Viso scavato, braccia dinoccolate: sono Juan, il maestro di Rebolledo

I “cercatori del romanico” provano un’emozione sottile quando vedono e sentono che le sculture di una chiesa, o di un chiostro, sono state realizzate dallo stesso artista, dalla stessa mano: l’uniformità, infatti, dà ordine, crea bellezza e aiuta la comprensione. Accade nella basilica di Saulieu e nell’abbazia di Mozac – per fare solo due esempi di luoghi ornati da capitelli dalla spettacolare coerenza artistica – e accade a Rebolledo de la Torre, in Castiglia: anche qui i capitelli dell’intero portico sono opera dello stesso scalpello, o al più della stessa bottega. Ma davanti alle sculture di Rebolledo – due capitelli nel portale, e altri tredici sotto il portico che, come accade spessissimo in questa terra, si estende sul lato sud della chiesa – si accende in chi osserva anche la fiammella che potremmo definire “dell’identificazione”: dopo averli ammirati e averne gustato il tratto particolarissimo, chiudiamo gli occhi e immaginiamo all’opera una sola persona, quasi ce ne figuriamo il volto, ne misuriamo la fatica, e infine “riconosciamo” questo scultore, che diventa una persona a noi nota: nella nostra fantasia, a Rebolledo de la Torre lo scultore ha il volto magro e segnato dei personaggi scolpiti sui capitelli, e non dimenticheremo più né lui, né l’avaro di cui ci narra il peccato, e poi la morte – a questo pezzo interessantissimo è dedicato un altro articolo -, né il suo Sansone dalla lunga chioma legata.

Incornicia i volti dei personaggi con capigliature particolari, lo scultore di Rebolledo. E regala loro tratti marcati e spigolosi, e spalle larghe; le barbe sono a ciuffi regolari; le braccia, troppo lunghe, sono disegnate e snodate in modo innaturale ma allo stesso tempo modernissimo: si guardi appunto l’avaro, mentre dialoga coi suoi sodali con le mani all’insù, quasi arrendendosi ai loro cattivi consigli; e si guardi, nel capitello purtroppo danneggiato della pesata delle anime, il gesto del demone che tira giù uno dei piatti della bilancia: chi altri nel medioevo romanico disegnò braccia tanto strane? E il centauro che scaglia un dardo verso un suo simile, non ha lo stesso braccio aperto “a V” del nostro vecchio avaro?

La pesata delle anime: a destra un demone con la testa di gallo

Sono così marcate le caratteristiche delle sue figure, che lo stile di questo scalpellino può dirsi inconfondibile. Sotto il portico d’ombra nella Castiglia assolata, ci ritroviamo così dinnanzi ad un’altra delle figure peculiari della scultura romanica, ad un altro maestro, cioè, i cui personaggi diventano una vera e propria firma, come quelli del “Cabestany”, con le loro teste dalla fronte sfuggente, o quelli del “maestro di San Juan de la Peña”, dai grandi occhi spalancati.

Lo scontro tra centauri

Si firma, questo scultore, in un’iscrizione complicata che celebra l’inizio del suo lavoro nel portico: dice di chiamarsi “Juan de Piasca”, cioè “Giovanni che viene da Piasca”. A dire il vero, nei portali e nei canecillos di Piasca, l’abbazia su in Cantabria, opera quasi in esclusiva un altro artista dallo stile diversissimo; così, per evitare equivoci, sarebbe meglio pensare al nostro Juan come al “maestro di Rebolledo”. Comunque lo si voglia chiamare, questo scultore mette in campo tutto quanto serve ad entrare nel profondo dei cuori: ha uno stile suo proprio e marcato; produce sculture di alto livello; occupa un luogo e lo riempie tutto con le sue opere; infine ci rivela il suo nome, anche se di sé racconta ben poco.

Fa un’altra cosa, il buon Juan, per accendere ulteriormente il nostro interesse: come se sapesse che ci esalta l’idea di riuscire a riconoscere un artista anche là dove non si firma, lascia tracce di sé, e ci illude di poterlo scoprire, anche in altri luoghi oltre a quello dove l’abbiamo appena incontrato.

Vallespinoso, san Pietro

C’è infatti chi, soprattutto guardando i suoi rilievi con fiori, mostri e animali, ha collegato Juan de Piasca e il suo atelier alle sculture di Silos e al “secondo maestro”, che completò il grande chiostro scolpendo la serie più tarda dei capitelli, ormai quasi gotici. Per Before Chartres, che del maestro di Rebolledo ammira soprattutto – lo abbiamo detto – il particolarissimo modo di trattare le figure umane, è stata una scoperta inattesa, invece, rivederne il tratto nei rilievi della piccola chiesa di Vallespinoso, nei pressi di Aguilar de Campóo. Che Juan de Piasca e i suoi allievi abbiano lavorato anche qui, nella deliziosa Santa Cecilia, non è documentato; ma gli occhi attenti, e innamorati della sua opera, ritrovano all’interno della chiesa un Sansone che è il gemello di quello scolpito a Rebolledo; e anche nel prezioso fregio all’esterno, il san Pietro con le chiavi ha braccia e gomiti che non possono non riportarci al portico in cui Juan de Piasca ha dato il meglio di sé.

Siamo, con queste sculture, nell’ultimo decennio del XII secolo – l’iscrizione cita l’anno 1224 dell’era ispanica, cioè il 1186 -. Meraviglia di un tempo di grande travaso, le arpie e i centauri e i demoni con la cresta che fanno splendido il portico, qui a Rebolledo de la Torre, sono in sostanza contemporanei degli apostoli elegantissimi e pieni di lirismo che maestro Mateo, a Compostela, mette a guardia del Portico della Gloria. E già sorgono e si concentrano su altre sfide, nell’Île-de-France, le prime cattedrali gotiche.

Il portico della chiesa di Rebolledo de la Torre

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Non ci sono i pezzi notevolissimi di Rebolledo, nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI

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Un’altra rassegna di capolavori: altri venti capitelli, tra i più belli scolpiti nel tempo romanico, sono raccolti in questo volumetto. Before Chartres li guarda e li racconta con la consueta curiosa attenzione, e con quell’entusiasmo che, di fronte a pezzi così eccezionali, è inevitabile: CAPITELLI ROMANICI, altri VENTI CAPOLAVORI.

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

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4 pensieri su “Viso scavato, braccia dinoccolate: sono Juan, il maestro di Rebolledo

  1. Magda Viero (da Fb):

    Un grande… grandissimo. Introdusse una nuova eleganza. Mentre in Italia talora si conoscono i nomi: Wigelmo, Antelami… Nella zona iberica sono chiamati i maestri di… Forse si tratta di maestranze collettive. Grazie mille delle belle spieghe!

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  2. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Affascinante narrazione dei capitelli e della loro particolare fattura, analizzando le possibile analogie riscontrate in altri siti.

    Un confronto che porta a “scoperte” fonte di profonda soddisfazione per lo storico dell’architettura, come quando si riesce a definire una datazione più precisa e rigorosa.

    Splendido articolo, ottime fotografie.

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