La visita alla “cripta di Epifanio”, minuscolo e arcaico ipogeo affrescato, è un’esperienza decisamente elitaria, tra le più particolari e stranianti che possa affrontare chi ama l’arte medievale. Per secoli celata a tutti, piccolo scrigno sotterraneo in un monastero gigantesco ma distrutto, la cripta è nota a pochi appassionati; non è facile accedervi, e comprendere il senso delle sue pitture è forse ancor più difficile che fotografarle.
Occorre innanzitutto decidersi ad andare nel cuore del Molise, vincendo le sirene che chiamano dal vicino ricchissimo Abruzzo, o dalla Puglia, terre piene di meraviglie romaniche. E poi si deve cercare la cripta dentro l’area archeologica di San Vincenzo a Volturno, dove su uno sterminato declivio, di quello che fu uno dei più potenti monasteri dell’Occidente – Before Chartres ne ha già scritto in quest’altro articolo – restano solo rovine, dimenticate per secoli. Per secoli, è stata persa, coperta di terra e di vegetazione, interrata per metà, e quindi sconosciuta a tutti, anche la “cripta di Epifanio”: la riscoprì un pastore che, colto dal maltempo nei suoi pascoli, si infilò per ripararsi in quello che credeva essere un anfratto naturale. Molte altre volte, per lunghi anni, il sacello prezioso fu usato dai contadini come riparo, finché la storia dell’arte non decise di riprendersi la cripta e i suoi affreschi.
Paradossalmente, dopo che per decenni la gente del posto ha usato la cripta come rifugio nei temporali, per ore e magari con un fuoco acceso per scaldarsi, oggi che il sacello è restaurato e restituito alla fruizione possono entrare solo – ci dicono – diciannove persone in una giornata, e solo in un giorno alla settimana, e solo per pochissimi minuti; assolutamente vietato è scattare fotografie. Esperienza elitaria, si diceva: occorre infatti prenotare per tempo, perché gli ingressi sono contingentati; occorre sapere che le visite sono possibili solo la domenica mattina, e che si entra accompagnati da una delle guide volontarie. E così, mentre si attende con gli altri pochi eletti davanti alla piccola porta sbarrata, con i custodi che spuntano i nomi sui loro quaderni, è inevitabile incrociare gli sguardi e le domande degli altri visitatori del complesso archeologico: “Ah, qui c’è la cripta affrescata, vero? E come si fa a visitarla?”. E però entra solo chi – come le vergini sagge della parabola – è stato sveglio tutta la notte, e previdente assai.

Le guide illustrano le meraviglie del sacello dipinto prima di iniziare la visita. Coloro che hanno il privilegio di poter poi entrare, ascoltano raccolti in quella che era la navata di una chiesa – ora poco più che un pavimento consunto, basi di colonne, fondamenta e mura rase al suolo -. Le guide mostrano foto delle pitture che stanno sotto, nel sacello, perché poi entreranno, con due visitatori per volta, che potranno trattenersi nella cripta pochi minuti. Quanto alla storia del luogo, restano nella mente due nomi: il primo è quello dell’abate Epifanio, che resse l’imponente e ricchissimo monastero di San Vincenzo al Volturno nella prima metà del IX secolo, che volle la cripta e la fece affrescare, e che vi si fece ritrarre ancora da vivo, e che proprio nella cripta ha trovato sepoltura: sappiamo dal nimbo quadrato di Epifanio che anche gli affreschi possono essere riferiti con certezza al IX secolo. Il secondo nome che si impara in piedi davanti alla porta del sacello, è quello di Ambrogio Autperto: fu uno degli intellettuali della corte di Carlo Magno, spiegano le guide, e fu inviato da Aquisgrana al monastero di San Vincenzo, per controllarlo, da re Carlo in persona; fu teologo di fama eccelsa – quando morì nel monastero, il Papa in persona scrisse a Carlo Magno per dargli la funesta notizia – e per dirla in breve fu il primo grande teologo mariano della chiesa d’Occidente, oltre che appassionato studioso dell’Apocalisse. Si dice che i dipinti della cripta in cui si mischiano temi apocalittici, mariologici e cristologici, siano direttamente ispirati proprio ai testi teologici di Ambrogio Autperto.



Poi la porta si apre, e si può scendere nello spazio seminterrato. Una sola finestrella – quella da cui entrò il pastore – mette in comunicazione la sala, sottile e angusta come un corridoio, con l’esterno: entra da qui la luce, quella reale e anche quella divina, rappresentata da una mano stesa e dai fasci di colori come raggi che si prolungano lungo la volta; un’altra finestra guarda su, verso quello che era l’interno della chiesa.
Gli affreschi sulle pareti costituiscono uno dei cicli più importanti della pittura altomedievale europea: si incontrano a distanza ravvicinata una schiera di vergini martiri, e poi scene della vita di Gesù: l’Annunciazione, la Gravidanza di Maria, la Natività, il bagno del Bimbo nato, la Crocifissione, le Pie Donne al Sepolcro. Secondo i dettami di Ambrogio Autperto, una Maria in trono che pare essere la prima rappresentazione dell’Assunzione della Madre di Cristo, presiede e sovrasta una schiera di Arcangeli, al centro della quale sta lo stesso Salvatore in forma angelica. Sul soffitto, il Cristo in gloria… Chiudono il repertorio due scene di martirio: “Due grandi riquadri – spiegano le didascalie del sito all’esterno – delimitati da un’architettura a colonne, costituiscono la scena dei supplizi di Lorenzo e Stefano, protomartiri delle chiese d’Oriente e d’Occidente”.


La visita richiederebbe molto più tempo rispetto a quello concesso al visitatore – che pure sente di essere un privilegiato – e non è possibile scattare fotografie. E dopo la visita, faticosa quanto appassionante, e risaliti all’esterno, comincia l’altrettanto arduo percorso per interpretare il progetto iconografico e il senso degli affreschi: se ne trova una colta e completa illustrazione negli studi di Franco Valente – da cui sono prese anche alcune delle immagini di questa pagina -. Anche così la “cripta di Epifanio” compie la sua selezione: pochi sono invitati alla specialissima e sotterranea lezione di teologia, e solo ad alcuni, tra i pochi, è riservato il piacere di comprenderne appieno l’insegnamento.
.
Ci sono almeno altri dodici cicli di affreschi altrettanto interessanti, in giro per l’Europa, e Before Chartres li ha scelti e li racconta in un volumetto prezioso. Si intitola AFFRESCHI ROMANICI, DODICI CICLI imperdibili, e propone, in un itinerario ragionato, il meglio delle pittura romanica in Europa secondo gli appunti di viaggio di questo blog.
.
L’itinerario attraverso le dodici absidi affrescate più belle del romanico è raccontato, a partire dagli appunti di Before Chartres, in un nuovo bellissimo volumetto: si intitola DODICI meravigliose ABSIDI ROMANICHE, è tutto a colori, ed è un vero e proprio viaggio nelle meraviglie artistiche del tempo medievale.
.
Paola Saturni (da Fb):
Interessantissima è tutta l’area dell’antichissimo monastero. Un posto poco noto ai più che però meriterebbe più interesse.
"Mi piace""Mi piace"
Luca Messi (da Fb):
Vanno fatti però i complimenti alle guide che aprono e accompagnano, perché sono veramente brave e preparate. Rigide con chi non ha prenotato, giustamente.
"Mi piace""Mi piace"
Giuseppe Clerici (da Fb):
Mi permetto di rettificare l’articolo dicendo che la cripta è visibile, sempre ad ingressi contingentati giornalieri (per motivi conservativi), sempre dietro prenotazione obbligatoria e con visita guidata, ma dal martedì alla domenica, sia la mattina che il pomeriggio, negli orari di apertura dell’intero sito.
"Mi piace""Mi piace"
Benissimo, se è vero. A quando risale questa informazione, Giuseppe? Due mesi fa, in piena stagione turistica, era possibile accedere solo la domenica…
"Mi piace""Mi piace"
Giuseppe Clerici (da Fb):
Sono Afav del MIC e lavoro proprio in quel sito. Dal 15 settembre scorso le modalità di visita sono queste.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Un luogo che ho visitato varie volte, nelle mie ricorrenti frequentazione in Alto Molise, terra di mio suocero, senza avere mai la fortuna e possibilità di accedere alla Cripta di Epifanio. Alcuni anni fa, credo nel 2018, la penultima volta che sono stato in regione, avevo contattato la Soprintendenza di Campobasso che mi aveva gentilmente indirizzato all’Abbazia di Montecassino, proprietaria del sito, anche per l’autorizzazione a fotografare.
In quindici giorni purtroppo non ho avuto mai risposta.
Sarei dovuto tornare quest’anno, già d’accordo con l’arch. Franco Valente, ma ho dovuto rimandare per altri impegni.
Al di là di queste disavventure, conto di tornare l’anno prossimo.
E’ certo un luogo imprescindibile, per la conoscenza della cultura artistica e della pittura altomedievale, sede di una delle più importanti abbazie dell’Italia Meridionale, prima dell’anno Mille. Una fortuna che si sia così ben conservata nonostante le distruzioni dei Saraceni, dell’uomo e del tempo.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie per questa preziosa segnalazione.
"Mi piace""Mi piace"