Collonges la rossa e la sua Ascensione

Più e più volte, nel tempo romanico, sul timpano di una chiesa è stata scolpita la scena dell’Ascensione di Gesù. Ma solo a Collonges-la-Rouge il Cristo e gli angeli e gli apostoli così rappresentati… sono davvero saliti verso l’alto, su su, tutti insieme, per quasi dieci metri verso il cielo. Non fu un miracolo, tutt’altro. Accadde invece che, come tutte le altre, la lunetta rappresentante l’Ascensione fu scolpita e posta in opera sopra la porta che dà accesso alla chiesa di Saint-Pierre; ma poi venne il tempo delle Guerre di religione, e si decise di proteggerla dalle bande di fanatici che, in tutta la Francia, si accanivano, a martellate, sui luoghi di culto e sui loro decori; e per proteggerla, i religiosi di Collonges – che sta in Nuova Aquitania, ma vicinissima al confine con l’Occitania – smontarono la lunetta nelle otto piccole lastre che la compongono e le murarono, un poco separate fra di loro, sempre sul muro di facciata della chiesa, ma in alto, quasi all’altezza delle coperture della facciata stessa, a dieci metri dal suolo.

La lunetta di Collonges, con la sua Ascensione, restò lassù, smembrata ma al sicuro, fino al 1923, quando l’architetto Louis-Albert Mayeux propose di ripristinare il timpano e di ricollocarlo nella sua posizione originaria, sopra l’ingresso, dove giustamente lo possiamo ammirare a tutt’oggi.

La lunetta (foto di Rossano per Wikimedia Commons)
Il portale sulla facciata

Per lunghi secoli, quindi, le figure della lunetta sono rimaste in esilio, sospese. Il trasferimento “in quota” le ha probabilmente salvate dalle mutilazioni che molti altri portali subirono nel Cinquecento e nel Seicento, per via dei conflitti tra Cristiani e Protestanti, e poi al tempo della Rivoluzione. Allo stesso tempo, però, i bei rilievi sono rimasti lontani e nascosti, e restituirli alla vista dei più è stata senza dubbio un’opera meritoria.

L’Ascensione di Saint-Pierre de Collonges, nonostante il degrado causato dal tempo e dagli agenti atmosferici, è infatti un’opera di alto livello artistico. Lontana dalla rotonda classicità dell’Ascensione scolpita a Tolosa, possiede una sua propria forza e in alcuni tratti grafici – interessante il confronto con la lunetta di Montceaux-l’Etoile – è decisamente sorprendente: notevole è il Cristo che ascende al cielo senza una mandorla a circondarlo, e come sollevato verso l’alto da due angeli che tengono il lembo del velo su cui poggia i piedi; due altri angeli, in una posa slanciata che rimanda a quelli del portale di Charlieu, riempiono i lati della parte alta della lunetta: sono gli “uomini vestiti di bianco” del racconto di Luca, l’unico autore canonico a narrare esplicitamente l’ultimo dialogo tra Gesù e i suoi:

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato (Atti degli Apostoli, 1, 6-12)

Il registro superiore con gli angeli e il Cristo
La Madonna e san Giovanni

Come nell’Ascensione di Montceaux, anche qui la parte bassa della rappresentazione è forse ancor più interessante e sorprendente. In questo registro inferiore, infatti, sotto dieci archeggiature, sono rappresentati gli Undici – l’unico apostolo che manca, ovviamente, è Giuda – e con loro c’è Maria. La Vergine sta al centro, e sembra dialogare con un apostolo, che possiamo identificare con Giovanni, a cui Cristo in punto di morte affidò la propria Madre. Belle tutte le figure degli altri attori della scena, uno solo dei quali ha perduto la testa; notevolissimi i due gruppi – uno all’estrema sinistra e uno all’estrema destra – in ciascuno dei quali tre apostoli, rompendo il ritmo delle arcatelle, dialogano animatamente mentre il loro Maestro sale al cielo, come a confrontarsi nel profondo su quanto sta avvenendo. Siamo nel XII secolo, e il romanico maturo mostra anche qui, come a Souillac e a Moissac, come la maestria ormai raggiunta riesca a non perdere forza, e a non sciogliersi in un decorativismo estetico, come invece spesso avverrà nell’arte dei secoli successivi. 

Luca è l’unico scrittore canonico, si diceva, a tramadarci l’episodio dell’Ascensione. Nel suo Vangelo si limita ad una narrazione molto sintetica – “Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24, 51-52) – mentre negli Atti degli Apostoli, come abbiamo visto più sopra, il racconto è più articolato. Colpisce una frase, che il tempo romanico deve aver soppesato a fondo, quella cioè in cui si annuncia agli apostoli che il Signore tornerà “allo stesso modo con cui l’avete visto andare in cielo”. L’Ascensione, evidentemente, è figura di quella seconda venuta, e per questo diventa, agli occhi dello scultore romanico, episodio cruciale e profetico. Se merita quindi, l’Ascensione, di stare nel portale, in questo luogo privilegiato, come accade qui a Collonges “la rossa”, è proprio per questo motivo: perché è l’anticipazione del momento più atteso, di quel ritorno, di quel nuovo aprirsi dei cieli, di quella nuova rivelazione del Salvatore, finalmente vittorioso, che il medioevo dello spirito ha rappresentato tante volte sui timpani delle chiese, e che l’uomo romanico non smette di desiderare e di attendere con ansia spasmodica.

Uno scorcio di Collonges “la rossa”

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4 pensieri su “Collonges la rossa e la sua Ascensione

  1. Luigi Stresa (da Fb):
    La storia delle sculture che vediamo sulle chiese è sempre complicata. Pensi che siano state sempre dove le vedi, e invece molte volte sono state spostate, restaurate, sostituite e quindi è bene essere attenti, prima di innamorarsi di una scultura antica.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Affascinante questo borgo del Corrèze, dipartimento che ho visitato di sfuggita poiché è confinante col Cantal, in Alvernia. Avessi letto prima questo post avrei certamente cercato di visitarlo due anni fa quando sono andato nella non lontana Beaulieu-sur-Dordogne a visitare la sua superba abbazia (come tu e Luca mi avevate suggerito per una fugace evasione).
    Collonges-la-Rouge, un nome particolarmente azzeccato, ti accoglie nel suo borgo di case e castelli e chiese tutte in tonalità rossastra, calda e avvolgente.
    E meraviglia ancor più la storia sagace della lunetta, salvata come poche dal vandalismo delle guerre di Religione e dall’ira iconoclasta (ahimé giustificata) dei Rivoluzionari contro la chiesa complice del regime dispotico.
    Grazie “al cielo” come in pochi altri casi (Chassenard ad esempio) hanno adottato una strategia originale per salvare questa pregevolissima lunetta.
    E noi amanti del romanico e del bello gliene siamo profondamente grati.

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    1. Collonges-la-Rouge è bella sì, Paolo… Quei due gruppi di tre apostoli ai lati del registro inferiore sono per me stupefacenti: cent’anni dopo la scultura sarà formalmente perfetta, ma signori miei, che vita che c’è in queste opere del romanico compiuto!

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