Montbui è l’anno Mille costruito in pietra. La piccola chiesa di Santa Maria è in realtà un gigantesco monumento alle paure, alle ansie, alle attese, alle guerre e alle sofferenze, concrete e verissime, di quei decenni cruciali a cavallo tra il X e l’XI secolo.

La salita alla chiesa
Montbui è un luogo, uno dei tanti, della vasta Catalogna, che le invasioni arabe e le successiva reconquista hanno messo a ferro e fuoco, hanno spazzato come il vento fa con le foglie morte. Perso tra terre aride e deserte, fu scelto tra cento altri possibili luoghi per farne un punto di avanzamento della colonizzazione cristiana là dove gli arabi sembravano via via ritirarsi. E si faceva così, a quel tempo: un signore cristiano stendeva una mappa e decideva in quale valle o in quale località provare ad ampliare il proprio territorio, sconfinando nella terra di nessuno o in campo avverso; là dove pareva possibile guadagnare terreno, si inviavano “coloni”, regalando le terre a chi sceglieva di andare a dissodarle, a difenderle, a farle proprie, in sostanza conquistandole con la lancia e con la vanga, alla cristianità e… al signore locale.
Che cosa accadde a Montbui lo sappiamo con estrema precisione: “Subito dopo la terribile incursione guidata da Almanzor, che nel 985 conquistò e mise a sacco Barcellona – scrive Edouard Junyent – il conte Borrel si affrettò ad organizzare la protezione delle frontiere, distribuendo nuove terre ai suoi fedeli”; chi andò a Montbui, come tutti coloro che in quel tempo venivano mandati in avanscoperta, era tenuto a “procurarsi i mezzi di difesa necessari a consolidare il ripopolamento”. Per parte loro, i signori lo favorivano da lontano, come sapevano fare benissimo: il vescovo di Vich, Froia, che era legato da un patto con il conte Borrel, contribuì “erigendo nel proprio dominio di Montbui una torre solida che servì da protezione ai coloni stabilitisi nella sua circoscrizione e per i quali fece costruire una chiesa”.

La chiesa e la torre
Ecco cos’era Montbui poco prima del Mille: un colle in mezzo a una piana arida su cui, tra una scorribanda e l’altra, gli uomini del conte Borrel e del vescovo Froia costruivano una torre e una chiesa. Ma torre e chiesa rimasero incompiute, perché nel 990 una terribile siccità convinse i pochi coloni ad abbandonare la campagna; “rapidamente ridotto a sterpi e sodaglia – scrive Junyent – il territorio vide allora l’invasione del cordovano Abdelmelic che nel 1003 irruppe in questa zona della Catalogna”. “E dopo questo brusco colpo di freno all’espansione della Marca, il recupero fu molto lento. I mezzi di difesa e di protezione della popolazione furono riorganizzati solo dopo le campagne di Cordova, nel 1010”; nel frattempo la località di Montbui, con la sua torre e la sua chiesa rimaste incomplete, passarono di proprietà; e il nuovo signore, il diacono Guglielmo che le riceve nel 1023, decise finalmente di completarne l’edificazione; e infine nel 1032 fece testamento, partendo per un viaggio nei territori arabi da cui in effetti non tornerà, e lasciò il legato di un’oncia da spendere per la cerimonia di consacrazione della chiesa.

La chiesa vista dal lato settentrionale
In questo modo Montbui, quindi, attraversò il suo anno Mille. Per i coloni del posto fu un cambio di secolo cruento, fatto di speranze e per contro di concreta e drammatica attesa degli anticristi e delle scimitarre; per molti di loro fu davvero la fine del mondo. Anche la chiesa di Santa Maria attraversò l’anno Mille, a cui per fortuna sopravvisse. Il suo corpo centrale, con le tre semplici e basse navate allineate, risale alla prima campagna di costruzione, tra il 985 e il 990. La parte absidale, appena un po’ più finemente realizzata, e la testata occidentale, in sostanza un muro che regge il campaniletto a vela, sono state aggiunte tra il 1023 e il 1032, a completare la costruzione.

La navata centrale
E così “l’església preromànica de Santa Maria de la Tossa”, come la definiscono i Catalani, è una preziosissima testimonianza di come fossero edificate le chiese di frontiera nell’anno cruciale in cui ogni assalto nemico poteva costituire la fine del mondo, e la salvezza stava, appunto, nella posizione protetta, nelle mura spesse, nelle finestre minuscole della chiesa che una comunità locale riusciva a realizzare. Decisiva in proposito – e anche per questo la chiesetta di Montbui è un monumento esemplare – è la decisione di coprire la chiesa con una volta in pietra. La copertura così realizzata – volta a botte in tutte e tre le navate – è pesante e greve, e trasforma Santa Maria in una sorta di bunker dell’anno Mille, e la rende bassa e e oscura, quasi una catacomba medievale. Ma la volta in pietra era irrinunciabile per quel secolo di frontiera e per quei coloni posti sul precipizio: “Dopo tanti disastri e colpi ricevuti – scrive Edouard Junyent sintetizzando mirabilmente l’esigenza prima dei costruttori del tempo – l’esperienza aveva dimostrato che nulla favoriva la conservazione di un edificio e ne riduceva i rischi, quanto la costruzione di un’opera solida, in cui l’abolizione della struttura lignea avrebbe soppresso ogni pericolo d’incendio”.
Veramente da qui, da Santa Maria de la Tossa, posta a cavallo del Mille, e dalle sue volte in pietra – per qualcuno opprimenti, per altri piene di fascino – comincia il viaggio dell’architettura romanica.

La “facciata” della chiesa
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L’ingresso, sul lato meridionale
Dopo secoli di abbandono, nei quali tra l’altro la si raggiungeva con difficoltà, oggi la chiesa di Santa Maria de la Tossa è molto ben tenuta e circondata da un ameno e ordinato contesto – la torre di fronte ospita un piccolo museo – e non è facile immaginare la situazione di questi territori nell’alto Medioevo. Tutta la zona peraltro vive nei decenni più recenti un importante sviluppo, e a anche intorno al colle di Montbui sono sorte fiorenti cittadine, la più vicina delle quali è Santa Margarida de Montbui, appunto.
Siamo a un’ora di strada da Barcellona, e nella stessa zona si possono visitare, altrettanto affascinanti, le chiese di Corbera e di Sant Llorenc del Munt, che però, insieme alla mirabile chiesa di Cardona, anch’essa poco distante, sono realizzazioni del romanico catalano compiuto, edificate quasi un secolo dopo Santa Maria de la Tossa. E molte altre sono le meraviglie romaniche di Catalogna: Before Chartres suggerisce questo itinerario in sette giorni.

Visita a Santa Maria della Tossa
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La chiesa di Montbui è spettacolare. Ma il tempo romanico è ricco di chiese collocate, come questa, ai confini del cielo. Belle come Santa Maria, e però inerpicate in cima ai monti, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre dodici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO.
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La Borgogna romanica – da Autun a Tournus, da Vézelay a Cluny a Berzé-la-Ville – è una regione tra le più belle dell’Europa romanica. Ora è anche un delizioso volumetto, densissimo di meraviglie, che mette insieme gli appunti di viaggio di Before Chartres: LA BORGOGNA romanica IN SEI GIORNI.
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La mia famiglia viene da Montbui e ho sempre visitato questa chiesa. Forse grazie a lei e al monastero di Sant Llorenç del Munt, molto vicino a casa mia, devo la mia dedizione allo studio del romanico.Ingrandisco il suo articolo e li ringrazio per la diffusione del romanico catalano.
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Cinzia Scapoli (da Fb):
Spiegazione affascinante, fa rivivere il periodo storico ampiamente in modo chiaro e semplice. Bellissime le immagini.
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Daniela Ferri (da Fb):
“Chiesa di frontiera in un secolo di frontiera”, soprattutto la facciata mi fa sentire l’anima di questa bella “chiesa coraggio”.
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Barbara Casciu (da Fb):
Beh… che dire, un altro articolo bomba. La chiesa è effettivamente molto scarna, rude. Anche la Spagna merita🤩
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Fantàstic reportatge, Precís i complert. M’agradat molt…..
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Avvincente narrazione della storia di una antica chiesa catalana giunta (forse) quasi intatta ai giorni nostri.
Dico forse perché l’esperienza dalle letture mi dice che in Spagna vanno piuttosto pesanti sui restauri e l’autenticità degli edifici è sempre difficile da ritrovare, almeno con congrua certezza.
Ciò che ci mostri peraltro sembra invece ragionevolmente ascrivibile almeno all’interno alla sua conformazione originaria. Quelle volte a botte, basse, massicce, non possono essere di ripristino.
E’ un edificio affascinante per il paesaggio in cui è immerso e per la parte absidale così arcaica e compatta.
Il viaggio in Catalogna che segnali lo raccomando, anche se ho potuto finora visitare solo i tre gioielli del versante francese. Dove ho lasciato il cuore nel lontano 1991.
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Michele Arcangelo Sarti (da Fb):
Mi fate godere e soffrire, quanto vorrei andare! Grazie per i meravigliosi programmi e immagini che mi proponete e il piacere di leggere le vostre note.
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