Se un venerdì sera, quando tutto è stanchezza, domando a me stesso dove vorrei essere, il pensiero corre ad Anzy-le-Duc. Dove la chiesa non solo è preziosa, ma è fatta d’equilibrio e di linee chiare; dove il verde dei campi e l’ocra chiaro delle pietre convivono sereni ad ogni ora del giorno, e dove, infine, lo spirito e l’arte romanica sembrano vivere un momento di pausa, piana, dolce.
La chiesa di Anzy-le-Duc fu priorato e fu fondata da un monaco, Ugo, legato in vita alla grande famiglia di Cluny, e morto in odore di santità. E già nei decenni in cui poteva dirsi nuova, quelli cioè a cavallo tra XI e XII secolo, Anzy-le-Duc fu un po’ monastero e un po’ villaggio. Di certo non fu mai soffocata da troppe più case e da troppe più strade di quante ne abbia intorno oggi; e anche ora, come probabilmente allora, all’intorno è circondata da un muro, che però non la cinge e non la chiude: così il verde dei campi appena sollevati in pendio fa da cornice e si infiltra, e lo stesso all’inverso fa la pietra, disegnando un quadro d’Arcadia ai piedi del meraviglioso campanile – che ti chiedi come mai da allora non li fecero tutti così belli -. La pace e la serenità che desideri al venerdì sera, così, le puoi trovare certamente ad Anzy-le-Duc.

La chiesa della Trinità di Anzy-le-Duc nell’ambiente circostante
Che non ha sfide, che non compete. Anzy-le-Duc non è la più imponente tra le chiese di Borgogna: perché le proporzioni, perfette, sono la sua grandezza; le sculture che ospita non sono le più belle; però c’è un portale che dice la sua nel percorso dei timpani di Borgogna, e anzi ce ne sono due, e quello minore scrive, in questo percorso, un capitolo tutto particolare; ai capitelli – sono quaranta, o giù di lì, nella navata – i volumi di storia non dedicano lo spazio conquistato e vantato da altri cicli vicini: ma Anzy-le-Duc lascia volentieri ad Autun, a Saulieu e a Vèzelay la fatica di contendersi il primato. Anzy-le-Duc è un giorno di festa. L’accostamento è sacrilego, ma lo azzardo: ricordate la canzone che diceva “I’m easy… yes, I’m easy…”, e aggiungeva “I’m easy like Sunday morning”?

La navata del priorato
Eppure un guizzo, che nel mattino festivo di Anzy-le-Duc si rischia di non vedere, percorre tutta la navata del priorato. Perché uno scarto, un azzardo osato nel momento di coprire l’aula, fa di questa chiesa, che pure non sembrava ambire a tanto, un punto di svolta dell’architettura romanica: “Forse era stata prevista – scrivono Bernhard e Ulrike Laule – una volta a botte, alla cui base dovevano essere inserite delle finestre; ma il progetto fu cambiato, e la navata centrale e quelle laterali furono coperte con volte a nervatura”. Una delle grandi rivoluzioni del romanico – coprire finalmente la chiesa con una serie ripetuta di volte a crociera – sboccia quasi per caso nella più placida landa della Borgogna. E con che effetto dirompente! Perché “in tal modo (…) potevano essere inserite nella parte superiore della parete finestre più grandi. E questa – concludono i due critici – è anche un’anticipazione (consapevole?) dei principi formali gotici”.
Continuate a sognare “Easy-le-Duc” come il luogo ideale dove fuggire e trovare quella pace che solo la domenica mattina può garantire. Ma non dite di lei che è ferma e immobile, perché le sue volte, a modo loro, annunciano un lunedì che sta per arrivare, competitivo e frenetico, ben differente e, in una parola, “gotico”.

Le finestre ampie realizzate grazie alle crociere
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Si vada ad Anzy-le-Duc senza altre mete per la testa: serve tempo a disposizione, e soprattutto si cerchi di goderne, durante la visita, il clima di serena lontananza dalle aree urbane. Il mio consiglio è quello di vedere semmai, nello stesso giorno, la chiesa di Chapaize, che possiede altrettanta originalità e personalità, ma che per molti aspetti può porsi come parallelo e contraltare rispetto ad Anzy-le-Duc.
Le due chiese sono collegate da una bella strada che si percorre in un’ora circa. Ma a congiungerle nella sostanza sono alcuni elementi che è bene sottolineare: la collocazione di entrambe in un piccolo villaggio rurale; la predominanza, sia a Chapaize che ad Anzy-le-Duc, delle torri campanarie, diverse tra loro ma poste entrambe molto avanti al temine della navata, prima della parte absidale; il forte colore di terra che tiene i due priorati strettamente legati ai luoghi in cui sono sorti.
Si osservi di entambe, nello scorcio laterale, l’alternanza tra i contrafforti e le finestre, che dà luogo ad un gioco architettonico parallelo: e già dall’esterno però si intuisce la “rivoluzione” di Anzy-le-Duc che, poiché è voltata a crociera e non a botte, si può permettere nella parte alta della navata finestre ben più ampie.

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Interessantissimo il parallelo tra Anzy-le-duc e la chiesa di Saint Martin a Chapaize.
Nella prima, costruita 50 anni dopo al volgere dell’XI secolo, cogli l’evoluzione della volta a crociera come anticipazione del gotico;
mi verrebbe da segnalare, in aggiunta a ciò che scrivi, che la torre che si erge sulla navata davanti al coro, appare come una premonitrice della torre nolare tipica dell’architettura cistercense (che mal sopporti per l’aver “ucciso il romanico”),
che di lì a poco in diversi casi avrà il sopravvento, diventando fautrice dello sviluppo del gotico in Italia.
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Ottimo commento, Paolo. I campanili sopra la crociera accomunano le due chiese… Quanto all’architetture cistercense – come ben scrivi – io faccio tanta fatica a perdonarla… 🙂
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Ma quanto sei bravo. Competente e capace di trasmettere il tuo sapere e le tue conoscenze. Grazie. Da vecchia, quale sono, l’architettura e l’arte antica mi emozionano. Non so se andrò a vedere quello che mi viene proposto in questi siti, certo faccio dei progetti. E la vita è ancora bella.
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Graziella Mingoia (da Fb):
Grazie, l’articolo ben scritto ti conduce per mano.
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