Nel gran portale di Ávila (ora bianco) tutto il lirismo del miglior romanico

Qual è la caratteristica più sorprendente ed evidente della scultura dell’ultimo periodo romanico? Qual è il sentimento predominante, tradotto nei volti e negli sguardi e nei corpi, nella statuaria della seconda metà del XII secolo? E in sostanza, dove va a finire l’arte scultorea romanica? Come diventa, come si perfeziona, prima della svolta del tempo gotico? La risposta a queste domande si riassume in una parola: lirismo. Non c’è dubbio, infatti, che l’ultima fase della statuaria romanica sia caratterizzata da una vera e propria esplosione di lirismo: mentre giunge al culmine l’abilità degli scultori, i volti si fanno fortemente espressivi, i sorrisi sono pieni di emozione, gli sguardi di speranza, di sfida e di cruccio, e anche là dove più figure stanno l’una in fianco all’altra, le mani parlano, i piedi danzano, le teste si volgono e si propongono e dialogano tra loro, i corpi si atteggiano in gestualità teatrale.

Una veduta complessiva (foto di Quico Ubeda, elab.)

Lirismo, e anima prorompente, caratterizzano così le opere scultoree del romanico più avanzato. E tra queste opere, il portale della grande chiesa di San Vicente ad Ávila, con i suoi apostoli schierati da una parte e dall’altra, appoggiati alle colonne, è una delle più notevoli. Il maestro Fruchel lo realizza nell’ultimo terzo del XII secolo – per gli storici muore nel 1192 – e se è vero, come scrivono molti, che con il suo scalpello porta in terra iberica i modi gotici diffusi in Francia ormai da decenni, è proprio il lirismo che prorompe dalle sue statue-colonna a farci sentire il Cristo e i suoi apostoli – qui ridotti a dieci, cinque per parte – come pieni di energia, in cerca l’uno dell’altro, ansiosi di comunicare tra loro e con chi li osserva. E’ per via di questo lirismo che dom Abundio Rodriquez può definire il portale di Ávila come “uno dei più belli del romanico spagnolo della seconda metà del XII secolo”, e della scultura di maestro Fruchel, gotica già forse per collocazione cronologica, ma romanica ancora per sentimento, può scrivere che “sta a cavallo tra le due epoche, e da qui la sua singolare bellezza; e testimonia del momento in cui la perfetta maturità del romanico si apre all’eleganza del gotico”.

Due apostoli in dialogo (foto di Quico Ubeda)

In questo tardo meriggio del XII secolo, ad Ávila la fiamma non è ancora spenta. Si vorrebbe poter dire che gli apostoli del portale di Fruchel – proprio come l’Isaia di Souillac, proprio come i profeti della facciata di Poitiers, proprio come i personaggi del Portico della Gloria a Compostela, quelli della Camara Santa di Oviedo e quelli del Portal Royal di Chartres – sono ancora posseduti dal demone romanico. E poiché questa metafora è troppo ardita, con parole più ortodosse diciamo che la sua opera – si deve alla sua mano anche lo spettacolare cenotaffio custodito all’interno -, è di certo ormai lontana dalle realizzazioni imperfette e a volte goffe dei portali e dei capitelli del primo romanico, e che anzi le sue figure arrivano ad essere stilisticamente perfette, belle, proporzionate, realistiche quanto quelle delle coeve cattedrali gotiche di Francia; ma allo stesso tempo riconosciamo che gli apostoli di Ávila sono animati da un fervore che ancora è romanico, poiché in essi la necessità di comunicare tiene testa, ancora, alla ricerca estetica, e non si lascia soffocare dalla forma. Se non hanno dentro un diavolo che li scuote, di certo la loro anima pulsa, si agita, cerca, parla, annuncia.

Il gruppo a destra dell’ingresso (foto: F. Simón Hierro)
Il Cristo al centro del portale (foto di Quico Ubeda, elab.)

Anima prorompente, e lirismo, e respiro accelerato, dentro figure dalla specialissima bellezza formale: a nord delle Alpi e al di là dei Pirenei, è questa la cifra della scultura degli ultimi decenni del XII secolo – ne abbiamo elencato i più begli esempi – così che è improprio, quasi, parlare di romanico “tardo” o “maturo” – aggettivi che portano in loro il concetto di lentezza e di stanchezza – e viene più naturale, piuttosto, parlare di romanico compiuto, o anche apicale, contrassegnato cioè dalla più felice vitalità e dal miglior esito possibile.

E’ così anche in Italia? Anche nel Bel Paese la seconda metà del XII secolo produce capolavori pieni di lirismo e di vigore? Verrebbe da dire di no. Alla vigilia del tempo gotico la produzione artistica nelle città italiane ci porta a rilevare, al contrario, il diffondersi di uno stile scultoreo il cui sentimento prevalente è la pacatezza, e il cui riferimento primo – modello di equilibrio e sobrietà invece che di arditezza – è l’arte degli antichi, dei romani e dei greci, riscoperta e inseguita, a costo di un grande sforzo di autocontrollo… Ma questa è un’altra storia, narrata da Biduino, da Guglielmo e dai maestri Campionesi: una storia il cui protagonista assoluto risponde al nome di Benedetto Antelami.

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Un momento dei lavori di restauro

Il portale della grande chiesa di San Vicente ad Ávila – siamo in Castiglia, a nordovest di Madrid – è, come detto, opera del maestro Fruchel, ed è datato all’ultimo terzo del XII secolo. Il recentissimo restauro, terminato nell’estate del 2025, lo ha restituito candido e ancor più godibile, come confermano le interessantissime foto proposte da Quico Ubeda in un post per la Pagina Facebook Pasion por el Romanico, alcune delle quali sono riprese a corredo di questo articolo di Before Chartres. Oltre alle grandi figure degli apostoli sulle colonne e del Cristo nel trumeau, il portale propone una serie di archivolti ricchissimi di decorazioni floreali nel più classico stile romanico, e due lunette affiancate in cui si rappresenta, in due scene differenti, la storia di Lazzaro e del ricco Epulone: a sinistra si dice del pranzo da cui il povero è escluso, a destra della morte e dell’opposta sorte eterna dei due protagonisti. Sorprendente è infine la cornice orizzontale che sovrasta l’intero portale in cui, “un po’ come fossero modiglioni e metope”, per dirla con le parole di dom Abundio Rodriquez, ventisei piccoli archi allineati lasciano sbucare piccole modernissime figure di uomini e di donne, alcune delle quali nude, anche queste spesso in dialogo tra loro, a due a due.

Sei delle ventisei arcatelle della cornice alta (foto di Quico Ubeda, elab.)

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5 pensieri su “Nel gran portale di Ávila (ora bianco) tutto il lirismo del miglior romanico

  1. Sandra Ansevini (da Fb):

    Questo portale e quello di Compostela sembrano lontanissimi, forse per via del marmo bianco ad Avola e colorato nel santuario galiziano… Ma fose è solo un’impressione che si deve proprio alla diversa colorazione dell’opera finita. Grazie Before Chartres!

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Un portale magnificamente restaurato ed estremamente interessante. Siamo nella fase che ormai prelude al gotico e per certi versi risulta difficile distinguere tra i due stili soprattutto quando si considerano le numerose figure dalle forme esili e slanciate addossate alla strombatura del portale. Sono propenso a considerarle ancora romaniche, ma già sento che la fattura rimanda a successive opere gotiche.
    Magnifico il cornicione superiore scandito da arcature dove trovano posto figure umane in aggetto, cosi come i decori e gli intagli floreali e vegetali delle ghiere dell’arco del portale.

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