Ci sono chiese vecchie di secoli – e quella di Santa Maria di Anglona è un esempio notevole – il cui fascino si fonda non tanto sull’unitarietà dell’edificazione o su una datazione precisa e coerente, quanto piuttosto sulla loro potente carica spirituale e evocativa. E così: chi sale le pendici del colle sopra Tursi – siamo in Basilicata, in provincia di Matera – lo fa per raggiungere quello che oggi è chiamato “il santuario”, e per venerare l’immagine di “Maria Regina” con un afflato devozionale senza età. Sono devoti e pellegrini, quindi; persone alle quali poco importa in che misura la chiesa si presenti ancora com’era stata edificata – o meglio, ricostruita – in epoca romanica. E anche noi saliremo ad Anglona non tanto per studiarne la struttura, quanto per ammirare alcune immagini che, all’interno, sono di una bellezza senza tempo.
Per i pellegrini degli secoli recenti, non è importante sapere che la chiesa, oggi isolata su un colle che cammina verso il mar Ionio, è stata un tempo una cattedrale: aveva quindi intorno una città, la città di Anglona appunto, che negli ultimissimi anni dell’XI secolo ricevette anche la visita del papa di allora, Urbano II; ma tutto il nucleo urbano fu completamente incendiato e distrutto nel Cinquecento, e solo la basilica si salvò. La cattedrale si ridusse a chiesa isolata, e così sopravvisse, con la sua struttura in buona sostanza romanica, e con il transetto e la parte absidale ricostruiti nel XIII secolo; del XIII secolo è anche il protiro che “ripara” l’ingresso, a forma di piccolo cubo; il portale e i simboli degli Evangelisti, che circondano l’Agnello, sono invece di nuovo attribuibili alla chiesa dell’XI secolo.
Forzatamente isolata, ricostruita in parte per via di crolli e devastazioni, fortemente rimaneggiata nei secoli successivi al Trecento, e infine riportata, per quanto possibile, alla forma medievale nel XIX secolo, Santa Maria di Anglona non è il luogo in cui andare a cercare certezze – non lo fanno i pellegrini, non lo faremo neppure noi – quanto alla datazione delle singole parti. E però Before Chartres si appassiona a quello che forse è l’elemento artistico che, qui al santuario, ha maggiormente indotto in dispute gli storici dell’arte, e cioè il ciclo di affreschi di cui ci resta purtroppo solo una parte, sulle pareti della navata.
Ci concentriamo in questa pagina sulle poche scene che, tra quelle dedicate alle vicende del Libro della Genesi, sono ancora sufficientemente leggibili, in alto, sulla parete di destra – che a sinistra a seguito di un crollo, tutto è andato perduto -. E vediamo e osserviamo le quattro donne che, insieme, si preparano a salire sull’arca; poco più in là, notevole è la scena che mostra Noè ubriaco e addormentato, il figlio Cam che lo deride, e i fratelli Sem e Jafet che invece lo ricoprono col mantello, e le figure sono stese sullo stesso piano, senza spessore, quasi i corpi fossero di velina; subito dopo siamo a Babele, dove gli uomini ebbri di orgoglio si affannano a costruire la Torre: faticano, si incurvano, si sbracciano, si piegano, alcuni sulle scale a pioli danzano e recitano… ma anche qui la resa della profondità è debolissima; la quarta scena che conserva una leggibilità sufficiente ci mostra Abramo che, accolti i tre angeli del Signore alle querce di Mamre, dà loro da mangiare. Erano dunque tutti ispirati all’Antico Testamento i dipinti sulla parete di destra; e forse a sinistra, prima dell’incendio e della ricostruzione, si trovava invece un ciclo dedicato ai Vangeli; nella navatelle i dipinti avevano infine per tema le storie degli Apostoli, e ci resta sufficientemente leggibile solo un martirio di san Simeone, vescovo di Gerusalemme, quinta perla preservata di un ciclo che, quand’era completo e splendente, poteva competere con quello di Sant’Angelo in Formis.
Anche qui ad Anglona, come nella chiesa di Desiderio sopra Capua, la lingua in cui si esprimono i frescanti è il greco; e greche sono, non a caso, le didascalie che integrano gli affreschi di Anglona; ma qui sullo Ionio le pitture hanno una tale originalità, un movimento vivace e però tanto superficiale, che gli studiosi hanno a lungo pensato che si trattasse di un ciclo dipinto da frescanti greci… alla fine del XIV secolo. Before Chartres, invece, sta con Chiara Garzya Romano che, riprendendo un giudizio della Grelle Iusco, colloca l’opera alla fine del XII secolo, o al più tardi al primo Duecento: secondo le due studiose, le pitture del santuario parlano “con un linguaggio artistico in cui la Grecia bizantina e più ancora le provincie di Serbia e Macedonia (…) sono prototipi, come dichiarerebbero le notazioni espressionistiche, i rialzi cromatici a effetto, le figure allungate, la varietà di particolari aneddotici”.
Si sale al santuario sul colle di Tursi, si diceva, senza preoccuparsi troppo della coerenza stilistica della chiesa: lo si fa piuttosto per pregare Maria Regina, oppure per osservare quel poco che resta di un ciclo di pitture eccezionale e sorprendente, che richiama ciò che avvenne a Castelseprio: là gli affreschi furono considerati a lungo troppo belli per essere romanici e li si datò ai secoli della classicità, nonostante fossero, come questi di Anglona, pienamente ascrivibili al tempo romanico; qui accadde il contrario, e molti datarono le pitture, così vivaci e particolari, addirittura ai decenni del primo Rinascimento.
N.B.: Gli affreschi di Anglona, difficili da collocare nel percorso della storia dell’arte, sono anche molto difficili da fotografare: le immagini di questo articolo sono tratte dalla pagina relativa al santuario del sito Aresrestauri.it; quella qui sotto, con il Noè ebbro, e tratta dal blog camminarenellastoria.
…
Trasformati in un viaggio delle meraviglie in dodici tappe, i dodici cicli di affreschi più affascinanti del tempo romanico sono oggi tutti insieme, in un nuovissimo volumetto. Centoquaranta pagine, sedici capitoli, copertina e illustrazioni tutte a colori e… una sorpresa finale… Trovi tutto qui: AFFRESCHI ROMANICI, DODICI CICLI imperdibili.
…

Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
…
Franca Semi (da Fb):
Il santuario di Anglona è un logo pieno di fascino, perché la chiesa è bellissima, perché intorno la natura è uno spettacolo e salire da Tursi è un po’ come immergersi nel divino. Arte povera, forse, ma ricca di spiritualità come tutto il Medioevo.
"Mi piace""Mi piace"
Luigi Bertellini (da Fb):
Ci sono stato ma non è facile vedere bene gli affreschi: quelli che si vedono meglio sono sui pilastri, ma non sono i più antichi.
"Mi piace""Mi piace"
E’ giusto, Luigi: anche i pilasri sono affrescati, con figurazioni di santi a tutta persona, ma si tratta di pitture del rinascimento, forse a coprire affreschi medievali che rappresentavano i profeti.
"Mi piace""Mi piace"
Sono tante le volte che ho visto questo splendido edificio nei libri, nei post e ora nel tuo blog. Uno stupendo monumento del romanico lucano, che ancora mi manca e che un giorno non lontano spero di poter visitare approfonditamente. Gli affreschi bizantineggianti che così ben descrivi anche con accurate scelte iconografiche, mi rimandano proprio ai citati Castelseprio e Sant’Angelo in Formis, quelli si, che ho visito accuratamente.
Un raro gioiello della pittura romanica.
"Mi piace""Mi piace"