Ci sono chiese del tempo romanico che inventano un modo per rendersi uniche, o almeno ci provano. Ci prova e (quasi) ci riesce la notevole abbaziale che si incontra a Cruas, una cittadina nel sud della Francia, a metà strada tra Marsiglia e Lione. Qui la chiesa di Santa Maria si distingue da tutte le altre per via della sua particolarissima “tribuna monastica”, quasi un moderno soppalco, che fa bella mostra di sé nel bel mezzo della navata centrale.
Quello di Santa Maria, qui a Cruas, non è uno jubé: non è, cioè, una tribuna su archi che, costruita ad un certo punto della navata, la divide in due, ponendosi quasi come un nuovo ingresso, e creando due spazi diversi, uno nella parte occidentale della chiesa, e un altro al di là dello jubé, appunto, verso il presbiterio e l’abside. Non siamo quindi di fronte ad una struttura trasversale alla navata, come lo jubé del priorato di Serrabone sui Pirenei, come quello della chiesa di Vezzolano, o quello di Sant’Andrea in Flumine presso Roma. Qui a Cruas, la “tribuna monastica”, costruita nel XII secolo, occupa tutta la parte conclusiva della navata centrale e la taglia in due in orizzontale, come un soppalco; il quale è retto da quindici colonnine e dalle relative otto volte a crociera, e dà vita ad un presbiterio a due piani sovrapposti. La parte superiore di questo presbiterio, alla fine, somiglia a quello di tante altre chiese dotate di vasta cripta: è uno spazio rialzato, cioè, in cui si posiziona l’altare, coperto dall’alta volta e culminante nella curva dell’abside, spazio in cui si concentra l’azione liturgica della comunità celebrante, e in questo caso dei monaci.

Ma la parte inferiore, lo spazio sottostante il presbiterio, qui a Cruas, non è una cripta; e non lo è per due motivi, almeno. In primo luogo perché questa parte inferiore è a tutti gli effetti un prolungamento dello spazio della navata, tanto che il pavimento prosegue proprio sullo stesso piano; è quindi, come spiegano gli studiosi, uno spazio “dei laici”, separato con l’artificio della “tribuna” dallo spazio dei presbiteri, così che mentre questi svolgono indisturbati i loro uffici, sotto i fedeli – i pellegrini, i “laici” – possono partecipare e vivere secondo le loro esigenza di preghiera e di pellegrinaggio, il loro “stare” nella chiesa. C’è poi, dicevamo, un secondo motivo per cui possiamo dire con certezza che a Cruas lo spazio inferiore creato dalla “tribuna” non è una cripta: ed è che nella chiesa di Santa Maria c’è già (c’è anche) una vera e propria cripta, datata all’XI secolo. La quale si trova, questa sì, ad un livello inferiore rispetto alla navata, distesa sotto il vasto transetto, in senso perpendicolare rispetto alla navata.
Più recente, ma comunque romanica, è anche la parte occidentale della chiesa, anche questa articolata in due piani sovrapposti, su cui cresce infine il campanile-torre. Così composta a livelli sovrapposti sia nella zona presbiteriale che in quella d’ingresso, Santa Maria a Cruas finisce per essere una delle chiese che più affascinano Before Chartres, quelle in cui gli spazi si articolano in piani differenti, in parti distinte che dialogano tra di loro, in un gioco non banale di rapporti di forze, pesi, funzioni: come accade, per fare solo due esempi, nell’abbaziale di Tournus in Borgogna, esempio massimo di una struttura romanica complessa nata da un progetto puro e perfettamente realizzato, o in Sant’Urbano ad Apiro, dove l’articolazione degli spazi è invece il frutto di successivi interventi e di secolari ripensamenti.
La storia e l’arte dell’abbaziale di Santa Maria, per tornare a Cruas, meritano ben altri approfondimenti, e sarà interessante per i visitatori ricostruire il progressivo evolvere dell’edificio, che ha certamente una storia complessa, fatta di alluvioni ricostruzioni, di restauri e di scoperte inattese; chi vorrà approfondire, potrà anche concentrarsi sul prezioso pavimento a mosaico nell’abside, sui capitelli arcaici della cripta, o su certe particolarità architettoniche di quest’abbaziale, come il tiburio circolare che si erge sull’incrocio tra navata e transetto, molto interessante. Non si può chiudere questa pagina, però, senza ricordare come la chiesa di Cruas – che pure con la sua tribuna si sforza di essere unica nel panorama del romanico – trovi almeno un parallelo in Italia: è organizzata in un modo molto simile la parte terminale della navata di Santa Maria a Piè di Chienti, a Montecosaro, nelle Marche. Nella “gemella” italiana della chiesa di Cruas, la “tribuna monastica” è probabilmente realizzata nel basso medioevo, forse anche due secoli dopo quella francese; la struttura è più pesante, e a Montecosaro dietro e sotto la “tribuna” non c’è poi una vera e propria cripta; ma l’effetto è molto simile. E quando si dice che Santa Maria a Piè di Chienti è un po’ francese per via del deambulatorio a cappelle radiali “copiato” dalle chiese cluniacensi d’Oltralpe, si può aggiungere che anche la sua tribuna riporta col pensiero al di là delle Alpi, all’esempio particolarissimo dell’abbaziale di Cruas.


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Luca Borgia (da Fb):
Chiesa bellissima, meno nota rispetto a molte altre. I confronto con S. Maria a piè di Chienti, all’interno, è inevitabile. Notare: anche in questo articolo ci sono raffronti con due bellissime chiese marchigiane, sempre un poco sottovalutate o dimenticate. Credo incida la minore “esteriorità”: è vero che S. Maria a piè di Chienti ha una parte absidale memorabile, però ha facciata rifatta e un piccolo campanile a vela, e S. Urbano di Apiro ha, anch’essa, poco slancio verticale dato che la torre di facciata è inglobata in altri fabbricati ed emerge solo per un campanile a vela posteriore, peraltro terremotato.
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Luca Giordani (da Fb):
Hai citato il mosaico quindi mi corre l’obbligo di darne una breve descrizione. Copre il pavimento dell’abside. Sono raffigurati i due profeti “non morti” Enoc ed Elia, al centro si trova una singolare rappresentazione dell’Eden con due alberi, il Lignum e il Ficus, rispettivamente l’albero della Vita e quello della Conoscenza del Bene e del Male. Fra i due alberi è presente una croce a 5 bracci che simboleggia la scala del sogno di Giacobbe. Sotto si vedono i quattro monti da cui nascono i quattro fiumi del Paradiso: Geon, Fison, Tigri ed Eufrate. Infine l’iscrizione che riporta la datazione: ANN DNI MILLE XCVIII (1098)
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Hai giustamente citato il mosaico, mi permetto di darne una breve descrizione:
Ai lati sono raffigurati i due profeti “non morti” Enoc ed Elia, in mezzo l’Eden con il Lignum e il Ficus che rappresentano l’albero della vita e quello della conoscenza del Bene e del Male, fra essi una croce a 5 braccia potrebbe far riferimento alla scala del sogno di Giacobbe (Genesi, 28, 11-19).
Sotto i due alberi vi sono poi i quattro monti da cui nascono i quattro fiumi del Paradiso Terrestre (Fison, Gehon, Tigri, Eufrate).
Ultima annotazione il mosaico è datato, la scritta riporta l’anno 1098.
ANN DNI MILLE XCVIII
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Bel parallelo. Particolarmente apprezzabile questo post che mostra un edificio che, ahimè, non conoscevo e trova analogie con la marchigiana e ben nota Santa Maria a Piè di Chienti.
In effetti a noi sembrava un unicum questa nostra meraviglia e ne troviamo un’altra con notevoli somiglianza nella valle del Rodano.
Le analogie non si fermano qua, al pontile-soppalco del coro dei monaci, ma anche nelle cappelle radiali della chiesa marchigiana, così tipicamente francesi.
Splendide anche le fotografie e cartoline storiche che ci proponi e viene da domandarsi come tu abbia saputo trovare il modo di presentarcela, questa gioia ai più misconosciuta.
E anche di questo ti siamo sinceramente debitori.
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