Il romanico classico di Casertavecchia

Cominciamo col dire che la splendida chiesa che domina Casertavecchia non è la chiesa di un borgo, ma la cattedrale della città medievale. Perché questa, in alto, su una balza dei monti Tifatini, è la vera Caserta – “casa hirta“, cioè casa in altura, sul monte – e la città moderna di sotto, nella vasta pianura, è semmai la Caserta “nuova”, e così si chiamò a lungo.

Caserta, dunque, nei secoli che ci interessano – nel tempo prima di Chartres – stava qui, fondata e accresciuta, come molte città medievali, in posizione scomoda, ma protetta e allo stesso tempo dominante. Fu prima castrum longobardo e poi sede di contea, e fu conquistata dai Normanni verso la metà dell’XI secolo. E se la sua chiesa è così bella e nobile, come ancor oggi la vediamo, è perché fu a quei tempi la sede del Vescovo, che qui risiedette dal IX secolo, e perché ebbe il ruolo di chiesa madre non solo della Caserta medievale, ma di tutto il territorio circostante, che per un certo periodo sarà addirittura governato direttamente proprio dal Vescovo.

La navata
Un’acquasantiera e la navata

Tre vescovi, appunto, sono da considerare gli ispiratori e i committenti della chiesa attuale, come si deduce dalle iscrizione in facciata: Rainulfo, che nel 1113 avviò i lavori per dare a sé e alla propria comunità una nuova cattedrale, in sostituzione della chiesa preesistente; Nicola, che gli successe e portò avanti il cantiere; e infine Giovanni, che consacrò al culto la nuova chiesa episcopale nel 1153. Costruito in questi pochi decenni, che poi sono quelli centrali del tempo romanico, il duomo di Casertavecchia sorse nel pieno rispetto dello stile del tempo. È vero: vi si ritrovano elementi antichi, come le colonne e i capitelli di spoglio della navata, un impianto basilicale coperto a capriate mutuato dall’architettura paleocristiana, decorazioni sia “lombarde” – gli archetti pensili – sia “arabo-normanne”, come gli archi incrociati al culmine della facciata e non solo; e però il risultato è un edificio perfettamente coerente, uno degli esiti più alti del romanico italico. La facciata e tutta la muratura esterna, realizzate in tufo locale, giocano sul bel contrasto con gli inserti in marmo bianco, che fanno risaltare i portali e le finestre. E la navata, in particolare, stupisce – nel primo Novecento furono eliminate tutte le pesantissime aggiunte barocche – per l’eleganza delle proporzioni, la pulizia del disegno, la nobiltà degli elementi in prezioso e silenzioso dialogo tra loro. Nel vasto e affascinante interno della cattedrale, i rilievi figurati si concentrano nell’ambone – che merita uno sguardo più attento – e nelle due acquasantiere presso l’ingresso, che sembrano voler introdurre all’infilata lenta e classica dei colonnati; il resto è ritmo ed eleganza classica al servizio della lode al Signore.

Capitelli della navata

Ad un quarto vescovo, il vescovo Stabile, che resse la diocesi tra il 1207 e il 1216, si deve l’avvio di una seconda fase costruttiva: all’impianto romanico, che concludeva la chiesa, sviluppata solo in senso longitudinale, con tre absidi al termine delle tre navate, si aggiunse un imponente transetto, con una nuova parte absidale e con la cupola retta dall’alto tiburio. L’occhio esperto individua in questa parte, ovviamente, stilemi più avanzati, a partire appunto dalla cupola e dalle crociere che coprono il transetto; ma il gotico e il suo respiro diverso sono ancora lontani. Si può anzi dire che l’unitarietà “romanica” dell’insieme – sia all’interno che all’esterno – non viene scalfita, e semmai è resa ancora più piena grazie ad una nuova e maggiore articolazione dei volumi e dei linguaggi, articolazione che è tipica del romanico.

La facciata e il campanile

Con la sua mole bruna, e con il possente campanile databile al secolo ancora successivo, il duomo di Casertavecchia domina il centro fortificato, come un castello domina il proprio feudo. La piazza chiusa che si estende davanti alla facciata è quasi un atrio, un sagrato chiuso che fa da trait-d’union tra l’edifico sacro e la cittadina tutto attorno; e forse in Italia solo il duomo di Cefalù – quanta somiglianza anche tra le due navate elegantissime! – può dire di sovrastare con altrettanta autorevolezza, e permeandolo tutto di sé, il paesaggio urbano in cui è inserito.

Vedendola collocata così in cima alla città antica, che a sua volta è sorta e cresciuta là dove è più difficile salire, non stupisce che la cattedrale di Casertavecchia sia dedicata a san Michele: questa intitolazione, ereditata forse dalla chiesa preesistente, è l’ennesimo omaggio degli uomini del medioevo all’Arcangelo padrone delle altezze, secondo la lezione di Mont-Saint-Michel in Normandia, di Monte Sant’Angelo sul Gargano, della Sacra in Val di Susa, di Sant-Michel-d’Aiguilhe nel Velay, declinata qui però con il lessico privo di eccessi, e sempre ordinato, delle terre che conobbero la lezione di Roma e della sua architettura eterna.

Il borgo di Casertavecchia (foto: prendereilvolo.com)

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11 pensieri su “Il romanico classico di Casertavecchia

  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    A Casertavecchia ho lasciato il cuore da ragazzo e di recente sono tornato con i figli e poi ancora con mia moglie, ritrovando lo splendore che a evo ancora impresso nella memoria. Un luogo carico di fascino per la sua posizione elevata e per la magnifica conservazione del borgo che fa da contesto alla cattedrale romanica.
    La chiesa è pur sviluppata in fasi successive e distinte un complesso sostanzialmente unitario, con evidenti riferimenti classici nelle colonne e nei capitelli di riuso, ma anche nuovi, nella commistione tra caratteri lombardi e caratteri arabo-normanni, che oltre agli archetti intrecciati sulle absidi e sulla torre campanaria, emergono dalle numerose maioliche decorate inserite a decoro della facciata e non solo.
    Un luogo del cuore dove è sempre bello tornare.

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