Tutto nasce dalla “basilica”. Quanto alla forma, la chiesa romanica – con le sue navate, il suo orientamento verso l’abside, le colonne e gli archi – è certamente l’evoluzione della chiesa paleocristiana: la splendida abbaziale di Sant’Antimo ma anche la grande cattedrale di Pisa, quindi, guardano certamente alle basiliche paleocristiane di Grado e di Sant’Apollinare in Classe, e vi riconoscono i propri diretti “antenati”.
Le chiese dei primi secoli, a loro volta, avevano assunto come modelli di partenza due strutture diverse tra loro e fuse insieme: il piccolo martyrion delle prime comunità e la grande basilica imperiale. Quando, ottenuta la cittadinanza dentro l’Impero romano, i cristiani avevano costruito i propri luoghi di culto pubblici, lo avevano fatto incrociando appunto la forma delle primitive aule di preghiera sulle reliquie dei martiri – normalmente piccoli sacelli rettangolari orientati verso una nicchia, un’abside primitiva, davanti alla quale il officiava il celebrante – con la mole delle preesistenti grandi “basiliche” pubbliche, luoghi fino ad allora dedicati all’amministrazione della giustizia e alle assemblee di popolo, costituite in sostanza da vaste aule rettangolari, normalmente con l’ingresso su uno dei lati lunghi e con due absidi, una su ogni lato corto.

Treviri, la basilica imperiale
Trattenendo le dimensioni della basilica imperiale, e dandole però l’orientamento longitudinale delle primitive aule martiriali, il cristianesimo primitivo era arrivato a definire la forma della propria basilica, che in sostanza era costituita da una grande aula rettangolare, con l’ingresso posto su uno dei lati corti e con una grande abside sul lato opposto, così che tutto lo spazio tra la porta e il luogo della celebrazione diventava il luogo dell’assemblea, dedita alla preghiera.
Presto nei secoli, già e ancora nelle città romane, si diffonde la consuetudine di dividere l’aula della basilica in tre navate, una centrale e due laterali. Questa tripartizione dell’edificio di culto, anch’essa poi adottata dalle chiese medievali, si origina dalla semplice esigenza di riuscire a coprire con un tetto aule sempre più grandi: al di là di una certa dimensione, infatti, risultava difficile congiungere, con una travatura unica, una parete all’altra, e risultava quindi più semplice “spezzare” la linea del tetto. Invece che allargare a dismisura l’aula centrale con la sua forma a capanna, le si affiancavano in sostanza due altri spazi paralleli ed uguali, uno a destra e uno a sinistra, ciascuno con un proprio tetto a saliente, addossato, da una parte e dall’altra, ai muri esterni originari. E perché all’interno la nuova grande aula così creata mantenesse quanto più possibile la propria unità, si “riducevano al nulla”, cioè a due file di colonne, i muri tra l’aula centrale e i due nuovi spazi affiancati ad essa, che diventano navate laterali.
Presto, infine, la basilica paleocristiana si “orienta”: l’abside cioè viene posto ad est, così che tutta l’assemblea durante il culto sia costantemente volta verso il punto in cui sorge il sole, e insieme ad esso il Cristo Signore.
Ecco quindi la struttura tipica della chiesa paleocristiana: una “basilica” orientata da ovest verso est – con l’ingresso ad occidente e l’abside ad oriente – divisa in tre navate, delle quali le laterali sono più strette e più basse; tra le navate, due file di colonne, unite tra di loro da architravi o più spesso da archi. La navata centrale è coperta da un tetto retto da capriate, mentre quelle laterali hanno un tetto retto da travi salienti. E questa tipica tripartizione dello spazio interno si evidenzia immediatamente anche all’esterno: vista di fronte, infatti la basilica paleocristiana ha una parte centrale più alta, con tetto a capanna; ai lati, due parti minori più basse, con tetti a salienti che poggiano contro la parte centrale, salendo ciascuno dall’esterno verso l’interno.

Sant’Apollinare in Classe, la basilica paleocristiana
Riassumendo questo stesso percorso che porta dall’architettura antica alla chiesa medievale, lo Schlosser sottolinea come il Medioevo europeo abbia compiuto una scelta decisiva, preferendo la forma basilicale a quella a pianta centrale, che sopravvisse invece in Oriente: “L’architettura antica – scrive – si offriva alla nuova comunità cristiana in due forme sostanzialmente diverse: c’erano le case dei vivi, con le loro lunghe file di stanze, e i monumenti dei morti (per solito a volta), a scopo celebrativo o per la conservazione delle ceneri. Il cristianesimo adottò ai propri usi e alle proprie esigenze, sia lo schema della casa per lungo, rettangolare, implicitamente basilicale, si potrebbe dire, che le costruzioni mortuarie, all’ingrosso a rotonda, comunque a pianta centrale: l’una e l’altra ebbero largo impiego”. Però, aggiunge lo Schlosser, “l’Occidente smise assai presto l’uso delle costruzioni a pianta centrale, e sviluppò invece la costruzione a pianta rettangolare”. L’eredità antica all’architettura dell’Occidente romanico, quindi, “è costituito dalla basilica paleocristiana, con la sua caratteristica struttura: costruzione rettangolare e allungata, con una navata centrale più alta di quelle laterali, talvolta tagliata da un transetto, con un abside che sbocca in esso, e una torre campanaria indipendente dal resto dell’edificio” (Schlosser, J., L’arte medievale, pp. 65-67).
Questa forma basilicale è così diffusa nelle chiese paleocristiane da risultare scontata. Ed è il punto di partenza su cui si sviluppò la grande epopea dei costruttori romanici. E’ evidente che per tutti i secoli del primo cristianesimo, e poi per tutto il tempo medievale, si costruiscono anche chiese con strutture diverse – ad aula semplice, o a pianta centrale o circolare, ad esempio –, utilizzate anche nelle epoche successive. Ma sono divagazioni: la chiesa del medioevo romanico è tutta incarnata nell’evoluzione di quel modello basilicale a tre navate che era stato codificato dai secoli del primo cristianesimo.
Fin qui la continuità. A provocare la grande rivoluzione romanica, invece, sarà la decisione, la voglia, l’ansia di coprire la basilica con una volta in pietra. Col suo peso, là dove sarà adottata, la copertura in pietra obbligherà gli architetti romanici ad inventare una nuova architettura, anzi un vero e proprio percorso architettonico – quello del Romanico – che idealmente congiunge Ravenna a Tuscania, ma anche a Pavia, e porta poi a Chartres.

Sant’Apollinare, la navata e l’abside
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Sono dodici le grandi “chiese di città” che, costruite nel tempo romanico nella vasta piana padana, ancora oggi competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.
Alessio Massari (da Fb):
Tra l’altro l’abside finestrata di sant’Apollinare in Classe è su modello delle prime basiliche paleocristiane romane.
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Francesco Vannucci (da Fb):
Grazie per i post meravigliosi ai quali ci avete da tempo abituati.
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