Cercatore romanico ormai vecchio, a lungo ho inseguito un capitello, tra i più emozionanti che ho visto nei miei viaggi, del quale però non mi era rimasto che un flebile ricordo. Saranno passati vent’anni… L’avevo trovato – è ancora là – nella splendida Ravello; ma non nel Duomo: accompagnato da non so più quale guida, sono dovuto salire – e dovrete farlo anche voi! – in alto fino al limitare del borgo; ed è lassù, ben lontano dalla costa verde e azzurra, che quel capitello, e gli occhi neri del piccolo toro scolpito, si sono impressi nei miei.
Davvero non so perché quel giorno avevo deciso, mentre il gruppo visitava una grande villa affacciata sul mare, di arrivare da solo fino alla chiesa di San Giovanni del Toro; ricordo un interno spoglio e diafano; ricordo un ambone sostenuto da quattro colonne… E ricordo che di fronte ad uno dei capitelli, uno in particolare, ho pensato che raramente ne avevo visti di più dolci, di più eleganti, di più delicati e vivi. Mi aveva colpito in particolare quel toro posto ad un angolo del capitello. E ciò che meglio ricordavo, o pensavo di ricordare, è che negli occhi aveva, incastonate, delle piccole gemme scure.
Non ho preso foto, durante quella inattesa e brevissima visita in San Giovanni del Toro; e però mi è capitato di ripensare a quella chiesa, e a quell’incontro, per molti e molti anni; così tanti che cominciavo a considerare visita, chiesa e capitello come memorie inaffidabili.
Poco tempo fa avevo ritrovato in un libro, nel volume dedicato alla Campania nella collana romanica di Jaca Book, qualche pagina dedicata a quella chiesa e a quel pulpito. E con grande sorpresa mi era sembrato di riconoscere, nell’unica foto a corredo, proprio quel capitello incantato: “Una menzione a parte – scrive Valentino Pace, riferendosi proprio al rilievo che avevo a lungo inseguito – merita almeno uno dei due capitelli composti, quello vicino alla colonna, che, per le sue elegantissime forme, segna un grado di mimesi classicista…”. Non ero certo che si trattasse del capolavoro che cercavo: nella foto pubblicata a piena pagina, tra le foglie d’acanto inclinate e aperte spuntavano un uomo nudo e barbuto e una civetta con la preda nel becco, entrambi con pietre scure a far da pupille; e poi però mi è parso di riconoscere, all’angolo, le terga del toro che cercavo da tanti anni.
Poi le amicizie – e a volte anche la tecnologia e i social – giungono a dare una mano: ed ecco allora che da un’amica appassionata e colta arrivano alcune foto che mi riportano finalmente a Ravello, e mi permettono di riannodare il filo dei ricordi: le foglie si piegano al vento, su quel pezzo scolpito poco prima del Duecento e dal respiro ancora pienamente romanico; appoggiati ad esse, come in una cavalcata sulle nuvole, fanno il loro girotondo figure umane, una civetta, uccelli affrontati, un leone senza criniera… e quel toro con gli occhi nero pece che non avevo dimenticato, intento a brucare dell’acanto di cui è circondato, rampante quasi, e pieno davvero di una speciale eleganza.
Non resta che ritornare di persona a Ravello, per un duplice viaggio all’indietro: per rivivere un incontro fortunoso di un paio di decenni fa, ma anche per ritrovare, in una scultura di grandissima qualità, l’arte leggera e intensa dell’ultimo scorcio del tempo romanico.
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La chiesa di San Giovanni del Toro, posta al limitare della cittadina di Ravello, è coeva alla cattedrale, e data quindi al tardo XII secolo; lo certifica secondo il Toesca proprio lo stile dei capitelli delle colonne e del prezioso pulpito, unici elementi particolari in una chiesa dagli interni semplici. A tre navate, divise tra loro da colonne e capitelli di pregevole fattura che reggono con archi acuti, è coperta a capriate nella navata centrale, mentre le navatelle presentano volte a crociera. L’ambone, il solo elemento di arredo sopravvissuto, risalta al termine della navata centrale. Sono quattro le colonne che ne reggono la parte pensile e quattro i capitelli, di cui due particolarmente ricchi ed eleganti.
La facciata della chiesa ha perso molto della strutturazione originale. È più bella la parte absidale, che per la struttura e gli intarsi richiama, pur nella sua semplicità, le grandi absidi romanico-normanne di Palermo, Monreale e Cefalù.
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Non c’è, questo pezzo notevolissimo, nel volumetto sui capitelli medievali che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: “DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI”
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Un capitello struggente, come altri che hai saputo appassionatamente in questo tuo prezioso blog e nel piccolo pregevole libro in cui ne hai faticosamente scelti dodici tra oltre cento e cento… Un pensiero alla cara Barbara, che ti ha fornito due stupende fotografie.
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Anna Melorio (da Fb):
Le chiese di Ravello valgono anche più di una visita attenta, per godere dei veri gioielli scultorei ed architettonici che contengono. S. Giovanni del Toro, poi, è la mia preferita, anche per il suo aristocratico isolamento….
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