Deve cominciare al mattino presto il viaggio romanico di Before Chartres – quasi un girotondo – intorno al lago di Bracciano: visiteremo cinque chiese da favola, partendo presto da Roma, in una bella domenica di sole, di quelle che quasi abbiamo dimenticato.

Ci concederemo un caffè, prima di lasciare la città, che sarebbe sacrilego non farlo; e faremo poi colazione una volta arrivati a Palombara Sabina, il bel borgo arroccato e dominato dalla torre, che sta ad un’ora circa dalla capitale in direzione Rieti; da qui poi in pochi minuti raggiungeremo San Giovanni in Argentella, solitaria e antica, persa nel verde folto e aggressivo. Vuota e silenziosa, meglio di qualunque altre chiesa San Giovanni testimonia del tempo in cui Roma e le sue terre guardavano ancora ai secoli dei primi cristiani e nella loro memoria costruivano basiliche dalle linee essenziali e dalle grandi finestre. Di questa e delle altre quattro mete dell’itinerario, Before Chartres ha scritto un’ampia presentazione, a cui rimanda chi voglia approfondire: così quando sarai nella deliziosa pergola, sotto l’elegante campanile della chiesa dell’Argentella, persa tra i rovi, potrai leggerne qui.


Ci aspetta, a mezz’ora di strada più a nord, quel piccolo gioiello che è l’abbazia di Sant’Andrea in Flumine, bianca e sottile, sposa per le spose: il suo interno, fatto rinascere dai restauri, è tra i luoghi più belli in cui celebrare un matrimonio; e però la chiesa e tutto il complesso, anche se oggi prestati a quest’uso mondano, meritano sicuramente di essere visti (ne puoi leggere qui). Lì vicino il Tevere – il “flumen” che dà il nome al monastero – compie ampi giri, come un serpente d’acqua, e poco più a valle dell’abbazia c’è il ristorante in cui sogno di tornare: la sua pasta alla gricia è indimenticabile quanto l’atmosfera di quest’angolo prezioso del Lazio.
Un’ora ancora di strada, dopo il pranzo, ci ha portati davanti alla spettacolare basilica di Castel Sant’Elia. Nata dal tufo – come ogni nobile costruzione in questa zona – e sospesa tra il verde dei pini e il marrone di questa appassionante pietra locale, stupisce per l’atmosfera intensa, i pavimenti meravigliosi, i millenari arredi, i colori vivi e diffusi del presbiterio tutto affrescato con il linguaggio dell’Apocalisse. Nel giro dell’abside le sante, che paiono dipinte da Gustav Klimt, sono l’incontro finale, l’ultimo appuntamento dentro questa basilica nella cui forte navata soffia l’aria di Roma – Before Chartres lo racconta qui – e che però è dominata dal profondo respiro del medioevo romanico.
Mezz’ora appena di strada, e a Santa Maria di Falleri tutto è diverso. La gigantesca chiesa abbaziale sorge anch’essa isolata, ma questa volta in mezzo ad una campagna piana che sembra la Spagna, o la Pianura Padana. La facciata è dura come chi non ha mai voglia di scherzare; i fianchi dritti sembrano quelli di una nave corazzata, le absidi rigide, forti e compatte come le Giant’s Causeway irlandesi… E nella grande navata, scandita da pilastri e colonne, certi capitelli ciclopici richiamano certamente la Roma classica, e lo puoi verificare qui; ma più che la voce di Santa Romana Chiesa, a Falleri si ascolta il meditabondo silenzio dei Cistercensi.


E la sera, a Tarquinia, un romanico ormai tardo ci accoglie finalmente in Santa Maria di Castello. Dove ci si immaginò una chiesa dal linguaggio quasi lombardo, o addirittura borgognone, la si tirò su con quest’accento fino alle grandi arcate della navata, ma poi tutto ad un certo momento cambiò; ed anche qui, come a Falleri, il nuovo si fece strada – lo puoi approfondire qui – insieme alla penetrazione dei nuovi ordini monastici, quelli che stanno alla fine del tempo romanico e contribuiscono al trapasso verso un’era nuova e più moderna.
Si conclude a Tarquinia il lungo girotondo scandito da cinque perle romaniche: è bello incontrarle sul cammino così felicemente disposte in un corretto ordine cronologico, che ci porta dalle forme basilicali e antiche dell’Argentella ai modi quasi gotici, appunto, di Santa Maria di Castello. Chi vive a Roma, ma anche chi nella capitale ha la fortuna di passare qualche giorno, non scarti a priori l’idea di spenderne uno lungo questa strada curva in andata e ritorno: Roma è grande – se ne sente il profumo perfino ad Arles e ad Autun – e il “romanico di Roma” non sta certo confinato entro la cinta della città antica.
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Anche la terra alta tra Milano e i Laghi è una regione ricchissima di tesori romanici. Un itinerario in dieci tappe racconta le realizzazioni più preziose – da Arsago Seprio ad Almenno San Bartolomeo, da Gravedona a Galliano a Civate – in questa terra che vide operare i “maestri comacini”: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI.
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La Borgogna romanica – da Autun a Tournus, da Vézelay a Cluny a Berzé-la-Ville – è ora un delizioso volumetto, densissimo di meraviglie, che mette insieme gli appunti di viaggio di Before Chartres: LA BORGOGNA romanica IN SEI GIORNI.
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Vuoi scoprire la Catalogna romanica nelle sue suggestioni più profonde? Il modo migliore è farti guidare dagli appunti di viaggio di Before Chartres. Puoi seguire l’itinerario proposto da questo blog: organizzato in sette giornate, ora è diventato un volumetto intitolato LA CATALOGNA romanica IN UNA SETTIMANA.
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Un bell’itinerario di luoghi da scoprire o riscoprire, ripercorrendo siti che nei post ci hai già presentato.
Devo dire che in questo caso me ne mancano diverse, quasi tutte, visto che sono stato solo a Tarquinia.
Ma quanti itinerari mi hai già suggerito in questi anni che ci conosciamo?!….
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