I tre amboni d’Abruzzo, quasi gemelli

È inevitabile dedicare più di un approfondimento ad un gruppo di opere – gli amboni di Rosciolo, Moscufo e Cugnoli – che sono il vanto del romanico d’Abruzzo e che costituiscono, per quanto sono belli e per quanto sono simili tra loro, un episodio particolarissimo nella storia dell’arte medievale. Non si può parlare dell’uno senza citare gli altri, e però diversi sono gli elementi e gli aspetti che meritano di essere evidenziati. E allora ci rassegnamo – e insieme ci divertiamo – a scrivere di questi tre pulpiti osservandoli più e più volte.

In questo articolo tentiamo uno sguardo complessivo, quasi tecnico. Proviamo qui, in sostanza, a guardare i tre amboni insieme, e a confrontarli con l’obiettivo di “ricostruirne” il modello ideale. In origine, infatti, i tre pulpiti, oltre ad essere stati realizzati dalla stessa scuola e con la stessa tecnica della decorazione “a stucco”, avevano tutti la stessa struttura. E però ad ognuno di essi, per i danni subìti, oggi manca qualcosa, e solo studiandoli insieme possiamo provare a vederli tutti completi.

Rosciolo, l’interno della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta

Il primo ambone è quello di Rosciolo, nella bellissima chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta. È stato realizzato dal maestro Roberto con l’aiuto di Nicodemo, ed è datato all’anno 1150. Integrato in cemento dai restauratori nelle parti mancanti, ci mostra già quale fosse la sua forma complessiva, che poi gli altri due amboni ripeteranno senza variazioni: quattro colonne, con capitelli decorati, reggono una fascia ad archi con rilievi floreali, su cui si imposta il “cassone” per la predicazione; a questo spazio soprelevato, come un cubo sospeso in alto, si accede attraverso una scala, che è decorata con le storie di Giona; il “cassone”, quindi, ha solo due lati intensamente lavorati, quello che dà verso la navata e quello che guarda verso l’ingresso della chiesa, poiché il terzo, verso l’altare, è occupato in gran parte dalla scala e il quarto, sul retro del pulpito, è nascosto e irrilevante; ciascuno dei due lati principali del cassone è costituito da un fondo rettangolare col riquadri decorati, al centro del quale si innesta un lettorino, un leggìo, in grande evidenza, che ha la forma di un semicilindro addossato.

Ed ecco: il pulpito di Rosciolo, pur meravigliosamente inserito nel contesto e nell’atmosfera bianchi e arcaici della chiesa che lo ospita, qui mostra i suoi limiti. Manca infatti di buona parte delle decorazioni originarie, perse nei secoli: il lato verso la navata e ridotto a metà di quel che doveva essere, e il leggìo presenta solo, alla base, un leone alato; il lato verso l’ingresso della chiesa è addirittura spoglio, rimasto privo completamente dei decori e del lettorino.

Moscufo: il pulpito, la navata, l’abside
Moscufo, il leggìo con aquila e toro

Occorre a andare a Moscufo, in Santa Maria del Lago, per ammirare il secondo dei tre pulpiti “gemelli”, e per vedere quel che a Rosciolo è andato perduto. Questo ambone è stato scolpito nel 1156 da Nicodemo, che a Rosciolo aveva avuto il ruolo di “aiuto” del maestro Roberto, e che qui invece dà sfoggio di una padronanza assoluta dell’arte della decorazione a stucco. E però non compie sforzi di fantasia, perché la struttura e le decorazioni sono le stesse, quasi che Nicodemo qui volesse realizzare, come in una sfida, proprio una copia del pulpito di Rosciolo, ma tutta di sua mano. Ha riproposto, e si direbbe a memoria, la parte portante – colonne, capitelli, archi decorati a girali, animali e omini – e anche la scala è praticamente identica, con le stesse due scene della vicenda di Giona. Qui a Moscufo poi scopriamo come dovevano essere, anche a Rosciolo, i due lettorini semicilindrici: in quello verso la navata, al leone alato, che rappresenta Marco, è sovrapposto l’angelo di Matteo che con le mani alzate regge il leggìo; nel secondo lettorino, quello verso l’ingresso della chiesa, al toro alato che rappresenta Luca si sovrappone l’aquila di Giovanni, sulle cui ali si regge il secondo appoggio per la lettura. I simboli degli Evangelisti ornavano – ne siamo certi – il bianco pulpito di Rosciolo, così come ornano ancora quello di Moscufo, che dal primo si distingue per com’è completo e per com’è tenuamente ancora colorato.

Cugnoli, il pulpito visto dal presbiterio
Cugnoli, il leggìo con leone e angelo

Il pulpito di Cugnoli è il meno noto dei tre: realizzato ancora, nel 1166, da Nicodemo, che evidentemente ha inteso lasciare una nuova versione di quell’opera che, dieci anni prima, doveva avergli dato onori e fama, sta oggi in una chiesa che di romanico e di medievale non ha nulla, e appare quindi un po’ fuori contesto, quasi fosse in un museo. In più, ha subìto un intervento di restauro e di consolidamento non proprio felice, che l’ha reso di un bruno uniforme. Quanto alla struttura, la principale carenza di questo ambone è che è stato privato della scala di accesso – e siamo pronti a scommettere non fosse dissimile da quelle di Rosciolo e di Moscufo -; manca purtroppo inoltre dal leggìo verso l’ingresso la figura dell’aquila di Giovanni. E però questo terzo pulpito realizzato da Nicodemo presenta molti degli elementi secondari di decorazione che già si trovavano negli altri due amboni – dal “cavaspina” agli omini che salgono e scendono dai portaceri, dalle formelle con scene di lotta alla rappresentazione di lettori e incensieri, su cui per forza sarà necessario ritornare – e rispetto a quello di Moscufo può dirsi equivalente quanto alla qualità di esecuzione. Merita di essere visto, certamente, anche per un puntuale confronto e per comprendere come si sia evoluta, appunto, la mano di Nicodemo dal lavoro compiuto a Rosciolo come “secondo”, fino all’opera realizzata nella piena maturità artistica.

L’Abruzzo romanico – lo dicevamo in un precedente articolo – offre agli appassionati dell’arte medievale diversi possibili itinerari, intrecciati tra loro. Quello che unisce Rosciolo a Moscufo e a Cugnoli è uno dei più sorprendenti e appaganti: i tre pulpiti sono come fratelli nati nella stessa casa, solidali tra loro e allo stesso tempo in competizione, ciascuno bastante a se stesso e inserito in un proprio contesto, e però figli, senza alcun dubbio, degli stessi genitori. Per ritrovare una vicenda simile, nella storia dell’arte, occorrerà attendere più di un secolo, quando nel tempo ormai pienamente gotico e quasi all’alba del Rinascimento, Nicola e Giovanni Pisano realizzeranno i tre pulpiti di Pisa, Siena e Pistoia. Ma questa è una storia che lasceremo raccontare ad altri.

N.B.: Per scoprire il rapporto tra questi amboni e i cibori decorati realizzati dalla stessa scuola di Ruggero, Roberto e Nicodemo, si legga qui l’articolo L’Abruzzo è… amboni e cibori d’autore.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Galliano ad Almenno San Bartolomeo, da Gravedona ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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Le Scritture, con i loro personaggi e i loro autori, hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ha affrontato molti temi biblici nei suoi articoli, e oggi ha raccolto i più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

3 pensieri su “I tre amboni d’Abruzzo, quasi gemelli

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Carla Lotti (da Fb):
    Non conoscevo l’ambone di Cugnoli mentre avevo visto gli altri due. Mi ha sempre affascinato l’opera di Nicodemo, scultore che veniva da Guardiagrele, e che merita di essere ricordato tra i più grandi del periodo artistico medievale.

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  2. Paolo Salvi ha detto:

    “Abruzzo forte e gentile”, come possiamo riscontrare nel romanico e nei suoi amboni. (per inciso questa frase non è di D’Annunzio, come pensano tutti, ma di Primo Levi, un omonimo del ben più famoso scrittore).
    Magnifici e finemente cesellati i pulpiti abruzzesi, che ingentiliscono le sobrie e possenti chiese romaniche. Più volte ho visitato Santa Maria in Valle Porclaneta rimanendone sempre immancabilmente estasiato, solo una volta Moscufo, ed anch’io rimpiango di non aver visto l’ambone di Cugnoli, proprio perché decontestualizzato e di cui allora non ne avevo conoscenza.
    Confido di colmare la lacuna l’agosto prossimo, rivedendo ciò che ho visto solo una volta nel ventennio e più passato (dal 1996) e cercando i luoghi, pochi per fortuna, che ancora mi mancano.
    In tanto mi beo di questo ottimo post e delle splendide e dettagliate fotografie che lo rendono maggiormente comprensibile.

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