Nessuno va a Tuscania per vedere la chiesa di Santa Maria Maggiore, messa in ombra, nei desideri e nelle attenzioni dei visitatori, dalla magnifica e sovrastante San Pietro. E’ semmai mentre si scende, dopo essere saliti a visitare quest’ultima, che ci si ferma, lungo la strada, nella basilica “vecchia”, per una seconda e più fugace tappa. Santa Maria comunque accoglie, paziente: sa di aver molto da dare… E però non è facile invitare a cena chi si è appena saziato al più lauto dei banchetti.
Può capitare – e ultimamente accade a molti – di trovare chiusi i cancelli, su a San Pietro, e di dover ridiscendere, mentre si attende che qualcuno venga ad aprire; succede allora di visitare per prima la basilica ancella: ma anche in questa situazione, si sosta davanti a Santa Maria, e vi si entra, in uno stato d’animo sospeso, come inquieti ed in attesa d’altro.

E’ forse solo tornando più volte a Tuscania, e superata quindi quella sorta di ansia totemica per San Pietro, che di Santa Maria Maggiore si riesce a vedere e a gustare appieno quella che è forse la parte più bella, e cioè la facciata. Che è strana, per quei suoi salienti che sono diventati orizzontali; e che però dispiega con orgoglio la particolarissima fascia occupata dai tre portali, il maggiore dei quali è uno dei più affascinanti di tutta l’Italia romanica.
A far risaltare questa teoria di portali è forse proprio la sua particolare collocazione. L’intera facciata, costruita ex novo nel XII secolo quando la chiesa fu allungata di un paio di campate, si trova quasi a ridosso del campanile che le sorge dinnanzi; e per questo è difficile osservarla se non “di scorcio”, e si è colpiti dal bel gioco di rientranze e di rilievi disegnato appunto dalle strombature dei portali. La fascia da essi occupata, così, posta sotto un rosone gigantesco e una loggetta che qualcuno ha definito addirittura “assai pesante”, si anima di vita, di chiaroscuro, di ombre e di luci, specie quando il sole basso la illumina dal lato sinistro, calando all’opposto rispetto al punto di accesso allo stretto sagrato.

Bello è anche il contrasto tra i portali laterali, che per le tinte scure non si staccano dallo sfondo costituito dalla parete in tufo, e il candido proporsi di quello centrale, le cui bianche colonne laterali, si sovrappongono e dialogano con i pilastrini alternati e bigi, quasi volessero e potessero mostrare in che modo tutta la struttura del portale è stata assemblata in se stessa e aggiunta, incastrata, incastonata sul vuoto dell’ingresso. Particolare e piena di fascino è la lunetta: la presiede una Madonna in trono, pesante forse ma piena di autorevolezza, che regge nel grembo il Bambino benedicente; spostata dal centro, lascia spazio a sinistra, entro due tondi, ai rilievi che narrano del sacrificio di Isacco, che Abramo non portò a termine per l’intervento dell’angelo; e mentre un montone guarda la scena, ignaro ma già destinato a morire in vece di Isacco, dalla parte opposta rispetto a Maria, anch’Egli avvolto in un cerchio, l’Agnello di Dio ricorda a chi guarda l’altro e decisivo sacrificio di un Figlio.

Due colonne della Chiesa, san Pietro e san Paolo, sono scolpiti nei piedritti: e mentre reggono l’architrave, entrambi poggiano i piedi su lastre decorate con motivi vegetali, i quali a loro volta richiamano le due lunette dei portali laterali, dove figure mitologiche sputano racemi, o dai racemi stessi sono avvolte; e così al parallelo con i portali d’Oltralpe, dove le statue-colonne già sono diffuse anche nel tempo romanico, si aggiunge e si mescola il richiamo a tanta scultura del XII secolo in Abruzzo e in Umbria, instancabile produttrice di rappresentazioni vegetali quasi oniriche, di intrecci di racemi e di figurine che qui in Santa Maria, appunto, conquistano le lunette dei portali minori.

Nessuno va a Tuscania, si diceva, solo per vedere la chiesa di Santa Maria Maggiore. Eppure, basterebbero i suoi portali per giustificare un viaggio; e chissà se tra i tanti appassionati che arrivano fin qui attratti dal fascino straripante della grande San Pietro ce n’è qualcuno che – un po’ ribelle, come Before Chartres, e un po’ “bastian contrario” – preferisce questi agli anonimi portali della basilica “di sopra”, e quasi li accoglie come una riparazione, un regalo di compensazione, un completamento; e insomma quanto manca a San Pietro viene a cercarlo poco più in basso, sulla facciata vivace di Santa Maria Maggiore.
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La chiesa di Santa Maria Maggiore, di antica fondazione, era la cattedrale di Tuscania quando fu costruita, poco più in alto sullo stesso colle, la vasta basilica di San Pietro. Come quest’ultima, anche Santa Maria Maggiore ha una storia molto complessa: sorge in epoca preromanica, con una sola navata e un transetto vasto, sul modello della vicina e interessantissima San Giusto; nel tempo romanico assume l’attuale forma basilicale, con l’edificazione delle navate laterali, e viene rialzata e allungata con l’aggiunta delle attuali prime campate e la costruzione dell’attuale facciata, che risale al XII secolo avanzato. Anche l’interno presenta elementi di grande complessità e di grande interesse: alcuni capitelli, altri rilievi del tempo romanico, il pulpito e il ciborio, gli affreschi dell’abside e dell’arco trionfale, in parte romanici e in parte posteriori… tutto testimonia una storia complicata e ricca che fa di Santa Maria, senza dubbio alcuno, la chiesa romanica di maggior interesse – oltre ovviamente a quella di San Pietro – tra le tante altre preziose chiese medievali dell’antica e nobile cittadina del Viterbese.
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Quello di Santa Maria a Tuscania è un portale bellissimo, ma pur sempre “minore”. Before Chartres affronta invece il tema dei “grandi” portali del medioevo, e lo riassume, come in un viaggio – finalmente “su carta” – in un volumetto prezioso, dedicato ai suoi lettori più affezionati. Lo si trova qui: DIECI grandi PORTALI ROMANICI
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Sinceramente faccio fatica a comprendere come uno possa andare a Tuscania per il solo San Pietro e si fermi giusto perché ci passa davanti a Santa Maria Maggiore.
La facciata con i suoi bei portali e l’ampio rosone valgono da soli il viaggio e la tappa a questa chiesa non è da meno di quella superiore, ma un bel cammino di avvicinamento ricco di suggestioni. Che dire di quella lunetta in cui la Madonna in trono col bambino in grembo pare far l’altalena sull’architrave, che avvolge con le sue gambe? un “moderno” divertissement dell’artista?! Una necessità spaziale congeniata in modo inusuale e che colpisce immediatamente l’occhio per la sua stravagante irriverenza? Orbene, tutto è magnifico, voluto oppure no, nei nostri occhi o in quelli dell’artista, ci si immerge lasciandoci trasportare dalla corrente, che ci guida a cogliere aspetti curiosi ed originali, tutti riccamente scolpiti.
Sublime.
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Rita Rot (da Fb):
Le prime chiese romaniche da me visitate tanto tempo fa….prima del terremoto che quasi le distrusse, il rivederle (descritte poi in maniera così magistrale) mi spinge a riandare a visitarle assolutamente!
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Luca Giordani (da Fb):
Lo scrissi tempo fa, scandalizzando non pochi, che San Pietro non mi entusiasmò, troppo lontana dal mio sentire romanico. Lo ripeto qui e mi unisco ai ribelli e un po’ “bastian contrari” che hanno apprezzato questa “sorella minore” più del titolato San Pietro.
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