chiesa c’erano dei tunnel dove si passava con i cavalli. La chiesa superiore dubito che fosse così mistica, era piena di ragnatele, piccioni morti e guano, e non veniva utilizzata. Tutta la chiesa in sé non si può letteralmente definire bellissima, ma affascinante e particolare, e la tanto denigrata “mercificazione” sta dando notorietà a un luogo che nessuno o quasi conosceva, siamo sinceri: una opportunità che attira migliaia di turisti, che sia vero o meno. E un consiglio, specie ai titolati insultatori: studiate da capo, studiate meglio prima di criticare.

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    1. Hai perfettamente ragione, Simonetta: occorre studiare, e studiare meglio, per provare a capire. Studiando si ascoltano più voci, non solo una. E studiando si impara a dubitare. E studiando si mettono a confronto le tesi diverse. Di solito ci si accorge che a dimostrarsi più vera è quella più fondata, non quella che porta migliaia di turisti o fa vendere più libri.

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      1. Ottimo consiglio: studiare!
        Se poi non si “vogliono ascoltare più voci, imparare a dubitare e mettere a confronto le tesi diverse” come si evince da tutte le vostre chiacchiere da bar, è evidente che non avete studiato abbastanza!

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  14. Albino Gobbi

    Dopo il vecchio Favole e il giovane Piva, nel 1992 Carnevale per PRIMO ha collegato S. Claudio a Germigny des Prés; nel 1993 poi è arrivata a Macerata, per caso, la giovane H. Sahler (tedesca).
    Nel 1995 Fabio Mariano (della Politecnica delle Marche) ha collegato S. Claudio con Germigny des Pres.
    Nel 1998 in tedesco e nel 2006 in Italiano, H. Saler ha collegato S, Claudio con Germigny des Près. Alle p. 163 e 164 del suo testo in italiano “S. Claudio…” IN 6 RIGHE HA INSERITO TRE ERRORI. Nel 2012 l’ormai vecchio P.Piva è tornato su San Claudio citando solo H. Sahler e quindi collegandola con Germigny des Près. Nel 2013 il direttore editoriale della Sahler, Furio Cappelli, ha collegato S. Claudio con Germigny des Près DIMENTICANDO DI PARLARE DELLE 5 ABSIDI che legano S. Claudio, S. Vittore, S.Maria Moje, S.Croce dei Conti (dal 2019 a S. Severino è stata trovata un altro edificio) e di queste chiese hanno parlato 40 studiosi negli ultimi 2 secoli.
    Nel 2014 il vecchio GILLO DORFLES, prima di morire (non ne ha parlato prima per non subire gli insulti dei fini intellettuali suoi colleghi?), oltre a collegare Germigny des Près con le chiese marchigiane simili a S. Claudio, ha addirittura citato G.Carnevale, come non hanno fatto gli altri quattro.
    dott. Albino Gobbi

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    1. Eh, evidentemente l’unico che ci vede è il nostro Carnevale, mentre gli altri studiosi sono tutti ciechi… 🙂 Ma quando si arriva a questa conclusione, dottor Gobbi, forse occorre fermarsi e respirare. La comunità accademica ha fatto errori importanti in passato; ma quando si è rifiutata di vedere e di accettare le idee di Galileo aveva altri interessi da difendere, e con tutta onestà questo paragone, che gli amici di Carnevale sbandierano, mi pare un po’ fuori luogo. E allo stesso modo è fuori luogo – resto della mia idea – che San Claudio sia diventato la vetrina dei libri (autoprodotti) di don Carnevale, i quali anche così sminuiscono la loro autorevolezza, invece di dimostrarla.

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      1. Furio Cappelli

        Scusa se intervengo ancora, Giulio, ma questo gentil signore non è nuovo a palesi cadute di gusto. Non entro nel merito della mia “citazione”, che peraltro non saprei commentare, visto peraltro che mi viene attribuito un ruolo inesistente (“direttore editoriale della Sahler”). Credo invece che si commenti da sé il malcelato attacco personale a una studiosa capitata “per caso”, “giovane” e “tedesca”, e che combina un sacco di “errori”, la Sahler appunto, sulle cui competenze e risultanze il gentil signore non è e non vuole essere minimamente informato. D’altronde il primo studioso che ha collegato San Claudio all’architettura transalpina, ahimè, è proprio un tedesco (per sua fortuna un uomo, e quindi al riparo da facili stereotipi sessisti): Wolfgang Kroenig (1959). Piva “ormai vecchio”?! E come mai Dorfles, che avrebbe aderito alle tesi di Carnevale quasi in punto di morte (non so dove ciò risulti), era “meno vecchio” di lui, sia pure centenario?

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  15. Albino Gobbi

    Posso ovviamente documentare quanto precedentemente affermato. Nel 1930 hanno scavato sotto la chiesa di Germigny-des Prés. I reperti di scavo sono riportati da J. Hubert (Germigny-des Prés, CAF 93, 1930, pp.534-568). Nel 2006 H. Sahler scrive un libro (“San Claudio al Chienti e le chiese romaniche a croce greca iscritta nelle Marche”) in cui parla di Germigny-des-Prés in sole sei righe, riuscendo però a SBAGLIARE TRE VOLTE. Riporto la sua frase evidenziando i TRE ERRORI in parentesi. Da pp. 163-164: “In questo contesto vorremmo porre l’attenzione sulla chiesa di S. Salvatore a Germigny-des Prés. Iniziata nel 803 e forse consacrata nel 806, la cappella palatina di Teodolfo, del vescovo di Orléans e dell’abate di Fleury, dispone di sei absidi (ERRORE: SONO 5) con pianta a ferro di cavallo, tre delle quali sono allacciate alla pianta quadrata sul lato est, e una ciascuno sui lati nord, sud e ovest (ERRORE: L’ABSIDE OVEST È STATA AGGIUNTA MILLE ANNI DOPO, nel 1867-1876). In questa forma (ERRORE: la corrispondenza si riscontra SOLO CON LA FORMA ORIGINALE, AL MOMENTO DELLA COSTRUZIONE) l’ampliamento orientale del tetraconco corrisponde alla disposizione che si riscontra a San Claudio al Chienti. In entrambe le chiese le absidi determinano l’alzato e l’interno.”
    Dorfles ha pubblicato “Civiltà d’arte”, ATLAS, 2014, vol 2: cfr. pag. 69 e 126.
    Dott. Albino Gobbi

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    1. Non la seguo, dottor Gobbi. Mi spiace ma il tema non è affatto quante absidi avesse la cappella palatina di Germiny-des-Prés. Il tema è se è lecito per uno studioso che si dice innamorato di una splendida chiesa, trasformarla in una piazza in cui l’unica cosa che conta sono la sua tesi e i suoi libri. La chiesa superiore di San Claudio oggi è un mercato, e uno studioso – o i suoi discepoli – la usa come vetrina e campo di battaglia, impedendone la fruizione e obbligando chi vi entra a sottostare alle sue elucubrazioni. Fossero anche tutte corrette, le tesi di uno studioso non possono diventare più importanti della chiesa, né i sostenitori di queste tesi possono diventare i padroni della chiesa stessa. Apra gli occhi, dottor Gobbi: nessuna chiesa è di un singolo studioso, foss’anche questo studioso il più autorevole del mondo. Ribadisco il mio personale parere: chi sottomette San Claudio alle dispute tra partiti storiografici la impoverisce invece di nobilitarla.

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  16. Anonimo

    Consiglio ai denigratori e accademici una attenta lettura del “Capitulare de villis”. Si attendono spiegazioni sui noti “ministeria”, in particolare sul “ministerium Sancti Claudi o de sancto Claudio”. Meditate bene e studiate.

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  17. giorgio rapanelli

    L’articolista dimostra che non ha letto alcun libro del prof. Carnevale. Soprattutto è prevenuto. E prende per verità dogmatica gli scritti della Hildegard Sahler. Mentre un’altra cittadina tedesca, dopo aver letto i libri del prof. Carnevale, è venuta a San Claudio per verificare ciò che aveva letto. E’ andata pure a Germigny-des-Près a verificare e a parlare con quegli esperti, che non riuscivano a capacitarsi come il vescovo carolingio Theodulf avesse voluto il suo oratorio simile alla Cappella Palatina di Carlo Magno, mentre quella di Aachen era diversa… Ai tedeschi la cosa va bene così, ma ai ricercatori della realtà non è così che va bene. Fermo restando che alcuni di noi sono veramente grati a Federico Barbarossa di aver traslato finalmente ad Aachen (forse) il corpo del nostro Imperatore, insieme ad altre suppellettili e cimeli carolingi, da San Claudio, mentre la Chiesa tentava, riuscendovi, di cancellare ogni traccia di Carlo e del suo Sacro Romano Impero dalle terre picene (cosa che ha fatto ancora con i restauri del 1925, e con la scomparsa del corpo mummificato di Ottone III, fino ai giorni nostri, cominciando, però, ultimamente a ripensarci). Se Federico Barbarossa non si fosse comportato per i suoi interessi politici (ossia del Sacro Romano Impero) come si è comportato, noi oggi non avremmo che un piccolo ricordo del nostro Imperatore. I tedeschi lo hanno ricordato per secoli, venerandolo e amandolo, poiché, se non ci fosse stato Carlo, illuminato dallo Spirito Santo, noi non avremmo avuto questa civiltà cristiana e questa identità europea. La (falsa) Cappella Palatina di Aachen è colma di forza eterica (oltre ad altro) accumulata dai fedeli, che sta lentamente trasmettendosi pure verso San Claudio, dove trova in alcuni un’attenzione e un sentimento favorevole affinché ciò avvenga. Al di là degli scritti e delle opinioni si sta qui creando una “forza” di opposizione al piano di distruzione della nostra civiltà cristiana e della nostra identità ad opera delle Logge occulte angloamericane; un piano volto all’abbattimento della dimensione spirituale dell’individuo, per costringerlo poi a mettere attenzione solo nella sua parte materiale (minerale), di cui fa parte la mente (influenzabile con idee fisse). L’articolo mi ha stimolato a creare un filmato di confronto con la Sahler, da postare poi su youtube. Con cordialità.

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    1. Ricambio le cordialità, e la ringrazio per aver dato un sunto molto chiaro delle posizioni sostenute dai discepoli del prof. Carnevale. Il suo commento ci aiuta a comprendere meglio di che cosa stiamo parlando (!), e ha ancor più valore perché esposte da chi, senza dubbio, è vicino alle teorie dello studioso marchigiano e le conosce e le espone come meglio non si potrebbe, e come io certo non saprei fare.

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  18. Anonimo

    Io abito a San Claudio dalla nascita; faccio fatica ad immaginare così tante visite al piano superiore della chiesa, dato che fino a qualche anno fa era perennemente chiusa. Il centro studi di San Claudio al Chienti si è posto lo scopo di valorizzare e rendere accogliente anche la parte superiore della chiesa, contemporaneamente cerchiamo di diffondere il risultato degli studi del prof. Giovanni Carnevale, ormai accolto ed apprezzato anche all’estero. Numerosi sono i turisti che visitano questo monumento così importante. Vi posso assicurare che tutti considerano l’ambiente molto decoroso e sono stimolati ad approfondire l’importanza storica della nostra chiesa. A dimostrazione di ciò abbiamo a disposizione 25 registri, ove i visitatori hanno espresso le loro positive impressioni ed apprezzamenti. Il desiderio di tutti noi è fare chiarezza su un periodo storico ancora pieno di contraddizioni e di ombre, come il professor Giovanni Carnevale sta facendo, con studi approfonditi e documentati. Siamo sempre a disposizione per eventuali chiarimenti ed approfondimenti. Cordiali saluti, Menghi Gabriele.

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    1. La ringrazio per la cortesia e la disponibilità: sono l’anticamera dell’ascolto, il quale a sua volta permette di crescere insieme. Quanto alla mia posizione su quel che ho visto in San Claudio, l’ho già espressa ampiamente, spero sempre con rispetto per le posizioni altrui. Tra persone che sanno dialogare, piano piano, magari non subito, può nascere un percorso di avvicinamento, e di valutazione delle critiche e delle preoccupazioni altrui… Chissà.

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  19. giorgio rapanelli

    Ho “indagato” su coloro che -con i loro scritti – sarebbero “contrari” al prof. Carnevale. Ce n’è qualcuno che è ferrato nella materia e soprattutto ama la Storia dell’Arte. Ho un caro e stimatissimo amico, MARCO CORRIAS, che venne a Corridonia a tenere conferenze sul Medioevo. In quella occasione acquistai dei libri, nei quali traspare l’amore per la ricerca e la scoperta. Mi piace in particolare citare il suo “CANTO BARBARICO”, un romanzo storico, in cui la fantasia cede il posto a quella che era una realtà dallo stesso Marco, vissuta, magari in una vita precedente (pure se dice di non crederci).. Uno storico direbbe che è tutta fantasia. Si apre invece una finestra su di una realtà poco nota, molto ben documentata dallo studioso Corrias. Egli venne a San Claudio per proporre una mostra sui gioielli dei Goti. Avremmo fatto un figurone! Purtroppo, non avevamo le bacheche. In effetti siamo poveri. I libri esposti vengono pubblicati con spesa personale. Tutto ciò che esiste in struttura è stato fatto con spesa personale. E col consenso del Parroco. Quindi chi pubblica il libri deve poi venderli. Però, il tuo articolo (scusa il tu, ma sei un “avversario” pericoloso, perché scrivi bene e con una impaginazione di impostazione estetica) ha aperto una falla nella mia mente. Seppure siamo (non tutti) “fanatici di Carnevale”, siamo pure aperti ai confronti. Ad una professore in pensione dell’università di Macerata che contestava le tesi di Carnevale, chiesi un contraddittorio pubblico, o almeno uno scritto. Non se ne fece nulla. Con ciò non persi la stima in lui. Però, giustamente, io pure dico “perché andiamo a senso unico?” Ho chiesto a Mimmo Antognozzi, perché non veniva esposto il libro della Sahler. Mi ha risposto che c’è, ma costa troppo. Pur rischiando la vita, esprimo la mia opinione: nella bacheca, oltre alla reclame dei nostri libri pro-Cappella Palatina, esponiamo pure lavori di altri Autori. Se ce li danno. O, potendo, acquistandoli…Io porterò, se gli Amici mi autorizzano, i libri di Marco Corrias: mi farebbero fare una bella figura e farebbero fare pure una bella figura al Centro Studi. Il quale si qualificherebbe pure come luogo di confronto e di dialogo. Cosa importante, dati i tempi delle certezze arroganti…

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    1. Caro Giorgio, la tua apertura è lodevole. Ma seguimi bene nelle prossime poche righe, dopo tanti discorsi fatti fin qui. Io non chiedo agli amici di don Carnevale di abbandonare la loro passione; chiedo loro di liberare San Claudio e di non utilizzare in modo improprio quella chiesa che è l’oggetto della loro passione. Nessuno vi può impedire di sostenere e diffondere teorie e libri di don Carnevale; ma non potete degradare San Claudio a vetrina e negozio. Non lo potreste fare nemmeno se le tesi di Carnevale fossero condivise e assodate (e siamo ben lontani!); nemmeno in quel caso la diffusione di libri e l’illustrazione di tesi può invadere la chiesa come sta succedendo ora.
      Esistono i book shop: esponete i libri e tutto quanto riguarda ricostruzioni e teorie in una sala a parte, perché ora deturpano San Claudio, ne impediscono la visita e la fruizione a chi, in primis, ha il diritto di vedere e visitare. Possibile che non ve ne accorgiate? Possibile che la vostra passione sia più importante del rispetto per San Claudio?
      Liberate la chiesa superiore, restituitela alla sua pulizia e bellezza. Poi nella sala che sceglierete, continuate a diffondere tesi e libri, a battagliare, a raccontare, aggiungendo i testi di Marco Corrias… Ma dimostrate rispetto per San Claudio, che oggi è un bazar.

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  20. Albino Gobbi

    Precedentemente ho parlato degli studiosi che hanno collegato San Claudio con Germigny-des-Prés. Invece C. Heitz dell’Università di Nancy (nel 1980 in “Enciclopedia dell’arte medievale” e poi nel 1995 nell’Enciclopedia TRECCANI) effettua un confronto tra Germigny-des-Prés e la chiesa tedesca di Aachen, definendole “costruite sulla base del modello della cappella Palatina di Aquisgrana. L’idea di uno schema a pianta centrale è effettivamente comune ai due edifici, ma di fatto questa è la sola analogia; invece di un edificio a base ottagonale, si ha infatti a Germigy-des-Prés un prisma vuoto a base quadrata.” Traducendo il linguaggio ‘felpato’ del mondo accademico, è chiaro che secondo C. Heitz le due chiese non si assomigliano (e basta guardare le due piantine!).

    dott. Albino Gobbi

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  21. Albino Gobbi

    Il 15 agosto ho scritto che G. Dorfles: “Oltre a collegare Germigny-des-Prés con le altre chiese marchigiane simili a S. Claudio ha addirittura CITATO G. Carnevale”. Ma NON ho detto che Dorfles ha aderito alle tesi di Carnevale. Per maggiore chiarezza trascrivo la p. 69 del manuale “ CIVILTA’ d’ARTE” di G.Dorfles-M.Ragazzi:
    “L’oratorio di Germigny-des-Prés (806-809) venne commissionato da Teodulfo, vescovo di Orléans (709-818) di origine spagnola e di famiglia visigota; consigliere di Carlo Magno, gli sono attribuiti i “Libri Carolini”, un trattato di estetica seguito dagli artisti di corte. Lo schema centrale era noto nella Spagna Visigota, prima della conquista araba del 711; uno schema nel quale, peraltro, erano individuabili riferimenti siriaci e bizantini. Il modello di Germigny-des-Pré presenta una base quadrata, suddivisa in nove campate, quadrate o rettangolari, la centrale delle quali si innalza a grande altezza; le quattro campate che formano i bracci della croce sono voltate a botte. Sui quattro lati si aprono absidi e absidiole con pianta a ferro di cavallo. Carolingia è la scelta di aprire tre absidi sul lato orientale. Il modello che ne deriva riecheggia alcune chiese armene: un aspetto che dimostra l’apertura dei progettisti e dei committenti carolingi verso altre culture costruttive. Si ritiene che il modello della pianta quadrata suddivisa in nove campate, già presente in Oriente, possa non essere rimasto circoscritto all’area centroeuropea; esso è piuttosto frequente nelle Marche, in costruzioni, comunque per le quali non è ancora chiarita l’ascendenza carolingia o romanica (S. Claudio, S.Vittore alle Chiuse e S. Maria delle Moie). Vanno segnalati i recenti studi italiani (G. Carnevale) che si spingono, persino, a ipotizzare che fu S. Claudio al Chienti, e non quella di Aquisgrana, la cappella palatina nella quale venne sepolto Carlo Magno.”
    Parlando di S. Claudio a p.126 i due autori scrivono: “Non deve suscitare scalpore, pertanto, se di recente è stata avanzata un’attribuzione (G. Carnevale) al periodo carolingio, che la vorrebbe addirittura, la sede imperiale di Carlo Magno.”
    Distinti sluti
    Dott. Albino Gobbi

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