Ourjout e i cinque apostoli fortunati

Cinque apostoli, più fortunati degli altri, stanno, in piedi, nell’abside affrescata della chiesetta di Ourjout. Tre volte hanno rischiato di essere dimenticati per sempre, com’è accaduto ai loro sette compagni; e solo loro, più fortunati degli altri, ora si fanno ammirare, bellissimi e finalmente salvi, nella chiesa di Saint-Pierre.

L’abside prima del ritrovamento (foto PierreG 09)

Furono dipinti nella prima metà del XII secolo – Bartolomeo, Andrea, Pietro, Giacomo e un quinto apostolo senza nome – certamente insieme agli altri apostoli, nel giro dell’abside della piccola chiesa. Poi, secoli più tardi, mani senza rispetto sfondarono le parti più esterne del semicerchio presbiteriale, per aprire a destra e a sinistra delle cappelle, ricavando una specie di transetto; e così se n’andarono, abbattuta la parte di muro che li portava, cinque dei Dodici, quelli agli estremi. Forse prima, forse dopo, si decise di aprire, nel giro dell’abside, due grandi finestre rettangolari, e si persero, così, due altri apostoli. Per i cinque sopravvissuti, più fortunati degli altri, il pericolo non poté dirsi scampato; ad un certo punto quando si decise di abbellire con opere nuove tutta l’abside, da cima a fondo, li si coprì sotto un rivestimento in legno ben assemblato secondo la moda del tempo: si misero cornici intorno alle finestre, e pannelli e finte colonne, e le pareti tutte dell’abside rimasero completamente nascoste; il catino, che probabilmente mostrava uno Cristo in gloria, divenne un cielo azzurro e stellato; al centro, sopra l’altare addossato, collocarono un pannello ulteriore, con una Risurrezione neoclassica scolpita in legno a bassorilievo.

Da allora, anche dei cinque più fortunati tra gli apostoli di Ourjout si persero le tracce. E però una decina d’anni fa, nel 2012, il caso volle che si tirasse giù la pala, per portarla a restaurare, e che una porzione dell’affresco romanico riemergesse, pretendendo attenzione. Si tolse allora tutto quel legno e quell’intonaco che erano stati aggiunti, e i cinque – i cinque apostoli fortunati – si riaffacciarono, insieme, agli occhi dei restauratori e dei conservatori, pretendendo di non essere più coperti, e anzi di tornare a mostrarsi.

L’abside “liberata” (foto: journals.openedition.org)

Stanno in piedi sotto arcate che li separano l’uno dall’altro, dipinti ad affresco con mano precisa e piena di fantasia, su uno sfondo a quattro fasce orizzontali di colore diverso, verde, poi oro, poi sabbia, poi rosso. Anche le aureole sono color dell’oro, bordate come di perle; i vestiti sono vari nei colori e nella foggia, i volti semplici e però fortemente caratterizzati. Per molti aspetti, questi apostoli di Saint-Pierre d’Ourjout richiamano quelli dipinti a Tahull, e sembrano la risposta che il versante francese dei Pirenei seppe dare a quello spagnolo, a Tahull, appunto. Bartolomeo, il primo a sinistra, ha grandi occhi, lunghi capelli e la barba, quasi come un Cristo; seguono l’apostolo sconosciuto, con un libro in mano, e poi Pietro, dai lunghi capelli grigi, che mostra le chiavi; al di là della finestra centrale Andrea porta una grande croce, mentre Giacomo chiude la serie dei superstiti.

Il richiamo all’abside di Sant Climent a Tahull torna nella fascia sottostante, dove restano, anch’essi decimati dagli interventi succedutisi nei secoli, cinque tondi con cinque segni zodiacali: si riconoscono, anche grazie alle didascalie, grandi ma incerte, come di un illetterato, Scorpione, Bilancia, Cancro e Leone; a sinistra, sotto Bartolomeo, c’è il volto forse di una donna, con tralci d’oro che sembrano uscire dalle orecchie e suggerire una chioma. Più sotto ancora, una terza fascia ci mostra una greca che corre sotto quella dello zodiaco, e sovrasta un velo che corre – correva – anch’esso per tutto il giro dell’abside.

Dal giorno della scoperta ulteriori lacerti, tra cui un volto di Gesù crocifisso, sono stati trovati in altre aree della piccola chiesa, e si lavora per consolidare ogni preziosa parte affrescata, ed in particolare, ovviamente, le cinque notevolissime figure nell’abside. Fortunati a scampare più volte alle ingiurie dei secoli, gli apostoli di Ourjout devono essere grati anche alla geografia più recente: nella vasta Catalogna medievale, infatti, la stessa cultura popolare lasciò cicli di affreschi nelle chiese, sia di qua che di là dei Pirenei; ma in epoca contemporanea i cicli di affreschi che si sono ritrovati in territorio spagnolo – a Tahull, a Santa María del Mur, ad Engolasters… – sono stati quasi tutti staccati e trasferiti in un museo; in Francia invece si ebbero sempre il coraggio e le risorse per conservare le pitture murali romaniche lasciandole in situ, nelle chiese in cui vennero eseguite. Il piccolo villaggio di Ourjout, e anche i suoi cinque apostoli fortunati, ringraziano di cuore.

Autorità e studiosi davanti agli affreschi ritrovati (foto: ladepeche.fr)

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Era già bello di suo, il villaggio di Ourjout, appoggiato sulla riva del fiume Lez, all’interno del Parco naturale regionale dei Pirenei Ariegiesi. E oggi, con gli affreschi ritrovati, diventa una tappa di gran fascino anche per chi visita la Catalogna – quella di qua e quella di là dei Pirenei – in cerca di ciò che resta della possente fioritura artistica nei secoli romanici. Di Tahull, vicinissima, con le due meravigliose absidi di Sant Climent e di Santa Maria, non serve dire molto: in quest’area sono sicuramente la meta principale; non sono lontane, e possono essere visitate nella stessa giornata, anche la chiesa di Engolasters, in territorio di Andorra, quella di Bossòst, subito al di là del confine spagnolo, con il suo portale nero e primitivo.

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4 pensieri su “Ourjout e i cinque apostoli fortunati

    • Giulio Giuliani ha detto:

      Può essere, sì, Andrea. Lo stile della rappresentazione delle figure e dei volti, ma anche l’utilizzo delle arcate, e poi le fasce di colore come sfondo, e l’utilizzo delle figure di contorno – qui i segni zodiacali, a Tahull angeli e Viventi – rappresentati dentro a cerchi… sono tutti elementi che ritornano.

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  1. Paolo Salvi ha detto:

    Una chiesa che ho sfiorato nel 1991 ma che non credo di aver visitato perché ancora non erano noti questi affreschi.
    Ho in mente di bussare presto quel viaggio, ritornare in luoghi molto amati (Serrabonne, Cuxa, Canigou (?!), Fenollar) ma stavolta scavalcherò i Pirenei ed il confine, magari passando proprio da Orjout.

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  2. Giulio Giuliani ha detto:

    Aldo Valentini (da Fb):
    E’ sempre una bella notizia scoprire queste meraviglie sotto coperture insignificanti, e ci invitano a proseguire, continuare a cercare, investire nella ricerca… per la cultura, per il nostro piacere e per il turismo.

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