A Portonovo come un disegno di Escher

La chiesetta di Portonovo, bianco gioco di volumi architettonici appoggiato a mezz’altezza, tra il bosco e il mare, è forse tra le più pittoresche creazioni del romanico italiano. A renderla fotogenica come un’indossatrice in passerella sono, appunto, tre precisi elementi, e cioè il candore della muratura, il complesso ma equilibrato rispondersi delle parti – il corpo articolato, le absidi regolari e più in alto la torre e il tiburio – e infine la collocazione: Santa Maria infatti occupa, ormai sola, un pianoro che sovrasta le spiagge e la risacca del Conero e che, a sua volta, è dominato dal progressivo salire verso l’alto dell’esercito fitto dei pini marittimi. Vista dal mare, così, è un vero spettacolo, anche se le rive sabbiose e i boschi tutto intorno, che un tempo circondavano muti e spopolati la chiesa, oggi brulicano di case di vacanza, di camping, di baretti e di parcheggi pieni di auto e di scooter, e anche se d’estate sono i bagnanti, non certo gli appassionati del romanico, i padroni del luogo. Non è a caso che Before Chartres, quindi, torna a Portonovo in pieno inverno.

La chiesa e le spiagge sullo sfondo

La pianta

I monaci che costruirono la chiesa, nel contesto di quello che fu un insediamento popoloso di cui oggi però non resta nulla, realizzarono una costruzione inusuale, anche se non lo fecero di proposito. La pianta mostra infatti un impianto basilicale – preceduto da un nartece trecentesco – con un bella navata centrale fiancheggiata da due navate minori e terminante in un’area presbiteriale chiusa da una grande abside; però il richiamo all’altra tipologia diffusa nelle Marche, quello cioè della pianta centrale, “a croce greca”, è così forte che la cupola, normalmente collocata ben più avanti, verso oriente, qui invece arretra e si colloca proprio a metà della navata; e a dar corpo al braccio trasversale della croce greca, si aggiungono nella parte centrale, a nord e a sud, dei particolarissimi spazi ulteriori. Come accade in un quadro di Escher, si possono leggere quindi nella chiesa di Portonovo due piante differenti: una pianta centrale a croce greca, appunto, in cui si incrociano due bracci perpendicolari e simili, oppure una pianta longitudinale in cui ad una normale basilica a tre navate se ne sommano altre due – o altri due tronconi – per arrivare a cinque.

L’interno della chiesa

La parte presbiteriale

Se la pianta dell’edificio è per così dire ambigua, per non dire addirittura ambivalente, il suo alzato invece stupisce per la coerenza e la chiarezza nel concepimento: non solo Santa Maria di Portonovo è tutta coperta con volte in muratura, a botte nella navata centrale e a crociera negli altri spazi – soluzione diffusissima oltralpe, ma che non è facile trovare in Italia -; ma poi stupisce come esempio ben raro e ottimamente riuscito dell’uso della pietra per l’edificazione “continua” della chiesa: tutti gli elementi, tutte le parti della struttura – le volte, i muri, il pavimento, i pilastri e anche le stesse colonne – sono realizzati utilizzando gli stessi piccoli blocchi di chiarissima pietra calcarea. All’antica giustapposizione di elementi e materiali differenti – colonne di marmo, che reggono pareti in muratura, a loro volta coperte da capriate in legno – si sostituisce l’assemblarsi di un intero edificio per somma e incastro di un elemento base, i blocchi lavorati, con i quali – sembrano dire i costruttori di Santa Maria – tutto si può fare, anche le semicolonne che innervano le pareti da sopra gli archi, anche i costoloni che marcano le diverse porzioni della volta a botte. Abbandonato il modo romano di costruire, sembrano dire i costruttori di Santa Maria – è bello ed avvincente sperimentare quello nuovo, “romanico”, che è l’ultima moda in fatto di architettura, e viene dalla Francia, dove tutti, ormai, in questo splendido XII secolo, costruiscono così, da terra a cielo, con un continuo assemblaggio, le innumerevoli chiese della rinascita.

La chiesa vista dal mare

La chiesa di Portonovo è spettacolare. Ma il tempo romanico è ricco di chiese collocate, come questa, ai confini del cielo. Belle come Santa Maria, e però inerpicate in cima ai monti, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre dodici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO.

4 pensieri su “A Portonovo come un disegno di Escher

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Lucia Santi (da Fb):
    Ho trovato anch’io bellissima la chiesa, anche se è circondata, d’estate, da una specie di movida baleare, attraverso cui sei costretto a passare per arrivare alla meta. Forse sarebbe bello un percorso riservato.

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  2. Paolo Salvi ha detto:

    Una delle chiese più belle delle Marche, caratteristica per la sua posizione fronte mare alle falde del Conero. Dalla planimetria molto articolata, costruita in modo tanto anomalo da lasciare aperti alcuni enigmi sulle reali funzioni di alcune sue parti. Edificio emblematico.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Dall’articolo, Francesco, sai che la chiesa fu edificata in quel punto anche come centro di un complesso abitativo – civile? monastico? – che era consistente e di cui oggi però non resta traccia. Quando poi si dice che una chiesa fu costruita “dai monaci” si intende – ovviamente – che i monaci la commissionarono a maestranze competenti, salvo poi il fatto che qualcuno dei religiosi può aver avuto un ruolo come architetto, o soprintendente o come consulente dei lavori.

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