Alessandro a Bitonto, volo e ritorno

Per riuscire nell’impresa di volare in cielo fino all’Empireo, Alessandro Magno prese due grifoni e, prima di tutto, li affamò. Dopo averli fatti digiunare tre giorni, li legò al proprio trono; e poi usò carne squisita, di fegato amaro, infilzata su due lunghe lance e tenuta come esca in alto, sopra le teste delle bestie, per forzarli a spiccare il volo, così da ascendere con loro in mezzo alle nuvole, sempre più su. Aveva conquistato tutta la terra conosciuta, il giovane re macedone, e nulla più desiderava, se non raggiungere il cielo, e con il cielo l’immortalità.

Non sono gli storici antichi a raccontare del “volo di Alessandro”; se ne parla invece in una tradizione che si diffonde nei primi secoli del cristianesimo, e si consolida nel Romanzo di Alessandro attribuito a Callistene. Nell’alto medioevo, ed è questo che ci interessa, la leggenda del re che salì fino al cielo venne rilanciata con forza, nell’Occidente cristiano, dalla Historia de preliis Alexandri Magni, un testo databile al X secolo e attribuito a Leone Arciprete, religioso campano.

Il “volo di Alessandro” nel portale laterale di Matrice
Il “volo di Alessandro” a Venezia

Il volo di Alessandro, che i lettori dell’alto medioevo consideravano un fatto storico, divenne nei secoli prima di Chartres una delle grandi imprese degli eroi del passato, da narrare e da rappresentare, come la lotta di Sansone con il leone, o come la disfida tra Davide e Golia. Fissato nei mosaici, o scolpito nei rilievi in facciata, e poi raccontato a colori nei manoscritti, l’episodio ha una sua iconografia, ben riconoscibile: Alessandro Magno sta al centro, seduto in trono – in oriente è più diffusa la rappresentazione di un cesto, come quelli delle mongolfiere che verranno, o di una biga – con le lunghe lance alzate a destra e a sinistra verso l’alto, e i bocconi di carne infilzati in cima; ai lati del trono, i grifoni, simmetrici puntano le esche e si protendono verso l’alto, sollevando così il re e il suo desiderio di eternità. Per definizione simmetrica, quindi, la rappresentazione del volo di Alessandro si può ammirare a Venezia, in una lastra sulla parete della basilica di San Marco, nella lunetta del portale laterale della chiesa di Santa Maria della Strada a Matrice, in Molise, nel mosaico pavimentale di Otranto, per citare solo alcune delle occasioni in cui il tempo romanico si è concentrato sul re macedone e la sua impresa più audace. O dovremmo dire scellerata?

Alessandro e la sua impresa nel pavimento di Otranto

Tra i tanti episodi della “mitologia” romanica, il volo di Alessandro è quello che più chiaramente assume in sé – come accade molto spesso nel medioevo – una doppia valenza, contemporaneamente positiva e negativa. Alessandro è infatti il re audace, che proprio con la sua sete di eternità sa trascendere dalle ambizioni terrene, e guarda al cielo, e la sua ascesa rappresenta quindi l’ansia di divino che pervade l’anima, e il suo salire verso l’alto non può richiamare l’ascensione di Gesù; allo stesso tempo, però, la volontà del sovrano di volare al di sopra delle nubi è la perfetta rappresentazione della superbia umana: come Adamo ed Eva, come i costruttori di Babele, come Simon Mago che volò e si schiantò, il giovane sovrano passò i limiti, con questo suo stratagemma dei grifoni, e non a caso mentre saliva e saliva e già pregustava di aver vinto anche la sfida con il cielo, secondo il Romanzo di Alessandro, un angelo gli si fece incontro, e lo convinse a tornare sulla terra: “E’ forse perché non riesci a far conquiste sulla terra, che cerchi quelle del cielo? Torna giù in fretta se non vuoi diventare pasto di questi uccelli!”.

Il capitello di Bitonto, primo lato

La più bella rappresentazione romanica del volo di Alessandro, così, è forse quella scolpita su uno dei capitelli della basilica di Bitonto, speciale e significativa perché mostra, a modo suo, entrambi i momenti dell’impresa di Alessandro, la salita e la discesa, ed esplicita così entrambi gli aspetti e le contraddittorie valenze dell’impresa stessa. Su un lato del capitello, infatti, troviamo la rappresentazione canonica del re che sale, con le sue aste protese verso l’alto e i grifoni che affiancano il trono e lo sollevano in volo. Ma sulla faccia contigua la scena perde la consueta simmetria: al centro sta ancora il re seduto in trono; ma mentre con la lancia nella mano sinistra Alessandro punta ancora verso il cielo, quella che impugna con la destra è già rivolta verso il basso; il grifone ha già invertito il suo volo, e insegue l’esca a becco in giù, e già sta riportando la navicella del re macedone verso il punto di partenza, e verso una ben più umile consapevolezza dei limiti umani.

Non si schianterà, Alessandro, e non subirà così dal suo volo troppo ardito le stesse conseguenze che subì Simon Mago. Però esce umanamente ridimensionato dal volo di andata e ritorno, e lo scultore di Bitonto trova il modo di sottolinearlo: nella seconda scena, infatti, il re ha perso la corona, che non gli cinge più il capo; e al suo fianco il grifone a testa in giù – chissà se possiamo attribuire anche questo all’abilità dello scultore o ad un suo imbarazzo – sembra trasformarsi da nobile creatura del mito in un pollo dalle cosce cicciotte. La superbia e l’eccessivo ardire, con il conseguente inevitabile fallimento, rende piccoli re ed eroi, ed anche quelli che li seguono nelle loro sconsiderate avventure.

La navata della cattedrale di Bitonto

La rappresentazione del volo di Alessandro è tema ripetuto nella Puglia del XII – dove appare sui pavimenti di Taranto e Trani, oltre che in quello di Otranto – e però a Bitonto “l’accostamento singolare delle due scene”, quella della salita e quella della discesa, può assumere un significato particolare: alcuni studiosi, spiega la Belli D’Elia, ipotizzano che il capitello “potesse contenere anche, ad un secondo livello di lettura, una non troppo riposta allusione alla ribellione delle città pugliesi a Guglielmo I. Ribellione cui Bitonto e la sua cattedrale erano rimaste, come si sa, estranee”. Di nuovo, il messaggio è perentorio: né agli eroi né tantomeno agli uomini è concesso superare i limiti, e gli atti segnati dalla superbia non possono avere successo, e portano alla rovina chi li compie e chi vi partecipa.

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4 pensieri su “Alessandro a Bitonto, volo e ritorno

  1. Federica Porri (da Fb):
    A Santa Maria della Strada, sopra la lunetta con il volo di Alessandro, c’è una scritta che ribadisce il concetto: c’è scritto: “Non omnis, qui dicit mihi: ‘Domine, Domine’, intrabit in regnum caelorum, sed qui facit voluntatem Patris mei, qui in caelis est”. Vale anche per i re, non è sufficiente essere potenti o ammirati per poter salire in cielo ed entrare nella gioia dei beati.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Molto interessante il parallelo che mette a confronto esempi di questa particolare figurazione non molto diffusa nel tempo romanico. Ricordo bene quello di Santa Maria della Strada a Matrice in provincia di Campobasso.

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