Natale è anche un via vai di ali celesti

Il tempo del Natale è, per i Vangeli e per l’arte romanica, anche il tempo degli angeli. Intorno all’evento della nascita del Bambino è tutto un via vai – perdonate il tono irriverente – di questi messaggeri alati. Il compito degli angeli, peraltro, è proprio quello di portare messaggi celesti, ed è normale vederli al lavoro in questo periodo in cui c’è un’ottima Novella da comunicare agli uomini. Poi – e lo vedremo – gli angeli spariranno, quasi, dalla narrazione evangelica, e dalla conseguente rappresentazione che ne dà l’arte romanica, fino a Pasqua.

Un angelo degli affreschi di Vic-Nohant

Il tempo della Nascita è tutto un fruscìo d’ali, e i messaggeri divini hanno molti incarichi da portare a termine. Già nel primo capitolo del Vangelo di Luca, è l’arcangelo Gabriele ad entrare in scena: appare a Zaccaria, sacerdote del tempio, per annunciargli la nascita di Giovanni, il Battista: “La tua preghiera è stata esaudita – dice l’arcangelo a Zaccaria – e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto”. Secondo i Vangeli, prima dell’entrata in scena di Gesù gli angeli giustamente introducono Giovanni, il precursore.

E’ sempre l’evangelista Luca a narrare dell’annuncio più noto – e molte volte riproposto, questo, dall’arte del medioevo, come a Castelseprio – che è quello portato dallo stesso Gabriele alla Vergine Maria. Siamo ai versetti immediatamente successivi, nello stesso capitolo 1:

L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo…»

Castelseprio, l’Annunciazione (foto: Sailko)
Il capitello di San Juan de la Peña

Le visite degli angeli nel tempo della Natività hanno come interlocutore privilegiato Giuseppe, sposo di Maria. Colui che nel Vangelo non proferisce mai una parola, per ben tre volte è visitato in sogno dai messaggeri celesti. Accade una prima volta quando è necessario rassicurarlo, perché non ripudi Maria anche se gravida; e nessun rilievo romanico rappresenta con più tenerezza questo dialogo, silenzioso, del capitello rosa nel monastero aragonese di San Juan del la Peña. Dopo la nascita del Bambino, e di nuovo in sogno, un angelo intimerà a Giuseppe di fuggire con la famiglia in Egitto, perché Erode vuole uccidere Gesù; e sempre un angelo, e sempre in sogno, gli annuncerà la morte del re, e l’opportunità di tornare finalmente in patria. Il tempo romanico rappresenta più e più volte le apparizioni degli angeli a Giuseppe, esplicitamente testimoniate dal Vangelo, e molte altre volte rappresenta un angelo – e in questo caso aderendo al racconto di altre fonti, e in particolare dei vangeli apocrifi – come scorta del viaggio della Sacra Famiglia verso l’Egitto.

Autun, l’angelo e i Magi

Tra la nascita di Gesù e la fuga in Egitto, nel frattempo, anche ai Magi accade di essere visitati da un angelo: dopo aver adorato i Bambino, dice l’evangelista Matteo, “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. E occorre andare ad Autun per vedere, in un capitello mirabile, l’angelo che plana sul letto dei re dell’Oriente, letteralmente “mezzi addormentati”. Ancora, è un angelo, secondo il capitolo 2 del Vangelo di Luca, ad annunciare la nascita di Gesù ai pastori che, poco distante dalla santa grotta, vegliavano la notte per tener d’occhio il loro gregge.

Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» 

Insomma, quando Gesù era lì lì per nascere, e nella sua prima infanzia, gli angeli sono una presenza costante nel testo evangelico. Poi quasi spariscono. Solo due volte appariranno ancora nel Vangelo al fianco di Gesù adulto. Accadrà una prima volta al termine del lungo tentativo che il diavolo fa di irretire Gesù nel deserto, quando Satana si ritira sconfitto: “Allora il diavolo lo lasciò – si legge nel capitolo 4 del Vangelo di Marco – ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano“. Una seconda apparizione angelica è narrata dal Vangelo di Luca, al capitolo 22: siamo nella notte della Passione, nel giardino dei Getsemani, dove Gesù, consapevole che tutto si stava per compiere, “cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo…”.

Due sole volte, quindi Gesù è affiancato dai messaggeri del Padre nel corso della sua vita pubblica – e va detto che questi due episodi sono rappresentati raramente nell’arte romanica -; non sono presenti, gli angeli, né quando Gesù compie i suoi miracoli, né quando predica, né quando placa le tempeste o scaccia i demoni, né quando sul monte Tabor mostra la sua essenza divina e si trasfigura, né quand’è crocifisso, e nemmeno quando risorge… E verrebbe da concludere che “da grande”, nel pieno della sua missione, Gesù non ha bisogno di presenze angeliche per dimostrare la propria potenza e la propria regalità. Anche davanti a Pilato, prigioniero e oggetto di scherno, il Cristo accenna alle schiere angeliche, e però non ricorre al loro aiuto, e mette tutto, anche la sua vita, al potere terreno: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo – risponde al Governatore – i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei, ma ora il mio regno non è di qui”.

Estella, le Pie Donne con gli angeli

Tornano, gli angeli, quando tutto è compiuto, fuori dal perimetro della vicenda terrena del Cristo. Tornano a Pasqua. E molte volte l’arte romanica ha narrato il dialogo tra le Pie Donne e l’angelo che le accoglie al sepolcro ormai vuoto, di nuovo incaricato di un annuncio cruciale: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto – dice – non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Nel portale di Estella, gli angeli che accolgono le Marie sono addirittura due. E infine sono gli angeli, anche se non citati direttamente, ad accompagnare Gesù in cielo nel momento dell’Ascensione, che Luca racconta così:

Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Tolosa, l’Ascensione nella Porta di Miegeville. Sotto, l’Ascensione a León (foto da romanicoaragones.com)

E gli artisti romanici non hanno dubbi che in quel giorno furono le schiere celesti a favorire l’ascesa del Signore tra le nubi: nel timpano della Porta di Miegeville, a Tolosa, gli angeli letteralmente sollevano il Cristo, e nella scena coeva scolpita nella Puerta del Perdón, a Léon, si prestano ad essere una vera e proprio scala per i suoi piedi.

Va detto, infine, che c’è un altro tempo in cui gli angeli saranno protagonisti di ciò che accade, almeno quanto lo furono nel periodo del Natale; e questo tempo è l’Apocalisse. E va sottolineato, allora, come proprio raccontando le vicende degli Ultimi Giorni, quando gli angeli dirigeranno la grande orchestra della Seconda Venuta, gli artisti romanici ci lasciano forse le più spettacolari rappresentazione dei soldati di Dio; che chiamano le anime dei morti, disputano per loro con i diavoli, sollevano i beati al Paradiso, combattono l’ultima battaglia guidati da Michele, o fermi in piedi rendono onore al trono dell’Altissimo. che torna a giudicare il mondo. Ma questa, ovviamente, è un’altra storia, apocalittica.

Le schiere angeliche combattono Satana, affresco di Civate

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

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5 pensieri su “Natale è anche un via vai di ali celesti

  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Una scelta accurata e affascinante dei capolavori che rappresentano gli Angeli nelle Sacre Scritture, una raccolta sintetica ma efficace per questo particolare tema iconografico. Autun, Civate e Castelseprio quelli che mi sono più cari, avendoli ammirati di recente.

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