La bellezza, dentro alla grande chiesa di Brioude, sta nelle pietre e nel loro colore. Delle pietre grandi, della muratura, con i differenti colori che si inseguono su per i pilastri arditi e le volte; e delle pietre piccole, quelle della meravigliosa pavimentazione, che disegnano a terra, in tutta la basilica, scacchiere di geometrie in bianco e nero. Di quest’ultimi, dei ciottoli del pavimento di Saint-Julian, tessète pure le lodi e dite in giro meraviglie: è falso almeno per la metà ciò che poco carino si dice di loro.

La navata, i pilastri
Le pietre grandi, prima delle piccole. Tutti le vedono, le pietre grandi di Brioude, e tutti emoziona questo caldo e agile gioco di colori – bianco, rosa, ocra, grigio – che rende viva la navata: “L’un des charmes (…) de Saint-Julian de Brioude – scrive Bernard Craplet – tient à la beauté et à la varieté des pierres qui on été utilisées pour sa constructions“. Capisco anch’io, che col francese zoppico non poco, che una dei motivi di fascino di questa chiesa è, innegabilmente, la bellezza moltiforme dei materiali adoperati dal cantiere. Craplet li elenca così: “Grès rouge d’Allevier, au somptueus coloris, mais qui s’effrite a la longue; grès calcaire de Beaumont (..); basalte scoriacé d’un noir brun ou rouge foncé de La Vergueur; granulite de Saint-Just, pres de Brioude; marbre gris ou rose de Lauriat“. Insomma: l’interno di Saint-Julian è un bell’incastro di pietre differente e di tonalità diverse, assemblate con un gusto sicuro, senza un rigore eccessivo. E tutti questi materiali, che fanno splendida Saint-Julian, arrivano dai dintorni, dalle cave d’Alvernia tutto intorno a Brioude.
E poi le pietre piccole, quelle del pavimento (con il loro piccolo segreto). Le pietre piccole, quasi un mosaico naif steso sotto i piedi dei visitatori, rendono indimenticabile Saint-Julian. Il tappeto realizzato con questi sassi levigati, raccolti nel greto del vicino Allier, stupisce almeno due volte: la prima quando entri in chiesa e ti accorgi che, oltrepassando la porta, cammini sullo stesso materiale su cui hai camminato fuori, sul sagrato, con una continuità tra esterno ed interno che dà sensazioni particolarissime; la seconda quando, dall’alto della tribuna sopra l’ingresso, abbracci tutta la pavimentazione, il suo disegno, il suo calore.

Uno scorcio della pavimentazione
E’ così bello, il pavimento di Brioude, ed è così intimamente coerente con l’anima di questa chiesa romanica, che un po’ ti incupisci quando ti spiegano che non è originale, e anzi col romanico c’entra poco, visto che è stato realizzato nel Cinquecento. La breve descrizione di Craplet sembra non dare speranza: “Le beau pavé en galets de l’Allier, découvert en 1964, ne date que du XVI siecle“. Una doccia fredda.
Ma a chi, come me, vorrebbe sentirsi dire che questa pavimentazione è invece medievale, e che non sbagliava ad ammirarla, e a giudicarla bella e perfettamente coerente con il respiro romanico di Brioude, viene in aiuto una noticina dello stesso Craplet, proprio l’ultima, nell’ultima delle pagine dedicate a Brioude. Dove sta scritto pressapoco così: “Nel 1973, mentre si svolgeva il restauro del pavimento della chiesa, si è scoperto che questo terminava alla quinta campata, là dove cominciava il coro, soprelevato, dei canonici”. Ed ecco la sorpresa: “Questa soprelevazione ha protetto un pavimento più antico (anteriore al XII secolo), collocato una trentina di centimentri più un basso”. Ebbene: nascosto sotto al presbiterio c’è ancora il pavimento originario – quello romanico! -. E com’è, com’era, questo pavimento romanico? Riportiamo il testo originario, che nessun dubiti: “La facture est analogue: galets et pierres éclatées, disposées en rosaces ou bandes géometriqués. Les éléments toutefois sont beaucoup plus fins“.
E insomma, chi la dura la vince: non sarà romanico, l’attuale pavimento di Brioude; ma a quello romanico si rifà, e lo imita, con gli stessi materiali e con gli stessi disegni. E per questo è così bello, e per questo i suoi piccoli ciottoli di fiume dialogano con piena intensità con il resto delle pietre di Saint-Julian, quelle grandi, e con il nostro gusto di appassionati del tempo romanico.

Visitatori a Brioude
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La basilica vista dalla piazza del mercato
La basilica di Brioude è una delle grandi chiese d’Alvernia, la regione francese dei vulcani che ha Clermont-Ferrand come capitale. Tra tutte, è la più meridionale quanto a collocazione, la più grande quanto a dimensioni, la più “spuria” – eppure bellissima – perché costruita in un lasso di tempo prolungato, con ripensamenti e innovazioni rispetto al più puro stile alverniate.
Questo blog propone, in altri articoli, due itinerari in Alvernia: il percorso appunto tra le chiese più belle della regione, rese inconfondibili dalle absisi meravigliosamente sviluppate e fiorite, e quello attraverso i più spettacolari tra i capitelli d’Alvernia, che sono tutti notevolissimi. A Brioude spicca il “capitello della disfida”, in cui un uomo nudo è stranamente conteso tra due schiere di armati.
Precisa e puntuale presentazione della immateriale bellezza di Brioude, grazie., Roberta
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In effetti è un po’ una sorpresa entrare in Saint-Julien e trovarsi una pavimentazione in ciottoli tipica dei sagrati. E’ molto bella a prescindere dall’epoca in cui venne realizzata, originale a modo suo, ed è sorprendente scoprire che sotto al presbiterio un’analoga pavimentazione con ciottoli di dimensioni minori, quindi più fine, forse raffinata, è conservata.
La basilica di Saint-Julien è uno dei gioielli dell’Alvernia che più amo insieme alle altre chiese definite “maggiori” ed altre minori che poi tanto minori non sono.
Tra tutte la basilica di Brioude emerge per un cantiere che si è sviluppato nel corso dei secoli, contrariamente alle altre realizzate in tempi ben definiti e contratti, per cui ha sviluppato delle caratteristiche uniche nel panorama alverniate.
Ogni volta che la rivedo vorrei subito tornarci.
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