Dal punto di vista letterario, la tentazione, la ribellione e la caduta di Adamo ed Eva costituiscono la prima grande saga dell’epopea biblica; e il loro peccato – il “peccato originale” – è ancora più importante agli occhi del fedele e del teologo: il “tradimento” che si dipana nell’Eden, intorno all’albero del bene e del male, è l’avvenimento fondante di tutta la successiva esperienza del rapporto tra Yavhé e il suo popolo. E c’è un passaggio importantissimo della vicenda – il dialogo tra Dio ed Adamo, con il suo senso nascosto – che merita di essere evidenziato, e che ci porterà, dopo un breve cammino, nella grande navata di Saint-Benoît-sur-Loire.
Narrate molte e molte volte sui capitelli e nei rilievi e negli affreschi romanici, le vicende dei due progenitori nell’Eden sono state rappresentate sottolineando di volta in volta una delle diverse fasi: nel primo frame della storia un sinuoso serpente sale lungo l’albero mentre Adamo ed Eva – appena creata da una costola dell’uomo – osservano ciò che sta per accadere; frequentissima è la rappresentazione di Eva che prende la mela offerta dal serpente, e altrettanto spesso gli artisti romanici indugiano sul gesto di lei che porge il frutto ad Adamo, perché lo segua nel peccato; altri capitelli e dipinti fermano invece l’attimo in cui, compiuto il gesto fatale, i due si scoprono nudi, e si nascondono con le foglie o tra gli arbusti; altre volte ancora vediamo Adamo ed Eva, scoperti e rimproverati, a volte vestiti di pelli, uscire dall’Eden sotto la minaccia di un angelo con la spada sguainata; e infine capita che gli artisti medievali raccontino di come, cacciati dal Paradiso terrestre, l’uomo e la donna devono, alla fine, lavorare per sopravvivere. Però il nocciolo vero di questo racconto della Genesi, il passaggio più sorprendente, sta nel dialogo tra Yavhé e i tre protagonisti del peccato:
…il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
L’ultima frase è una stupefacente profezia: scritta secoli prima rispetto all’incarnazione di Gesù, già la annuncia; e così questo versetto del Libro della Genesi, il primo degli antichi testi dell'”Antico” Testamento, anticipa il Vangelo, e già nell’istante del peccato dei progenitori, prevede un lieto fine a tutta la storia. Siamo davanti a quello che i teologi chiameranno “protoevangelo”: le parole di Genesi 3,15 – «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» – dicono che dalla donna cha ha causato la caduta nascerà chi saprà vincere il serpente, e il male che ha causato. Non si parla di Maria, o di una donna che verrà, ma di un uomo che sarà generato dalla sua progenie: il pronome “questa” corrisponde all’ebraico hûʾ (“esso”), che nel testo originale è riferito a zarʿāh, “seme”, nel senso della discendenza della donna; così a vincere il serpente sarà un individuo, il “seme (di lei)”, “la sua stirpe”.
Il “protoevangelo” di Genesi 3,15, questa “buona novella” della nascita di Gesù già nascosta dentro la condanna del Signore, non cambia il destino immediato di Adamo ed Eva. E però quella profezia è fondamentale per la nostra salvezza; e anche per la salvezza dei due progenitori, che proprio Gesù andrà a prendere, negli Inferi, per farli risorgere insieme a Lui… E se con tutto il nostro sapere, in realtà noi rischiavamo di non accorgerci di questo testo dentro il testo, qualcuno invece a Saint-Benoit-sur-Loire, verso la fine dell’XI secolo, aveva ben colto la sua importanza. E’ nella navata della grande abbazia, infatti, che un capitello, arcaico come i tanti della famosa torre-portico, tramanda scolpito in pietra il dialogo tra Dio e i due primi peccatori: una verga alzata nella destra del Signore è il segno che saranno cacciati, e però nella sinistra si mostra, sotto forma di libro, proprio il “protovangelo”.
Scolpita con cura più che ogni altro elemento nel capitello, nelle mani del Dio deluso e deciso a punirci sta già la promessa scritta della riconciliazione. Questa profezia fondamentale, che l’artista di Saint-Benoît mostra rilegata e sigillata, accompagnerà Adamo, ed Eva, e i loro figli, e la loro discendenza, e risuonerà all’orecchio del popolo che Dio ha scelto durante tutte le sue peregrinazioni e in occasione delle ripetute cadute, e non tradirà. Il Dio che fece questa inattesa promessa, il Dio che offre ad Adamo ed Eva il “protoevangelo”, porta già il nimbo crociato: nel Creatore stesso che cammina nell’Eden è già presente il Figlio crocifisso, quel frutto della stirpe della donna che alla fine schiaccerà il capo del serpente tentatore.
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Una essenziale rassegna delle rappresentazioni medievali della vicenda dei progenitori nell’Eden – tentati, caduti, pentiti e scacciati – sta nella voce “Adamo ed Eva” nel Dizionario d’iconografia romanica di Marc Thoumieu (Zodiaque 1996 – Jaca Book 1997): anche se non si fa cenno al capitello di Saint-Benoît-sur-Loire e al “protovangelo” che – solo in questo rilievo? – appare in mano al Signore. Before Chartres non può non rimandare il lettore ad altre tre splendidi capolavori romanici in cui il peccato originale si trasforma in arte e teologia fuse insieme: chi vuole può leggere della meravigliosa Eva di Autun, sull’architrave scolpita da Gislebertus, e poi del bellissimo capitello (e della lussureggiante Eva) di Clermont Ferrant, o ancora dell’affresco dedicato al peccato originale nell’eremo di Maderuelo, con la sua storia complicatissima. A Castel Tirolo, infine, sarà possibile incontrare un Adamo con lunghi baffi… tirolesi.
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Le storie e le immagini della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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Non c’è, il capitello notevolissimo di Saint-Benoît, nel volumetto sui capitelli medievali che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI.
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Sandra Rossi (da Fb):
Grazie, Before Chartres: un’altra interessantissima storia della Bibbia riletta però con gli occhi degli artisti medievali che amiamo. Davvero bella!
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Luigi Vianelli (da Fb):
Interessante. Non conoscevo questo capitello, e non credo che avrei notato il libro nella mano del Signore. La qualità non è eccelsa, ma forse anche giustificata dal fatto che si tratta se non erro di capitelli scolpiti nell’XI secolo.
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Piccolissima precisazione: per tradizione più orale e artistica, siamo assuefatti ad indicare “il frutto” come una “mela”, ma mela non è né è mai stata:
Genesi 3,3
«…ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».
Genesi 3,6
«Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.»
Interessante poi notare come prima della “cacciata” dall’Eden, è dio stesso che si preoccupa di dare dei vestiti ai nostri disubbidienti progenitori.
Genesi 3,21
«Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.»
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Ho scritto “mela”??? Sì, ho scritto “mela” 🙂 … Grazie per la tiratina d’orecchi, doverosa! Tra l’altro anche nelle rappresentazioni romaniche non sempre – a meno che non ci troviamo in Tirolo 🙂 – il frutto proibito ha la forma di una mela, e a Clermont-Ferrand lo si vede bene.
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Interessante come sempre questo approfondimento su un capitello dell’abbazia di Saint-Benoit-sur-Loire. La Genesi con la narrazione del “peccato originale” e la conseguente cacciata dal Paradiso è uno dei temi più noti e rappresentati nell’arte romanica e sono affascinanti le scoperte dei dettagli ed i raffronti con altri analoghi esempi che ci vengono proposti sul tema.
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Luca Giordani (da Fb):
Buona parte del Genesi non è altro che una trasposizione di testi sumerici, ripresi anche dalle successive civiltà mesopotamiche.
Detto questo va detto anche che la teologia cristiana ha, nel corso dei secoli, modificato le traduzioni per trarre le profezie messianiche.
Nel caso del protovangelo che sarebbe presente in Genesi 3,15 c’è una forzatura ulteriore, nel testo originale si legge: “Ed io porrò odio fra te e la donna, fra
la tua progenie e la sua. Quella ti pesterà alla testa, e tu l’invilupperai al calcagno.” La forzatura sta nell’attribuire alla progenie o alla stirpe la sola figura di Cristo, mentre è logico trattarsi di più persone discendenti dal capostipite, in questo caso da Eva visto che la minaccia è rivolta a lei.
C’è poi la questione della “mela” che non è citata in nessuna versione della Genesi, dove si parla del frutto dell’albero del Bene e del Male, questo albero viene anzi spesso identificato nel Fico, mentre la mela è sicuramente entrata in scena a causa di una sostituzione di vocale da Malum a Melum.
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Non mi sembra di vedere forzature, Luca, quanto piuttosto letture, affascinanti. C’è un Dio che punisce, che secondo i parametri normali è irato, e in particolare con la donna… e però si lascia andare ad una (seppur vaga) profezia di rivalsa. Ci sta tutto: sta parlando al serpente e gli dice che anche lui avrà le sue conseguenze per quello che ha fatto: nemmeno gli dice che soccomberà, ma che tra lui e la stirpe di Eva non correrà mai più buon sangue. Ripeto: è normale, ci sta, nulla di speciale. A sorprendermi e ad affascinarmi è la lettura fatta dai teologi nei secoli della prima cristianità, che in questo dialogo hanno visto l’annuncio di una redenzione; e a sorprendermi è il modo in cui uno scalpellino francese dell’XI secolo ha saputo sintetizzare questa lettura, mettendo un libro in mano a Yahvé.
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Non è del tutto corretto dire che esiste una “forzatura” nel individuare nel solo Cristo la “progenie” della “donna”.
La Donna è Maria Vergine, la Stessa rappresenta la Chiesa, i figli della Chiesa (Chiesa come utero, Battesimo uomo nuovo Figlio di Dio che esce dalle acque) sono tutti i credenti ed è tutta questa “progenie” che vedrà aprirsi in virtù dei meriti di Cristo, la possibilità di sconfiggere i Demoni pur vedendo il proprio “calcagno” sempre minacciato.
Si tratta solo di avere un visione teologica, escatologica e cristologica un pochino più ampia.
Matteo 10,8
«Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.»
Marco 3,15
«e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.»
Marco 16,17
«E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,»
Romani 16,20
«Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi.»
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