E allora parliamo del Duomo di Piacenza, che qualcuno definisce la più bella delle cattedrali della via Emilia. E diciamo, invece, che questa grande chiesa sta lì, come sospesa, nata romanica e cresciuta quasi gotica, e come porti in particolare nelle sue immense colonne-pilastro i segni del passaggio da un’epoca all’altra, da uno stile all’altro.
Il confronto, inevitabile, è con la vicina cattedrale di Parma, simile per molti aspetti, eppure lontana negli esiti, e quindi in grado di evidenziare, a contrario, la “novità” del Duomo di Piacenza. In entrambe le città il cantiere per la costruzione della chiesa madre si aprì nel XII secolo iniziato da poco, o comunque fu il terremoto del 1117 a segnare un passaggio cruciale, a costringere, a dare il là alla (ri-)costruzione di queste due nuove chiese urbane, come peraltro accadde a Modena, e a Nonantola, per restare nella stessa area padana. Le facciate delle cattedrali di Piacenza e Parma poi, si somigliano non poco; e però qui a Piacenza il grande rosone che si colloca in alto al centro della navata è il primo segno di un nuovo modo di intendere il rapporto tra lo spazio sacro, la sua “faccia”, la luce che lo deve riempire. Il protiro che a Parma orna il solo portale centrale, a Piacenza si replica anche sui due portali laterali: il protiro complesso è un’invenzione tardo romanica, ed è significativo che a Piacenza diventi così imprescindibile da essere ripetuto su ogni ingresso. Ancora più in alto, colpisce un dettaglio, minimo: nel saliscendi delle loggette che segnano il bordo alto della facciata di Piacenza, tre porte – una al vertice, le altre in corrispondenza delle due grandi colonne – si aprono sul vuoto che sta dietro questa parte sopraelevata della facciata, che è più alta del corpo longitudinale della chiesa. L’artificio di una facciata “presuntuosa”, che bara un po’ e non corrisponde alla reale altezza della chiesa – artificio che nel medioevo successivo sarà usato con ben altra sfrontatezza! – si svela forse per la prima volta proprio a Piacenza, per via di questa tre aperture.


Si può dire allora che, a fronte di una facciata in tutto romanica, quella di Parma, qui a Piacenza si può parlare di un fronte diviso in due: romanica la parte bassa, con i portali laterali impreziositi dagli architravi di Wiligelmo (o dei suoi allievi) e di Niccolò – su cui sarà necessario ritornare con un altro articolo -; già nuova invece nello spirito la parte alta. E il passaggio è segnato fortemente anche dai diversi materiali utilizzati per questa facciata: marmo rosa nella parte bassa, arenaria più grigia nella metà superiore.
È un primo segno della vicenda costruttiva articolata in due fasi almeno: la prima collocata da una iscrizione a partire dal 1122; la seconda invece avviata dopo la pace di Legnano, nel 1176, quando al progetto si aggiunge il portentoso transetto, e il cantiere si riavvia utilizzando appunto un linguaggio almeno in parte nuovo, e quasi già gotico.
La tensione tra una parte “inferiore” romanica e una parte “superiore” nuova si registra anche all’interno: sopra ciclopici pilastri circolari, rispettosi del piano originario, si stagliano volte a crociera, addirittura esapartite, che sono state costruite nella fase avanzata del cantiere, nel Duecento inoltrato. E così, nonostante i restauri che, alla fine dell’Ottocento, hanno restituito alla chiesa la sua linearità medievale, eliminando tutte le aggiunte e le modifiche dei secoli successivi, l’interno del Duomo di Piacenza è sobrio sì, ma tradisce comunque quasi una doppia anima, la seconda delle quali “gotica”, e quindi “moderna”.
Per paradosso, si potrebbe affermare che questa cattedrale piacentina può essere paragonata a quella di Chartres, più che alle sorelle romaniche dell’Emilia-Romagna. Perché anche a Piacenza tutto cambia nel corso dei cent’anni in cui si svolge la costruzione. E perché anche a Piacenza la nuova cattedrale nasce strettamente legata ai nuovi interessi, “laici”, commerciali, politici, di una città in cui cambia proprio in quel secolo, la leadership civica, con la nascita del Comune. Come sottolinea Sergio Stocchi:
Il Duomo è il Comune sono quindi coevi, e non è forse inesatto affermare che il Duomo sia stato eretto a spese del Comune, monumento civico e religioso assieme (…). È anche possibile che per un certo periodo vi siano state due cattedrali distinte e quasi rivali: quella del Vescovo, con sede ancora nella vecchia Sant’Antonino e quella del Comune nel Duomo nuovo…
“È certo che alla costruzione del Duomo nuovo – scrive ancora Stocchi – parteciparono finanziariamente le maggiori corporazioni artigiane, come vedremo dalle formelle murate all’interno del tempio, una su ciascuna colonna”. Ecco che allora anche quelle famose formelle, ciascuna delle quali ritrae un laico al lavoro e celebra con la sua iscrizione una particolare corporazione – “HAEC EST COLUMNA CERDOMUM”, “HAEC EST COLUMNA PELLIPARIORUM”, “…COLUMNA FORNARIORUM”, “…COLUMNA CORDOANNERIORUM” – sono ben altre che un curioso e pittoresco divertimento decorativo; e vanno viste piuttosto come il segno di una più nuova e moderna partecipazione del laicato e del mondo civico alla vita religiosa. Sulle possenti colonne, le piccole formelle scolpite testimoniano di un vero e proprio trapasso epocale. Sono il segno del nuovo che avanza, che apre a nuove prospettive di progresso e modernità, dopo i secoli romanici, in cui tutto, anche l’architettura e la scultura, era volto all’attesa della fine.


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Non solo Piacenza: nella vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.
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Stefano Rovellini (da Fb):
Da qualche anno hanno reso possibile la visita guidata alla cupola ed agli affreschi del Guercino che la decorano. Il percorso permette di salire alla parte alta della facciata, di affacciarsi alla finestra a croce che la sovrasta e di godere di splendide prospettive dell’imponente interno. da non perdere!
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Barbara Casciu (da Fb):
Magnifico articolo: come sempre Before Chartres evidenzia ed analizza con grande acume “dettagli” architettonici e scultorei guidando ad una profonda comprensione degli stessi!
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Francesco Stoppelli (da Fb):
Ricordiamo anche per onestà intellettuale che gli interni della Cattedrale di Piacenza sono un clamoroso falso storico, ricostruiti arbitrariamente ad inizio ‘900, distruggendo l’apparato pittorico e decorativo cinquecentesco.
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Nell’articolo si dice del restauro di fine Ottocento. Fu arbitrario? Di certo fu radicale: “finì per rivolgersi spietatamente – scrive Sergio Stocchi – contro tutte le aggiunte barocche” 🙂
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Domenico Lavena (da Fb):
Si in effetti rispetto a una cattedrale come quella di Parma ha un qualcosa di diverso, più goticheggiante… Sarà questo che mi fa dire che è una delle mie cattedrali preferite in stile romanico. Comunque io non parlerei di presunzione nella facciata, piuttosto come un ampliamento del modello di Parma, che comunque, nella parte superiore si presenta ben più sobrio a Piacenza.
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Maurizio Calcani (da Fb):
Ottime riflessioni ed a questo punto, sto meditando una piccola deviazione sul ritorno, per potere andare ad osservarla dal vivo…
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Giuliana Nascimben (da Fb):
Bella la sottolineatura da voi fatta da uno stile all’altro… Grazie! ❤️
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Seguo il sito della Cattedrale ed hanno splendide iniziative, tra cui visite guidate alla cupola affrescata dl Guercino e altro, nonché brevi corsi e conferenze in FAD sui monumenti di Piacenza e del piacentino.
Come sempre un post accurato.
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