Non è la torre pendente, che pure è famosa in tutto il mondo, a rendere specialissima Pisa nella mappa del mondo romanico; piuttosto è l’erba verde che sta ai piedi della torre e tutto intorno alla grande basilica. Il vero miracolo di Pisa è quell’immenso prato, poiché rappresenta la scelta di individuare un’area così vasta, di dedicarla ad una nuova cattedrale, e di costruire in quell’area non solo una chiesa, ma una “cittadella” civica e religiosa complessa e coerente, in cui chiesa, torre, battistero, insieme e contemporaneamente, dimostrano con parole di pietra bianca la potenza della città in quel secolo d’oro.
Il “Prato dei Miracoli” è uno sfarzoso monumento che Pisa ha edificato a se stessa mentre era all’apice del suo splendore. Nessun altra città ha affrontato in un secolo – pressappoco il XII – la sfida di costruire ex novo, in un’area dedicata, nello stesso tempo e con lo stesso stile, ciò che i Pisani hanno caparbiamente voluto e caparbiamente edificato: è il 1064 quando il vescovo Guido avvia i lavori del Duomo affidati al maestro Buscheto; a metà del XII secolo Rainaldo subentra e rilancia, mentre l’architetto Diotisalvi inizia la costruzione del Battistero; e infine, nel 1174, Bonanno pone mano alla Torre.

Il Prato dei Miracoli in una visione d’insieme
E’ evidente che anche nei secoli successivi nuovi maestri e nuove maestranze si susseguono all’opera complessiva, con interventi che a volte risultano coerenti, a volte la modificano in modo sostanziale – il Battistero, in particolare, assume la sua forma finale in epoca ormai gotica -. Ma ciò non toglie che nel corso del XII secolo la città intera, non solo il vescovo o il capitolo, ha voluto ed ha realizzato, dal nulla, in quella sua grande piazza del Duomo, una monumentale proclamazione della propria forza e della propria vitalità.
Sotto il cielo di Pisa, il turista più leggero si gusta la torre che pende, mentre quello più interessato e più colto osserva e studia i cento aspetti e i cento elementi artistici che Duomo, Battistero e Torre non si stancano di offrire ai visitatori. Ma chi insegue la storia e l’evoluzione dello spirito romanico vede nel Prato dei Miracoli uno dei luoghi cruciali, il simbolo di quella precisa epoca in cui una comunità urbana – e Pisa si pone come esempio che precorre i tempi – riprende finalmente il controllo di sé. E dopo i secoli dei monasteri isolati extra moenia, e dopo il tempo delle cattedrali ricostruite dentro la città – spesso in aree recuperate e sui resti sulle basiliche preesistenti – questa comunità urbana si scopre di nuovo potente fino al punto di pianificare lo spettacolare intervento che ammiriamo ancora oggi.
Questa città, mentre il medioevo muta, scommette sul proprio futuro. Crede a se stessa, e e alla propria capacità di organizzare e di realizzare un progetto vasto, mai altrove immaginato in quell’Italia. Pensa e costruisce con una progettualità urbanistica, diversa e indipendente, che parla ancora parole romaniche, ma che con queste parole costruisce un’orazione, un elogio di sé, che in fondo è già gotico.
Su Pisa, leggi anche: ANTICHI ROMANI A CACCIA NEL MEDIOEVO
Giuseppe Buro (da Fb):
L’arte è come la poesia, dovrebbe essere patrimonio di tutti. Free.
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Anna Profumi (da Fb):
La bellezza di Pisa e dei suoi capolavori artistici, patrimonio dell’umanità.
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Dario Cambi (da Fb):
Pisa e’ l’unica ad aver deciso di lasciar spazio intorno ai propri monumenti. Segno che la bellezza ha bisogno di un panorama attorno. Penso che dipenda molto dal carattere dell’uomo pisano. Sedere in un prato e rimirare, e anche prendere il sole, e’ un lusso che Pisa riserba ai suoi turisti. Da non decidere piu’ d’andar via, un medioevo piacevolissimo.
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Hai ragione su tutto, una bella analisi come sempre, e , riguardo al prato, ora che ci penso tutta la piazza sembra un enorme porta gioielli foderato di velluto verde, dove i tre gioielli in avorio si stagliano. Un unicum come giustamente affermi tu.
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Stefano Nicastri (da Fb):
Una sorta di acropoli cristiana una modernità inaudita per quel tempo.
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Letizia Badalassi (da Fb):
Fra le tante cose obiettabili ne segnalo due: non é vero che il complesso insiste su un’area vergine. Gli scavi hanno dimostrato che tutta la zona era un luogo sepolcrale sin dall’antichità e sono ben noti i resti della preesistente cattedrale. In secondo luogo il sito é sotto come extra moenia, certo protetto dal vicino corso dell’auserculus. Le mura sono state edificate a partire dal 1155, quindi qualche decennio dopo la consacrazione della cattedrale, del 1118. Se infine di miracolo si vuol parlare, é bene partire dalla straordinaria arditezza architettonica della cattedrale, capolavoro, questo sì del romanico. E poi via via tutto il resto, realizzato in successione con una ineguagliabile coerenza nell’arco di più secoli. A dimostrazione di quanto Romanico, gotico e così via siano solo etichette rigide troppo inflazionate e semplicistiche
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Grazie per le precisazioni, Letizia, e soprattutto per il tono con cui le esprimi, a partire dall’incipit: farò sicuramente tesoro del tuo contributo. Nella mia semplicità, ho trovato fondata un’unica obiezione, e cioè che il post non si accenni alla preesistente cattedrale. Dovevo farlo per forza? Ho rivisto i pochi testi a disposizione, e segnalo semplicemente l’annotazione di Moretti-Stopani in “Toscana Romanica”, p. 46, secondo cui “gli scavi non hanno riportato in luce strutture riferibili alla precedente Santa Maria che, con ogni probabilità, doveva essere ubicata sotto la nuova costruzione”. Tant’è: duomo, battistero, torre e camposanto sono stati costruiti comunque in un piano coerente e stupefacente.
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Letizia Badalassi (da Fb):
Before Chartres ti consiglio su tutte sue letture: una datata ma sempre importante, di Emilio Tolaini, Forma Pisarum, e soprattutto il Volume curato da Adriano Peroni sulla Cattedrale, nella collana Mirabilia Italiae di Panini. Sugli aggiornamenti archeologici esistono poi numerosi saggi e pubblicazioni recenti che hanno avuto modo di dettagliare al meglio la situazione della città etrusca, romana e tardoantica.
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Andrea Filippelli (fa Fb):
Un unico appunto. Per i Pisani è Piazza del Duomo, per D’Annunzio fu Piazza dei Miracoli. Campo dei Miracoli è solo sulla storia di Pinocchio. Qualche Pisano potrebbe ucciderti per questo! 😉
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Siccome sei pisano DOC, prendo per buono il tuo suggerimento e chiudo gli occhi su tutte le altre occasioni in cui l’area viene chiamata, come ho fatto io, “Campo dei Miracoli”, fra tutti il sito torrepisa.com, che immagino non sia curato da un valdostano :-). Modifico il post e uso da qui in poi “Prato dei Miracoli”, perché così scrisse D’Annunzio: “…l’Ardea roteò nel cielo di Cristo, sul prato dei Miracoli…”. Giusto?
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Antonia Nurra (da Fb):
Sono daccordo: è tutto l’insieme dei monumenti posti in un luogo magico visitata pochi mesi fa… Ne ho vivo il ricordo.
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Guido Angela (da Fb):
A mio avviso il miracolo lo ha fatto Gerusalemme. Osservando la foto, che da un quadro d’insieme basilica e battistero sono sovrapponibili, quanto alle forme, alla Mosche al-Aqsa ed alla mosche di Omar, anch’esse circondate da un ampio spazio verde e alberato, a loro volta riportabili in pianta alle basiliche ed ai templi adrianei di Baalbek e della stessa Città Santa.
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Roberto Vecchione (da Fb):
Sfida a Firenze: ci permettiamo di fare tutto fuori delle mura urbane perche’ siamo potenti
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Massimo Cheli (da Fb):
La costruzione delle mura è iniziata dopo… E il primo tratto proteggeva proprio la cattedrale… Inoltre le “discussioni” con Firenze iniziano dopo il 1200..
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Giampiero Lucchesi, nel suo “Quando sui prati del Duomo c’erano case, orti e un cimitero” descrive bene la piazza nell’Ottocento, meno bucolica e pulita di come ce la figuriamo oggi. Il prato curato e ampio che caratterizza tanto la piazza è un’invenzione di fine ‘800, e per lungo tempo il verde continuò ad avere una vocazione fortemente agricola.
Un estratto un po’ riassunto dal libro:
Entrando dalla porta di piazza Manin, sulla sinistra si trovava subito la Casa della Gabella, dotata di bilancia per pesare le merci all’ingresso in città. Nell’edificio ci abitavano i finanzieri con le loro famiglie, che usavano anche una striscia di terra per coltivare verdure e frutta a uso domestico. Vicino al camposanto c’era invece la dimora del becchino. Sopra ci stava lui con moglie e figli, sotto i morti. Davanti a casa il becchino l’orto non ce l’aveva, ma usava un bel pezzo di campo per altri scopi, forse necessari, ma certo sgradevoli. Insomma, proprio lì davanti al Battistero c’era sempre un carro funebre maleodorante nonché lenzuola imbrattate di sangue usate per avvolgere i cadaveri dopo che erano stati tagliati a pezzi per gli studi anatomici. Dalla parte opposta della piazza, proprio sotto il campanile, un ortolano coltivava cavoli, carote e cipolle usando l’acqua del sottosuolo prelevata attraverso un pozzo realizzato per la circostanza. Dalla parte opposta, più o meno davanti all’inizio di via Santa Maria, già dal Cinquecento era sorta la chiesa di San Ranierino con annesso l’ alloggio dei due curati ‘battezzieri’, una grande e bella dimora che si sviluppava su due piani, oltre quello terreno, per un totale di una quindicina di stanze. Da questa e dagli orti la Torre era separata con una balaustra in marmo, in modo da impedire che si potesse coltivare l’insalata proprio davanti alla sua porta. Così era la piazza, fino a quando si decise di porre un rimedio a tutto quell’affastellarsi di strutture che asfissiava i monumenti e fu istituita una speciale ‘Commissione per l’abbellimento della piazza del Duomo’. Era il 1863: venne demolita la casa del becchino, poco tempo dopo furono rase al suolo la dimora dei Battezzieri e la chiesa di San Ranierino e più tardi, nel 1912 scomparve anche la Casa della Gabella. Da quel momento la Torre, il Campanile, il Battistero e il Camposanto monumentale tornarono ad essere padroni del loro spazio in una piazza tutta per loro. Ma anche se frutta e verdura erano ormai state relegate ad altri campi, assai meno preziosi, tuttavia l’erba che a primavera cresceva verde e rigogliosa dopo essere stata inaffiata dalla pioggia faceva ancora molta gola. E a giugno arrivavano sotto la Torre squadre di contadini su carri trainati da buoi. Il taglio era fatto con le frullane, i mucchi di fieno accatastati tra i monumenti e poi portati via da quelle aziende che lo avevano comprato. Nel 1955 fu inaugurato l’impianto di irrigazione e la ‘festa’ di giugno finì.
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Katia Botturi (da Fb):
Campo dei Miracoli. No prato.
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Ginevra Sivieri (da Fb):
Confermo! Da pisana posso confermare anch’io che arriviamo a tollerare “campo dei miracoli” ma non oltre!! ☺️
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Eh, ma siete dei bei personaggi, voi Pisani! 🙂 Ho già dato conto delle richieste e delle modifiche, ma anche dei siti “pisani” in cui si usano tutte le diciture, e di alcune citazioni “storiche”… Farò così: vengo a Pisa e faccio un sondaggio “in loco”! 🙂
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Federico Tico Bonucci (da Fb):
…ma si sono scordati il Campo Santo!
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Il blog “Before Chartres” è un po’ integralista: dedica i suoi articoli alle realizzazioni del tempo romanico, a tutto ciò che nel Medioevo è stato costruito “prima di Chartres”. Sa bene che c’è anche il camposanto ma… sa anche che non risale all’epoca romanica. 🙂
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Luca Mariotti (da Fb):
Non so di che anno è Chartres ma le mura esterne del camposanto sono in stile romanico..
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Il camposanto di Pisa, Luca, è posteriore di alcuni decenni rispetto al resto del complesso: credo sia stato costruito a partire dal tardo Duecento. Pur nella continuità, si colloca in un’epoca ormai diversa rispetto a quella che Before Chartres si sente di poter comprendere e raccontare.
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Quello che sorprende della più bella piazza d’Italia (forse) è che edifici di tale valenza culturale ed architettonica, siano in posizione marginale, mentre di consueto le cattedrali venivano localizzate in posizione baricentrica, più o meno presso il foro delle città di fondazione romana.
Come Pisa, anche la vicina Lucca ha un duomo in posizione periferica, in prossimità del giro delle mura.
Tornando al complesso, uno degli esempi più riusciti architettonicamente ed urbanisticamente parlando, non c’è molto da dire che non sia stato magnificamente detto.
E’ sempre mozzafiato la vista della Piazza dei Miracoli, da qualunque parte si provenga, che sia l’arco di Porta Nuova verso ovest o le vie che vengono da sud come da sud-est (Via Santa Maria), tanto è ben stata studiata a livello urbanistico.
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