Se il canto del primo romanico nell’urbe lombarda è Sant’Ambrogio, la risposta della vasta campagna padana può dirsi pienamente riassunta ad Agliate: è qui, nella Brianza appena mossa da rilievi verdi, che la basilica dedicata a San Pietro, ingenua ed arcaica, racconta il commovente afflato del contado, che costruisce i propri luoghi di culto guardando a Milano, ma con le pietre povere del posto, e con molte meno certezze.
La basilica di Agliate, la cui costruzione oggi si colloca intorno al Mille, è uno degli esempi più significativi di chiesa battesimale rurale: come tutte le grandi pievi sorte in ogni zona del contado – e come accade, ad esempio, nelle vicine Galliano ed Arsago Seprio – si erge a proclamare il proprio ruolo di chiesa madre di un territorio ampio, dentro al quale si propone come punto di irradiazione di una fede ancora assediata dalle recrudescenze del paganesimo; e al proprio fianco vanta un edificio battesimale, a testimoniare la propria funzione di iniziazione, oltre che di sepoltura, e il proprio diritto di accompagnare i cristiani – tutti i cristiani del territorio, anche quelli delle tante parrocchie d’intorno – nei momenti salienti della loro vita.
Ricostruita in modo pesante nella facciata, la basilica conserva invece una parte orientale che, pur se restaurata, dice con grande passione il proprio omaggio al Sant’Ambrogio milanese, realizzato però con gli strumenti tipici del mondo rurale. Ne riprende le profonde nicchie che rendono caratteristiche la terminazione alta delle absidi, ma le replica in povertà e debolezza. E sono proprio la partitura austera, e l’incertezza, e i materiali poveri, e fare di queste absidi la parte più affascinante della basilica. La quale ancor più si nobilita proprio nel gioco di equilibri e di rimandi che lega l’abside maggiore al battistero, anch’esso segnato dal rincorrersi buio di fornici simili, ugualmente caratteristici e ugualmente incerti.
Gli studiosi si frenano, temendo di risultare poco corretti nel paragone tra il modello di Sant’Ambrogio e “l’imitazione” di Agliate: “Non si tratta certo di isolare una cultura artistica rurale – scrive Sandro Chierici – contrapposta a quella urbana e nei confronti di questa solo debitrice ed in ogni modo ‘minore’; neppure si vuole mitizzare la freschezza e la genuina ingenuità campagnola rispetto al mondo cittadino intellettualistico e razionalista…”. E però sì: nella pianura estesa, anche nel tempo primo del romanico, si incontrano episodi d’arte pieni di fascino, che si sposano con un contesto ben diverso da quello pressante e sempre “moderno” della città.
Anche all’interno la chiesa di San Pietro racconta la stessa faticosa costruzione di sé. Tutta la navata centrale, coperta “poveramente” in legno, è scandita da due file di colonne di reimpiego, tra le quali si riconoscono pezzi di spoglio difformi nell’aspetto, alcuni anche “impropriamente” utilizzati come sostegni quali un miliario e un’ara romana; sopra, i capitelli sono in alcuni casi addirittura sostituiti da semplici basi d’imposta, mentre spicca un capitello del colonnato nord, di età romana, figurato con delfini affrontati che si abbeverano al kantharos: povertà, e disomogeneità, e reimpiego di elementi altri ed antichi, però, non fanno che rendere ancora più ricco di forza questo esempio di romanico lombardo dei primi tempi.
Nella cripta, infine, alcuni capitelli inteneriscono per come riescono a testimoniare i primi vagiti di un’arte che solo un secolo più tardi si farà matura: è qui, nella parte più intima della basilica, infatti, che si incontra un tentativo di restituzione del capitello corinzio, con ampie foglie incise parallelamente, che si allargano in alto imitando, con un risultato che sfiora il patetico, il tipo greco classico. Ancora un esercizio, una prova. E si conferma come il tratto più appassionante di Agliate sia lo sforzo per riproporre modelli antichi e nuovi con i propri poveri mezzi; tanto che la basilica di San Pietro diventa, quasi inconsapevolmente, protagonista assoluta dei primi passi, compiuti evidentemente anche nelle campagne, verso la grande stagione del romanico lombardo maturo.
Giovanna Chessa Malgari (da Fb):
Mi piace tantissimo! Grazie anche delle preziose informazioni.
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Anna Melorio (da Fb):
Anche con poveri mezzi, questa architettura rurale parla alla nostra anima nel profondo.
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La chiesa ed il battistero di Agliate formano uno splendido complesso di architettura romanica, omogenea e coesa, come in altri posti d’area lombarda e padana (Lomello, Arsago Seprio, Galliano, Vigoleno), dove due edifici affiancati sussistono ben conservati.
La chiesa è collocata a fianco della strada principale, che procede dalla facciata in salita, e nel lato opposto e sul retro si distende un parco verdeggiante che la avvolge.
La facciata è sobria, di restauro, ma i fianchi e la parte absidale sono ben conservati a ricchi di fascino. Le absidi sono del tipo a fornici così diffuso in quest’area milanese e nel vicino Piemonte.
Purtroppo gli interventi di restauro della fine dell’Ottocento, realizzati tra il 1892 e il 1895 sotto la direzione di Luca Beltrami, Giuseppe Moretti e Luigi Perrone dell’Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti, hanno portato a demolizioni e ripristini in stile abbastanza falsificanti (campanile, facciata, pavimentazione).
All’interno dovevano essere pregevoli le pareti affrescate della navata, assegnate al Maestro di Galliano, di cui rimangono alcuni lacerti.
Molto interessante il battistero, dall’anomala conformazione a nove lati ed absidato; all’interno alcuni pregevoli affreschi stilisticamente analoghi a quelli del vicino San Pietro al Monte a Civate, risalgono all’ultimo quarto del XII secolo.
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Preciso che la Basilica di Agliate è dedicata ai Santi Pietro e Paolo (e non solo Pietro come viene scritto). Grazie
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Michele Arcangelo Sarti (da Fb):
Come sempre commenti interessanti, intriganti e scritti in un bell’italiano che è un piacere per chi ama anche la bellezza della nostra lingua.
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Laura Picco (da Fb):
Quanta determinazione per costruirla! Dà un senso di intimità con la fede, piccola ma forte.
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