Se c’è un fiore, è il mese di aprile; se c’è un cavaliere, non c’è dubbio che sia maggio; se c’è un contadino che vendemmia, allora è il mese di settembre: queste tre simbologie sono quasi indiscutibili, nei cicli dei mesi del tempo romanico. Poi, per le rappresentazioni delle attività dell’uomo negli altri mesi dell’anno, è più complicato stabilire una regola precisa: mutano, infatti, le attività del contadino a seconda delle culture e delle latitudini… E però un aiuto viene dal ciclo dei mesi di Aosta: realizzato a mosaico, con tratti popolari e colori vivi, questo grande e bellissimo calendario pavimentale ha anche il pregio di proporsi un po’ come un canone; ci aiuta insomma a memorizzare “la regola”, il collegamento più comune tra il mese dell’anno e l’attività dell’uomo, nonostante esistano – e lo vedremo – una serie di eccezioni.
E’ posto al centro del presbiterio, il grande cerchio dei mesi di Aosta. Datato alla fine del XII secolo, occupa un rettangolo di sei metri per cinque proprio dietro l’altare della cattedrale di Santa Maria Assunta. Intorno alla figura dell’Anno, che tiene in mano il sole e la luna, e che l’aureola associa al Cristo signore del tempo, ruotano in dodici cerchi minori le dodici figure dei mesi. Sono realizzate con sapiente equilibrio, e in ciascuna di esse “la vivacità cromatica – scrive Sandro Chierici – fa parte di un gusto realistico immediato, concreto, che porta ad un linguaggio espressivo essenziale, fatto di pochi e ben riconoscibili elementi”.
Gennaio è rappresentato – qui e molto spesso nei cicli romanici – con le fattezze di Giano, la divinità romanica con due volti, il dio dei passaggi e delle porte, degli inizi e degli ingressi. Ai suoi lati stanno appunto due porte, una chiusa e una aperta, la via vecchia e quella nuova. IANO, il cui nome è scritto nel tondo, dà il nome a “Ianuarius”; e il legame è così forte che questo è l’unico mese che qui ad Aosta – ma anche a Bobbio, nel battistero e nel protiro del Duomo di Parma, nel ciclo dei mesi di León, nella Porta dei Mesi di Ferrara… – non è rappresentato da un personaggio reale intento a qualche faccenda. Gennaio, nel medioevo romanico, è Giano. Eccezioni a questa regola? Nel “calendario” della Porta della Pescheria a Modena Gennaio è un uomo intento forse a costruirsi le scarpe; a Venezia, nell’arcone duecentesco di San Marco, è un contadino che porta una fascina di legna… Ma Gennaio, per il tempo romanico, è Giano: lo garantisce il ciclo di Aosta.

Un cerchio più in là viene Febbraio: ad Aosta nel tondo in cui è scritto FEBRUARIUS sta la più classica delle rappresentazioni di questo mese, e cioè un contadino – qui nella cattedrale per la verità è una donna – che si sottrae ai rigori del mese più freddo stando seduto davanti alle fiamme vive del focolaio domestico. Febbraio, dunque, si scalda al fuoco: la teoria dei mesi di Aosta fa la stessa scelta dei cicli di León, di Venezia, di Modena. Per la verità, altrove a febbraio accade un po’ di tutto: nel Duomo di Parma Febbraio è un pescatore, nel vicino battistero zappa la terra, così come a Ferrara, mentre a Bobbio prepara i pali per la vigna; e va detto che nel pavimento musivo di Otranto è Gennaio a scaldarsi al fuoco… Ma il canone è quello di Aosta: Febbraio si scalda al fuoco.
Marzo è forse il mese più “ambiguo”. Nei cicli medievali due rappresentazioni si contendono la supremazia: a Ferrara, Piacenza e Bobbio, Marzo è infatti un uomo che suona il corno – e a Venezia Marzo è Marte, dio della guerra -; ma ad Aosta si sceglie l’altra rappresentazione, più in linea con la teoria dei lavori agresti dei mesi, e MARCIUS è un contadino che pota la vigna con un coltello a lama corta, ben coperto dai suoi abiti ancora invernali; anche a León e a Modena, come ad Aosta, Marzo è rappresentato mentre pota le viti; il terzo mese dell’anno richiama così l’ottavo e il nono, cioè Agosto e Settembre, che parleranno di vendemmia.

Invece per Aprile non c’è dubbio: l’APRILIS di Aosta è un giovane che, riconquistata la primavera, apre le braccia e mostra due fiori appena colti, mentre in una cesta cinguettano due uccellini. I fiori identificano Aprile qui in Santa Maria Assunta, ma anche in quasi tutti i cicli dei mesi del tempo romanico. Solo un alternativa è concessa al binomio Aprile-fiori: ad Otranto e a Venezia il giovane nei prati fioriti diventa un giovane pastore con il suo gregge. Sempre un giovane all’aperto, a godersi le settimane in cui il sole torna a scaldare finalmente la terra.
Anche la rappresentazione del mese di Maggio vede tutti concordi: MAIUS è il mese in cui i cavalli – dei signori, dei soldati, dei cacciatori – hanno di nuovo erba a disposizione e tornano perciò a dominare il paesaggio. Ad Aosta il mese di Maggio è rappresentato da un nobile sorridente sul suo cavallo grigio; e da León a Parma e a Piacenza e a Bobbio una scena equestre si ripete, a maggio, senza soluzione di continuità; stupisce il ciclo dei mesi di Venezia, unico a proporre un giovane incoronato (il “re di Maggio”?) al posto del cavaliere e del suo destriero.

Giugno, Luglio e Agosto sono rappresentati ad Aosta da un contadino che lavora nei campi: a giugno falcia i prati verdi, a luglio miete il frumento, ad agosto batte il grano per ricavarne i chicchi e mettere al sicuro il raccolto nel granaio. Nella lunga stagione estiva i contadini in realtà compiono una serie complessa di attività all’aperto, e nei cicli dei mesi queste attività non sono sempre chiaramente rappresentate e facilmente identificabili; il calendario di Aosta però ci aiuta con precisione – e continua a costituire un canone, aiutandoci ad interpretare le stesse scene negli altri cicli medievali – almeno per i mesi di IUNIUS, dove è evidente che il contadino sta falciando erba verde, e per il mese di IULIUS, quando invece miete il giallo frumento. Per Agosto, invece, il mosaico di Santa Maria Assunta ha uno scatto di originalità: l’AUGUSTUS di Aosta si distacca dalla stragrande maggioranza delle altre teorie dei lavori agresti, che in questo mese collocano la preparazione delle botti, per scegliere, come abbiamo detto, la battitura delle spighe raccolte. Per inciso, anche a Venezia Agosto non si dedica alle botti ma… riposa nel caldo estivo.
Settembre è l’ultimo mese rappresentato in modo perfettamente uniforme: qui ad Aosta SEPTENBER pigia l’uva dentro il tino, dedicandosi all’atto conclusivo della vendemmia, rappresentato anche nella Porta della Pescheria di Modena e nel pavimento di Otranto; altrove questo mese è dedicato, comunque, alla raccolta dei grappoli, o appunto alla loro pigiatura per ricavarne il vino che dovrà bastare per tutto l’anno. Ad Aosta, come dovunque, Settembre è la vendemmia.
Il mese di Ottobre è rappresentato, ad Aosta, dalla semina: OCTOBER è un contadino che porta in grembo il seme, e si appresta a spargerlo nei campi, ingravidando quella terra che poi, quando tornerà la bella stagione, gli restituirà il raccolto. Anche nel battistero di Parma, così come a Bobbio, Ottobre sparge il seme nei campi; ad Otranto rivolta la sua terra con l’aratro, preparandola appunto a ricevere i chicchi che diventeranno spighe. E allora, se a Modena e nel protiro di Parma proseguono invece i lavori connessi alla vendemmia, e si travasa o si assaggia il vino, ad Aosta e in tutto il tempo romanico Ottobre è il contadino che ara e semina.

Chiudono la teoria dei mesi di Aosta, come altrove, due attività che, associate ai mesi di Novembre e Dicembre, sono la necessaria preparazione al lungo tempo invernale. NOVENBER cammina infatti verso casa con una fascina di rami secchi sulla schiena, perché da lì in poi il tempo da passare davanti al fuoco sarà lungo, e la scorta di legna da ardere è indispensabile; DECENBER a modo suo fa anch’egli provviste per l’inverno: uccide il maiale, garantendo per sé e per i familiari la scorta di carne che dovrà durare per tutto l’inverno, e magari allietare la cena dei giorni di festa intorno al Natale che si avvicina. Legna e maiale, anche se con una strana alternanza, contraddistinguono gli ultimi due mesi dell’anno in molti dei cicli medievali: anche a Venezia e a Bobbio Dicembre macella il porco, a cui si aggiunge un bel cinghiale nel pavimento di Otranto. A León e nel Duomo di Parma, invece, questa attività è legata al mese di Novembre. Nell’area emiliana, Dicembre è rappresentato dalla raccolta della legna secca, che rispetto ad Aosta è quindi posticipata di un mese.
Se c’è un fiore, è il mese di aprile; se c’è un cavaliere, è maggio senza dubbio; se si vendemmia, allora è settembre, e fin qui lo mandiamo a memoria: per il resto, il manuale perfetto per ricordarsi i lavori dei mesi si trova ad Aosta, in cattedrale, ed è uno splendido pavimento a mosaico.

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Luca Giordani (da Fb):
Questo mosaico è piuttosto tardo, alcuni lo datano addirittura al XIII secolo, prenderlo a modello per i calendari romanici mi pare azzardato, non lo considererei nemmeno un sunto delle serie dei mesi, che sono uno dei temi più diffusi sia nel pieno che nel tardo romanico.
E’ comunque vero che i temi che si trovano ad Aosta sono fra i più ricorrenti e fra tutti quelli superstiti è certamente uno dei pochi rimasti intatti.
Ci sono alcuni aspetti strani a mio avviso:
1 – i mesi sono nel presbiterio, come nel San Michele di Pavia, essendo la zona interdetta ai fedeli mi sono sempre chiesto a chi fosse rivolto.
2 – mi lascia sempre perplesso l’accostare il Tempo o l’Anno a “Cristo signore del tempo”, in primo luogo perché è un pavimento e quindi sarebbe irrispettoso calpestare l’immagine di Cristo, ma soprattutto per il fatto che l’Anno e il Tempo sono Creature e quindi destinate a finire, mentre Cristo è Creatore quindi infinito per la fede cristiana.
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Non l’ho affatto preso come un modello, Luca. Semplicemente ho notato, confrontando i cicli più noti, che accoglie (quasi) sempre, per ognuno dei dodici mesi, la rappresentazione più diffusa. E per questo, più che un modello, costituisce una sorta di “canone” relativamente all’associazione mese-lavoro agricolo. Per il resto, grazie delle tue sollecitazioni, sempre interessanti.
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Francesco Scarpa (da Fb):
Lo stato di conservazione di questo pavimento è stupefacente. Colori vivi, disegni chiari e si può così leggere tutto con facilità. Un vantaggio rispetto ad altri cicli che sono più rovinati, come ad esempio quello di Piacenza.
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