E’ forse messo in ombra dalla sfolgorante bellezza del portale d’ingresso, ma l’interno possente della chiesa di Saint-Lazare, ad Autun, ha la forza propria delle opere inconfondibili. Certo: la grande lunetta del Giudizio universale, sopra la porta di accesso, incanta i visitatori della chiesa, e molti ne percorrono la navata cercando con ansia i capitelli scolpiti, per emozionarsi di nuovo davanti all’opera dello scalpello di Gislebertus; ma chi un poco si appassiona anche ai miracoli dell’architettura può e deve fermarsi al centro della navata, per osservare il mirabile impianto, e per ascoltarne il respiro, fatto di pause e spigoli, di curve e di rette che stanno in sorprendente equilibrio.
L’interno della chiesa di Autun è di quelli che non si possono confondere. La navata intera è infatti segnata, nella sua struttura, da inconfondibili pilastri, che sono compositi sì, ma “piani”, poiché al nucleo centrale non si addossano, come avviene normalmente nel romanico, delle semicolonne, le quali invece in Saint-Lazare vengono sostituite quasi ovunque da “paraste”, cioè in sostanza da “semipilastri scanalati”. Questi elementi portanti di derivazione classica non sono una prerogativa esclusiva della basilica di Autun: trovano spazio infatti infatti in altre chiese borgognone che si ispirano al modello cluniacense – a Paray-le-Monial e a Semur-en Brionnais, ad esempio -. Ma qui in Saint-Lazare le paraste prendono quasi completamente il posto delle semicolonne, tanto che solo all’ultimo livello, su tra le finestre alte, le paraste permettono a minuscole colonne di affiancarsi, come ancelle. E così, in Saint-Lazare, spigoli ripetuti e linee rette stanno al posto delle tonde curve che sono tipiche del sistema di sostegni del romanico.
L’insieme è strepitosamente originale e strepitosamente moderno. E forse è proprio questa predominanza delle linee rette e degli spigoli a rendere accettabili anche gli archi acuti, altrettanto diffusamente utilizzati; e l’arco spezzato, che in altre chiese romaniche infastidisce come una stranezza inattesa, a Saint-Lazare sembra invece in dialogo coerente con sostegni, i quali, allo stesso modo, hanno rinnegato le curve e il pieno centro proprio in virtù dell’adozione della parasta.

Slanciato come quello di certe chiese gotiche, e grigio – anche se ora, dopo il recentissimo restauro, fin troppo pulito -, l’interno della chiesa di Saint-Lazare, ideato nella prima metà del XII secolo, resta, pur nella sua originale tessitura, fortissimamente romanico. E anzi si può dire che resta fortissimamente “romano”, perché “romana”, fortissimamente “romana”, è quella parasta che lo contraddistingue in modo così evidente: basta uscire dalla chiesa, infatti, per sentire in tutta l’antica e nobile Autun – “Augustodonum” – il profumo diffuso della civiltà di Roma. E basta uno sguardo alle antiche porte della città – le possenti Porte d’Arroux e Porte Saint-Andre – per comprendere da dove arrivano le paraste di Saint-Lazare, e per capire chi, con un sussurro secolare, ha suggerito agli architetti di Autun di sostituirle con così decisa intransigenza alle forme tonde delle colonne medievali.

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Carmine Petraccaro (da Fb):
…una perfetta fusione di Architettura e Tecnica per dare voce alla Fede: l’arco rampante o “mezzo” arco come riportato nella nota, fa comprendere bene la conquista della spazialità nella Bellezza. Grazie.
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Gessi Smolinski (da Fb):
Chiarissima spiegazione . grazie.
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Sublime la cattedrale di Saint-Lazare di Autun. Sublime ed estremamente originale, con quella sua volta a botte archiacuta, che prelude al gotico, ma è ancora pienamente romanica nello scorcio del XII secolo in Francia. Siamo nell’epoca in cui i primi cistercensi sviluppano i loro dettami architettonici a Fontenay ed altre pregevoli abbazie, spesso proprio con volte a botte ogivali con sottarchi. Orbene, qui ad Autun, come ben sottolinei, queste volte s’impostano su pilastri non più polistili come di consueto, ma dallo sviluppo poligonale dovuto a queste particolarissime paraste addossate, che raramente possiamo ritrovare. E curioso il parallelo con la porta romana, le Porte d’Arroux, con quella conclusione di loggia su paraste simili.
Chiaro segno di come l’architettura si tramandi nel tempo secondo modelli tipici del luogo.
Gli architetti lo chiamano “genius loci”.
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