L’identità perduta dei Dodici di Gesù

Càpita di frequente, sfogliando le pagine di pietra dell’arte romanica, di incontrare gli Apostoli a tu per tu. Purtroppo però, quando accade di trovarli tutti e dodici, riuniti e vicini – come nell’abside di Saccargia, nella Càmara Santa di Oviedo o nel magico “apostolato” di Alba de Tormes – non siamo in grado di riconoscerli, come invece tutti sapevano fare nel medioevo, e di distinguerli l’uno da un altro. Eppure loro, i Dodici, anche se muti e scolpiti sul marmo, si qualificano, e dicono, a modo loro, ciascuno il proprio nome. Basterebbe saperli ascoltare.

Ma prima: chi sono, e quanti sono, gli Apostoli? Gli Apostoli, che Gesù stesso scelse tra i tanti discepoli che lo accompagnavano, sono dodici, almeno all’inizio. Lo dicono i Vangeli, che in alcuni passi precisi ne fissano il  numero e ne elencano i nomi. Nel Vangelo di Luca, al capitolo sesto, abbiamo un primo elenco dei prescelti:

Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

Nel capitolo terzo del Vangelo di Marco torna lo stesso elenco, con una sola variante:

Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo (…); e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

Sparisce quel “Giuda di Giacomo”, sparisce cioè quel secondo apostolo chiamato Giuda, nome scomodo… Al suo posto si cita, e la tradizione terrà conto di questa sostituzione – cambia la persona o cambia solo il nome? – un apostolo di nome Taddeo. Nell’elenco degli Apostoli, resta quindi un solo Giuda, anche se in origine erano due. Due sono anche gli apostoli che portano il nome di Giacomo: abbiamo quindi tra i Dodici un Giacomo “maggiore” e un Giacomo “minore”. Possiamo anche sottolineare che ci sono due coppie di fratelli: sono consanguinei, infatti, Pietro e Andrea, e lo sono anche Giacomo (il “maggiore”) e Giovanni. Ecco, un passo l’abbiamo fatto: mettere insieme dodici nomi, uno per ciascuno degli Apostoli. E’ il punto di partenza per conoscerli un po’ più a fondo.

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Gli Apostoli intorno a Gesù sull’architrave di San Tommaso a Caramanico (foto: Fabio Poggi)

Nel tempo romanico, quando appaiono in pubblico scolpiti o affrescati, gli Apostoli del Signore in realtà si presentano.

Ce n’è uno – questo lo sappiamo tutti – che dice il suo nome mostrando una grande chiave: “Tu sei Pietro – gli ha detto a suo tempo il Maestro – e su questa pietra edificherò la mia chiesa (…). A te darò le chiavi del regno dei cieli…”. Raramente Pietro non porta con sé questo segno distintivo; ad esso si aggiunge una capigliatura mossa e canuta, come quella di un anziano, e la barba bianca e corta.

Un altro apostolo che sa distinguersi dagli altri per alcuni elementi del vestiario è Giacomo il “maggiore”: nel Medioevo tutti sapevano che predicò in Ispagna, e che là, dopo il martirio furono miracolosamente ritrovate le sue spoglie… San Giacomo nel medioevo è “Santiago” (“Sant Jago”), ed è rappresentato dalla conchiglia, che richiama il mare di Galizia su cui si affaccia la gigantesca basilica di Santiago di Compostela, oltre che dal tipico abbigliamento del pellegrino: cappello, bisaccia, bastone.

Giovanni si presenta come l’apostolo giovane: se state guardando un “apostolato”, cercatelo tra quelli senza barba… Il suo simbolo più noto poi è l’aquila poiché – come diremo più avanti – è anche uno degli evangelisti. Anche Matteo è autore di un Vangelo: al suo fianco, o al suo posto, è spesso rappresentato un angelo.

E’ più difficile identificare a colpo d’occhio gli altri apostoli: gli attributi di Andrea, fratello di Pietro, sono la croce a “x” – la “croce di Sant’Andrea”, appunto – con cui è stato martirizzato, e la rete da pescatore, e la barba lunga e bianca; Giacomo il “minore”, Simone e Tommaso portano con loro gli strumenti del martirio: per il primo il bastone da follatore, per il secondo la sega, per il terzo la lancia; bastone e lancia sono gli strumenti del martirio anche di Giuda-Taddeo, e ne diventano quindi gli attributi; Bartolomeo fu grande esorcista e morì scuoiato: quindi porta con sé la propria pelle, o a volte un demonio al guinzaglio; Filippo sconfisse il drago e morì inchiodato ad un albero, e da questi simboli è identificato.

E siamo a undici: il dodicesimo apostolo è Giuda, il traditore, che nel tempo romanico è rappresentato al momento del suicidio, appeso al cappio; nell’Ultima Cena, è spesso seduto da solo di fronte agli altri, e spesso intinge il boccone nel piatto con Gesù. Quando l’Iscariota se n’andò, a rifare la dozzina, arrivò Mattia, scelto per estrazione a sorte, che poi morì a sua volta decapitato con un’alabarda, a cui è associato.  E infine giunse Paolo, l'”Apostolo delle genti”: arrivato dopo la conclusione della vicenda terrena di Gesù, e dopo l’ingresso di Mattia al posto di Giuda, porta a tredici il numero degli Apostoli: poiché spesso Paolo è presente negli “apostolati” romanici composti da dodici figure, come accade nel notevolissimo pannello del chiostro di Silos, di norma scalza dal gruppo Mattia, l’ultimo arrivato. Due sono i segni di Paolo: la spada, simbolo del martirio che ebbe a subire a Roma ma anche della potenza tagliente del suo eloquio; e poi l’inconfondibile viso dalla fronte stempiata e dalla barba fina e scura, come i capelli, pochi e radi: simboli questi della cagionevole salute, di cui Paolo stesso racconta: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni – scrive nella seconda Lettera ai Corinzi – mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi…”.

Come concludere? Frenando gli entusiasmi eccessivi. Perché in verità scultori e pittori romanici utilizzeranno questi “simboli”, questi attributi dei vari apostoli, molto meno dei colleghi delle epoche successive. Qualche chiave, qualche spada, qualche conchiglia appaiono là dove gli artisti romanici hanno scolpito o dipinto gli Apostoli… ma non molto di più; non certo il florilegio di croci, alabarde, animali di compagnia che invece si diffondono nei secoli successivi e che accompagnano, nei secoli successivi, ogni rappresentazione dei Dodici. La ricerca delle differenze, delle leggere caratterizzazioni dei diversi Apostoli nell’arte romanica, passa certamente da una più fine caratterizzazione, da dettagli più precisi e ora difficili da individuare, e insomma da un linguaggio rappresentativo i cui accenti sono destinati a sfuggirci ormai in gran parte.

Non per questo, però, perderemo la speranza; se non altro per le frequenti didascalie che nei rilievi romanici – come dice bene lo splendido architrave della chiesa di Caramanico, in Abruzzo, opera del XII secolo – aiutano chi osserva, e che sembrano scritte prevedendo questo nostro tempo e i suoi abitanti, molto meno avvezzi a leggere i simboli.

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I Dodici con il Cristo a Silos

Due dei Dodici Apostoli, Giovanni e Matteo, sono anche autori di due dei Vangeli – Luca e Marco, gli autori degli altri due Vangeli, non erano Apostoli, ma discepoli che non facevano parte del gruppo dei Dodici – così càpita che in un portale Giovanni e Matteo appaiano due volte: seduti o in piedi nel gruppo dei dodici apostoli ma anche nel gruppo dei quattro Evangelisti, nel Tetramorfo, rappresentati il primo dall’aquila e il secondo dall’angelo…

Oltre ai due apostoli che sono anche evangelisti – Giovanni, ricordiamolo, ha scritto anche l’Apocalisse – alcuni altri apostoli possono essere rappresentati con un libro in mano in quanto autori di Lettere apostoliche: hanno scritto questi ulteriori testi accolti come canonici nel Nuovo Testamento, redatti in forma epistolare, Pietro, Giovanni (sempre quello), Giacomo il “minore” e Giuda (quello “buono”). E poi c’è Paolo che, come abbiamo detto, diventa “apostolo” dopo la morte e la Resurrezione di Gesù, ed è l’autore di una nutrita serie di “Lettere apostoliche”. In conclusione, gli “apostoli” che possono avere come attributo un testo da loro scritto nel Nuovo Testamento sono ben sei: Matteo (Vangelo), Giovanni (Vangelo, Apocalisse, Lettere), e infine gli altri quattro autori di “epistole” canoniche, cioè Pietro, Paolo, Giacomo il “minore” e Giuda “il buono”.

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Gli Apostoli col Cristo e il Tetramorfo sul Portale della chiesa di Moarves, in Spagna.

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Dai rilievi di Silos ai capitelli di Aguilar de Campoo e di Tudela, dagli affreschi di Mustair a quelli di Sant’Angelo in Formis: è specialissimo il nuovo volumetto di Before Chartres, che raccoglie sedici episodi del Vangelo trasformati in capolavori dagli artisti romanici: LE STORIE dei Vangeli NELL’ARTE ROMANICA.

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