Echi dell’arte di Tintoretto e Picasso nel grande ciclo che stava a Bagüés

Stavano in una chiesa, ovviamente, gli affreschi di Bagüés. E la chiesa, non grande, dedicata ai santi martiri Giuliano e Basilissa, stava su una collina isolata, poco distante da Bagüés, appunto, cittadina aragonese. La chiesa era abbandonata, e ridotta a magazzino e ricovero agricolo; degli affreschi – è una storia purtroppo già sentita – nessuno si curava da secoli. Negli anni Sessanta le pitture furono riscoperte e, per garantirne la conservazione, furono “strappate” e ricollocate, previo puntuale restauro, in una vasta sala, nel Museo diocesano di Jaca.

Storia già sentita: in Spagna molti altri cicli pittorici romanici – gli affreschi di Tahull, quelli di Maderuelo, l’abside di Ruesta, finita anche questa a Jaca, per citarne solo alcuni – sono stati staccati e trasferiti in un museo, laddove le autorità locali ritenevano di non poter garantire la conservazione in loco, e cioè quasi ovunque. Ma  quello di Bagüés è davvero un ciclo di affreschi di dimensioni eccezionali; e per ricollocare a Jaca questa che è una vera e propria Bibbia dipinta – narra infatti molti episodi dalla creazione all’ascensione di Gesù al cielo – si è dovuto costruire una grande sala, con la stessa forma e le stesse dimensioni della navata della chiesa che li ospitava.

Il risultato non è entusiasmante: anche se l’allestimento è molto curato, è andata persa quasi del tutto l’emozione che i dipinti dovevano regalare quand’erano in chiesa; l’illuminazione poi, non certo fortunata, produce in ogni punto dell’opera dei riflessi fastidiosi, che diventano ancora più deleteri quando si prova a fotografare. Questa difficoltà nella fruizione del complesso pittorico nel suo insieme, e poi anche un certo manierismo che – perché non ammetterlo? – pervade il ciclo nella maggioranza degli episodi affrescati, ci porta a concentrarci su alcune scene particolarmente interessanti.

La vasta scena della Crocifissione

La prima occupa tutta l’ampia fascia che, nel giro dell’abside, narra gli eventi intorno alla crocifissione di Gesù. Le strane croci dei due ladroni, così diverse da quella di Gesù, sono diventate uno degli elementi distintivi, uno dei marchi di fabbrica delle pitture di Bagüés. Ma a sorprendere davvero, dovrebbe essere invece quel Gesù che entra in scena camminando dietro al “cireneo” che gli porta la croce. Dice il Vangelo di Marco che

…costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio.

Però la pittura romanica ha quasi sempre ignorato questo episodio della Via Crucis, che quindi attira, qui a Bagüés, la nostra attenzione. E va ricordato che nell’arte romanica, rare sono anche le rappresentazioni della Crocifissione – sappiamo bene che più spesso, anche in Spagna, si narra del discendimento, cioè della deposizione dalla croce – mentre qui la scena del Gòlgota fotografa proprio il supplizio, e lo fa con ampiezza inusuale, che richiama addirittura il Rinascimento, anche per la presenza contemporanea delle tre croci e dei molti personaggi che interagiscono con Gesù e i ladroni appesi.

La cattura di Gesù nell’orto dei Getsemani

In uno degli altri episodi, anche questo molto noto e fotografato, un volto in particolare esce con grande energia, e spicca dentro al racconto complessivo, un po’ troppo uniforme: siamo nella scena che narra la cattura di Gesù nell’Orto degli Ulivi, e il volto è quello di Malco, il servo del sommo sacerdote, a cui l’apostolo Pietro, proprio mentre Giuda bacia il Maestro, sta per tagliare un orecchio. Se guardando la Crocifissione di Bagüés, quindi, si è tentati di evocare il Tintoretto, davanti al profilo urlante di Malco già qualche commentatore, tra cui Belén Luque, direttrice del Museo, ha avanzato confronti con l’arte contemporanea, e addirittura con Picasso.

Lazzaro risorge dalla tomba
Un frammento: di nuovo volti sovrapposti

Molti degli altri riquadri non hanno lo stesso vigore. Poiché siamo di fronte ad un lavoro complessivo davvero vasto, si può comprendere anche la difficoltà del frescante, e si possono giustificare anche le scene più piatte e i passaggi… di maniera.

E si spiega con la stessa giustificazione – qui nella chiesa dei Santi Giuliano e Basilissa c’era davvero troppo da fare per uno pittore solo – un altro tratto peculiare e ripetuto di queste pitture, e cioè il modo strano con cui i gruppi sono rappresentati sovrapponendo teste o personaggi quasi identici nella stessa posa. Succede con i soldati riuniti davanti ad Erode, con quelli della Strage degli Innocenti, con gli sgherri che si sbracciano nei Getsemani, con le donne e gli astanti nella resurrezione di Lazzaro… È un po’ come se il pittore dicesse a se stesso: “Devo dipingerne molti? li faccio tutti in serie, uno dietro l’altro”.

L’effetto, ripetuto, è allo stesso tempo fastidioso e innovativo, e di certo anche questi volti sovrapposti in fotocopia – ce ne sono alcuni anche in uno splendido frammento – rendono inconfondibile il ciclo di Bagüés. Che sarebbe bello rivedere, ora che per la conservazione del patrimonio tutto è cambiato, di nuovo nella luce tenue e non aggressiva della chiesa in cui era stato concepito, quasi mille anni fa.

La chiesa dei Santi Giuliano e Basilissa a Bagüés (foto: Carlos Guerra Morales)

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3 pensieri su “Echi dell’arte di Tintoretto e Picasso nel grande ciclo che stava a Bagüés

  1. Sandra Pani (da Fb):

    Ho visto anch’io questo ciclo nel museo diocesano della cattedrale di Jaca e concordo che l’illuminazione non aiuta. Ci vorrebbe più intimità, penombra come se si fosse in una vera chiesa romanica. L’articolo è molto interessante anche perché conferma le mie sensazioni. Grazie!

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  2. Franca Andreuzzi (da Fb):

    Molto interessante la scena del Calvario e della crocefissione di Gesù e dei due ladroni. Sarebbe bello verificare la presenza di altre raffigurazioni del povero Cireneo nell’arte medievale.

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Se tutto va bene tra pochi giorni lo vedrò e potrò ammirarlo con la dovuta attenzione anche per il articolo puntuale sugli affreschi strappati e conservati nel museo di Jaca. E’ un’operazione che non condivido ma che in Spagna hanno adottato di frequente depauperando veri gioielli architettonici e il turismo locale.
    Infatti non andrò a Bagüés, mentre sarei sicuramente andato se gli affreschi fossero ancora lì.

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