Il Cristo in Gloria che soffre a Botaya

Per vedere la più imponente rappresentazione del Cristo in Gloria circondato dal Tetramorfo occorre andare a Moissac; la stessa scena, cruciale in tutta l’arte romanica, torna cento e cento volte nei portali e nelle miniature, nei dipinti absidali e sulle copertine degli evangeliari; ma non per questo sorprende meno incontrarla a Botaya, modesto villaggio sperduto d’Aragona, scolpita in una lunetta così piccola che è quasi irrispettoso proporre un paragone.

La chiesa di San Esteban e, nel muro a sinistra, il rilievo (foto: romanicoaragones.com)

Là, nel grande portale dell’abbazia di Saint-Pierre, il Salvatore siede in trono, gigantesco, coronato e benedicente, e gli si stringono attorno i quattro Viventi e due altissimi angeli; qui, in questo villaggio di poche anime a metà strada tra Jaca e Agüero, la stessa scena viene riproposta in un semicerchio in pietra sdrucito, incastrato sul muro piatto di una chiesa dedicata a San Esteban e però irriconoscibile, sopra una porta tamponata alla bell’e meglio. L’Onnipotente di Moissac è un tripudio di magnificenza, e sta al centro: tutta la corte adorante – nella grande lunetta occitana agli angeli e ai Viventi si uniscono i ventiquattro Vegliardi – gira intorno a Lui; il Cristo di Botaya, invece, fatica un po’ a conquistarsi spazio, spinto all’insù dalla processione di apostoli che occupa la metà bassa della lunetta. E però siede in trono con eleganza, composto e autorevole.

La lunetta (foto: romanicoaragones.com)
Il Cristo (foto: romanicoaragones.com)

Anche nello spazio ridotto della piccola lunetta, l’insieme del Re della gloria e dei quattro Viventi è impaginato e scolpito, qui a Botaya, con grande maestria. Forse consapevole che non si poteva davvero ridurre questa rappresentazione cruciale alla metà alta del semicerchio, lo scultore fa in modo che la mandorla che circonda e annuncia il Salvatore si incunei al centro della fila sottostante degli apostoli. L’espediente gli permette di far entrare in scena un Cristo dalle proporzioni ben maggiori rispetto alle altre figure, il cui corpo glorioso sembra espandersi verso il basso, acquistando, nelle proporzioni, una dimensione quasi classica: se la testa del Cristo ha dimensioni non differenti da quelle degli apostoli, questi ultimi, per via di un corpo di gran lunga più piccolo, appaiano minuscoli e goffi al confronto del Salvatore.

Assai ben disegnato poi è il gruppo dei quattro Viventi: toro e leone, volti di spalle rispetto alla mandorla, si rigirano con la testa a guardare comunque il Signore; avvincente il modo con cui le zampe posteriori di entrambe le bestie alate accompagnano la parte inferiore della mandorla che si incunea verso il basso. Sono realizzate con sapienza anche le figure dell’angelo e dell’aquila nella parte alta della lunetta, e anche gli angeli ai lati, che pure si piegano costretti dalla curvatura del semicerchio, acquistano questa posa inclinata senza fatica e con grande naturalezza. Notevole, pur nella sua semplicità, i decoro che ravviva il profilo della mandorla, e che finisce per disegnare una bellissima conchiglia tra i piedi del Cristo. Pieno di fascino è il volto del Salvatore, che ha la semplicità e insieme il carattere franco di quelli di Moarves de Ojeda e di Sangüesa.

La lunetta sopra la porta tamponata (foto: romanicoaragones.com)

Ma ciò che più è notevole in questa scultura – e le foto realizzate da Garcìa Omedes per romanicoaragones.com contribuiscono ad evidenziarlo – è il modo con cui lo scultore riesce a realizzare un rilievo “a profondità differenziata”: non solo tutta la parte alta della lunetta sembra porsi in un piano più profondo rispetto a quella inferiore, che avanza quasi fosse un architrave a sé stante; ma poi anche nella scena superiore alcune parti – il toro e il leone in particolare – sembrano uscire dalla scena ben più di altre, tanto che, ad esempio, sia l’angelo del Tetramorfo che quelli ai lati sono come posti, pur nella loro bellezza, in un secondo piano. E’ proprio grazie a questo saper scolpire a livelli differenti di profondità che il Salvatore di Botaya ha una posa più realistica e credibile di quelli, ben più famosi, di Autun e Vézelay, costretti a disegnare angoli strani con le loro ginocchia; ed è proprio per questa sapiente scultura a livelli differenti che la scena della Seconda Venuta risulta leggibilissima in ogni sua parte anche se, in realtà, è come incassata sotto un profilo che la protegge e quasi la nasconde con la sua ombra.

Un dettaglio della lunetta (foto: Manuel Viñuales, elab.)

Anche se è ormai difficile coglierne molti dei tratti, la lunetta di Botaya è stata realizzata da una mano insieme sapiente e umile. Potesse confrontarsi con il gigantesco portale di Moissac, non ne invidierebbe né le dimensioni, né l’eleganza, né la notorietà, ma piuttosto il vasto portico che da mille anni offre riparo e protezione alla grande lunetta francese, mentre il Cristo in Gloria di Botaya, con i Viventi, e gli angeli e gli apostoli, pian piano si son dovuti arrendere al vento e al clima dell’Aragona, che nei loro confronti non hanno avuto, e non avranno, scrupolo alcuno.

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte, scolpite nella pietra o stese sull’intonaco a fresco, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

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3 pensieri su “Il Cristo in Gloria che soffre a Botaya

  1. Federica Santi (da Fb):

    Visto d’inverno con la neve alcuni anni fa e confermo che il clima in quella zona è inclemente: è caldo d’estate e freddo d’inverno. Eppure l’impressione è che a nessuno importi di questa scultura. Però se qualche turista arriva fino al villaggio di Botaya è solo per vederla.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Mi rammarico che tu non abbia scritto prima quest’ottimo post su Botanya, perché sicuramente avrei fatto una deviazione da Santa Cruz de los Seros per vederlo. Molto convincente infatti la tua puntuale descrizione di un’opera, che pur di ridotte dimensioni rispetto all’usuale, mostra una raffinata e originale composizione.
    Sicuramente ci andrò la prossima volta che torno in Aragona.

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