Povero e celato, il mio bel San Lorenzo

Povera piccola rotonda di San Lorenzo: ingiuriata e quasi distrutta, ridotta a cortile. Poi salvata, sì, ma di nuovo bistrattata dagli esperti del romanico…

Si trova oggi, la chiesa mantovana di San Lorenzo, a chiudere la bella Piazza delle Erbe. Bassa e affiancata alla torre del palazzetto rinascimentale, partecipa in silenzio al mercato e alla vita di quest’angolo nobile della città dei Gonzaga. Ci fu un tempo, però, in cui la chiesetta, edificata nei secoli del romanico, era probabilmente l’edificio più importante dell’area: si dice che fu voluta da Matilde di Canossa, alla fine dell’XI secolo; e probabilmente sorse su un tempio antico, come fanno pensare una colonne antica, riutilizzata insieme ad alcuni altri pezzi di pregio.

L’esterno (foto:www.italia-italy.org)

Nei secoli del medioevo la piazza tutto intorno non era così alta, e la nostra chiesa appariva meno pesante di quanto non accada ora. Rispondeva al desiderio di perpetuare, anche in costruzioni in mattone e pienamente romaniche, il modello antico del tempio rotondo. E come la cappella di Aquisgrana, perla del palazzo di Carlo Magno, come l’abbazia di Ottmarsheim in Alsazia, come la più vicina rotonda di San Tomè, poco sopra Bergamo, era costituita da un vano centrale cilindrico coperto a cupola, e da un corridoio anulare tutto intorno, realizzato a due piani sovrapposti e però comunque più basso del cilindro centrale. Una bella rotonda, insomma: non elegantissima, forse, senza dubbio massiccia anche perché costruita tutta in mattoni – fanno eccezione le due colonna di spoglio che interrompono la continuità dei pilastri rotondi in cotto -, e dalla pianta perfettamente circolare, se non fosse per un’abside impostata di fronte al portale principale di accesso.

L’interno con il colonnato (foto di Daniele Pontiroli)
L’interno prima del restauro

Però dopo i secoli romanici ci fu un tempo, il tempo dell’ingiuria e della damnatio memoriae, in cui la chiesa fu sottratta al culto, alla fine del Cinquecento, e sconsacrata; e allora le abitazioni cominciarono ad affollarsi intorno alla rotonda ormai in disuso, che piano piano sparì alla vista. Case, e botteghe, la soffocarono inglobandola. Più avanti, la cupola crollò, e il vano centrale circolare, ormai a cielo aperto, circondato dappertutto di abitazioni, divenne come un cortile rotondo. E quello che era il corridoio anulare della chiesa medievale divenne una fila circolare di portici a doppia altezza, affacciati su questa nuova strana piazzetta rotonda; e infine anche le varie campate di questo corridoio trasformato in porticato furono murate, e utilizzate come magazzini e vani, accessibili non tanto dalla “piazzetta” circolare, quanto dalle case che questa piazzetta nascondevano ormai completamente.

Nelle foto di fine Ottocento, nella Piazza delle Erbe, a destra, sotto il torrione, la chiesa voluta da Matilde non c’è più: al suo posto c’è un intero compatto quartiere urbano, e s’è persa anche le memoria del nostro tondo tempietto romanico che un tempo dominava l’area.

Se oggi vediamo la rotonda, perfettamente isolata e libera, anche se ad un livello più basso rispetto alla piazza, tutto sommato in un dialogo interessante con gli altri monumenti nobili della piazza stessa, è grazie alla riscoperta avvenuta ai primi del Novecento, e all’importante opera di restauro, che può anche essere definita una seppur parziale ricostruzione. Il San Lorenzo mantovano fu riportato a quella che si immaginava essere la sua struttura romanica; e là dove servì lavorare di fantasia, si prese un po’ a modello il San Tomè bergamasco.

L’interno (da eminviaggio.it)

Fine dei tempi tristi, per la nostra rotonda? In realtà, pare proprio di no, perché se un tempo a soffocarla fino a renderla invisibile furono le costruzioni tutt’intorno, oggi che è lì, e di nuovo si mostra a tutti, ad infierire è il giudizio di certa critica: “Un edificio dunque anomalo, scarno sino ad apparire inelegante – scrive di San Lorenzo Sandro Chierici -, nel quale l’uso del laterizio non riesce a generare nell’architetto una coscienza volumetrica nuova (…). Anche il fatto di essere stata in buona parte ricostruita non giova certo all’immagine che questa chiesa offre di sé; c’è come una sensazione di incompletezza o di disarmonia, e in fondo di estraneità, che accompagna la rotonda nell’ambiente urbano che la circonda: la grande piazza su cui si affaccia, segno di una concezione urbanistica di spazi aperti, geometricamente determinati; e poi la gigantesca torre del Palazzo della Ragione, che la sovrasta”. Stranamente affascinato più dal nuovo che dall’antico, Chierici conclude addirittura con un de profundis: “Il mondo è cambiato intorno a questa chiesetta, e chissà che coloro che pretesero di porla di nuovo in vita in un ambiente divenuto estraneo non siano andati contro la storia”.

Sarà che nasco mantovano; sarà che l’immagine di Piazza delle Erbe, dove torre e rotonda, per me che non capivo granché, risultavano coeve e sorelle; ma la stroncatura del pur valentissimo studioso mi pare ingenerosa e non giustificata, ché mai un edificio, se era degno nell’epoca in cui nacque, può essere giudicato inutile o brutto in un epoca successiva. E però, insomma, scopriamo che c’è anche chi vorrebbe rendere di nuovo invisibile la mia piccola San Lorenzo; a Before Chartres invece piace che sia lì, riemersa dall’oblio e dalla casbah, fatta di mille e mille mattoni – un po’ romanici e un po’ novecenteschi – a recitare forse un ruolo secondario rispetto a certi altri capolavori; e però sta in scena senza alterigia, come l’attore già una volta si è visto cancellare dal cartellone, e ora sta buono buono al suo posto, contento di esserci.

La rotonda ai piedi della torre (foto: maifermarsi.it)

6 pensieri su “Povero e celato, il mio bel San Lorenzo

  1. Mar Lib ha detto:

    Mi ha fatto emergere ricordi legati alla cara San Lorenzo e mi ha dato notizie che non conoscevo e che me la rendono più cara, come un’anziana parente che con dignità viva celando problemi economici e fisici e continui a curarsi per non abbandonarsi al dispiacere. Devo tornare a Mantova al più presto. Grazie.

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  2. Giulio Giuliani ha detto:

    Francesco Beatini (da Fb):
    Di chiese rotonde o poligonali gioiello ne abbiamo tante in Italia, questa storia è particolare ma le chiese del Santo Sepolcro di Pisa e di Bologna, all’interno del complesso di Santo Stefano, oppure la Rotonda del Monte sempre a Bologna sono veri capolavori, il complesso di Santo Stefano poi è un unicum nel suo genere, vedere quell’aggregato di chiese romaniche tutte assieme è incredibile.

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  3. Paolo Salvi ha detto:

    San Lorenzo di Mantova è uno dei pochi esempi di rotonda destinata ad essere chiesa e non battistero in epoca romanica. Com’è noto in Lombardia abbiamo il San Tomè di Almenno San Bartolomeo (BG), che giustamente citi come riferimento tipologico, e la grandiosa rotonda del Duomo Vecchio di Brescia. Tutte chiese che in vario modo mi sono molto care.
    E bene fai a ricordare le vicende che hanno riportato in luce il nostro San Lorenzo, celato fino al ‘900 dagli edifici, come ben mostra la foto, ottima, di fine Ottocento che proponi.
    Una ricostruzione, forse eccessiva, ma che ci ha ridato un gioiello architettonico.

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  4. Giulio Giuliani ha detto:

    Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
    La storia della quasi dissoluzione della chiesa l’avevo letta quando andai a visitarla, ma vedere le foto di come fosse diventata, e come fosse stata inglobata in altri palazzi, mi ha veramente stupito. Non pensavo mai che si fosse ridotta così. E comunque, anche se con un restauro che forse l’ha reinventata, a me pare che sia stata una ottima iniziativa e mi ha lasciato perplessa il giudizio di quello studioso, come se non avesse visto interventi veramente anomali in tante altre occasioni. Molto interessante.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Grazie, Antonella. Ricordo di aver visto foto ancora più impressionanti e più esplicative di come la rotonda fosse ridotta ad un cortile interno tra case e magazzini… Devo averla vista in loco, e purtroppo non l’ho ritrovata in rete per pubblicarla 🙁

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