Le spade e le teste mozzate di Ebreuil

Si inseguono una dopo l’altra le scene, negli affreschi romanici di Ebreuil, con il loro tratto elementare, e con il gusto un po’ truce di cui le principali sono condite. Si stendono sulle pareti della tribuna alta, all’inizio della navata, sopra l’ingresso; raccontano un martirio, e anzi due, e in qualche modo accentuano, anche proprio narrando di decapitazioni e strani miracoli, il carattere “primitivo” della grande abbaziale.

La tribuna sopra l’ingresso

Perché quella di Saint-Léger è una delle chiese “antiche” di Francia, tirata su secondo i modi e il sentimento di quando ancora il romanico era fatto di grandi pareti di pietra coperte da un tetto in legno. Il monastero di Ebreuil, di cui resta ora solo la chiesa, venne infatti fondato nella dura età carolingia; e l’abbaziale che vediamo è stata costruita poco dopo il Mille, almeno quanto al corpo longitudinale; e anche se poi si aggiunse, agli albori dell’epoca gotica, una nuova lunga area presbiteriale, in Saint-Léger navata e navatelle, con la tribuna che più ci interessa, sono fatte così, secondo lo stile del primissimo romanico: con grandi pilastri squadrati privi di capitelli e decorazioni, con pareti che vanno su diritte, e che poi reggono una copertura a capriate nell’aula centrale, e con strane primitive crociere sulla navata laterale ancora coperta com’erano in origine.

I tre santi e il martirio di Pancrazio

Noi ora saliamo sulla tribuna, accompagnati dalla splendida Pagina del sito raymond-faure.com, da cui abbiamo preso le foto che illustrano questo articolo. Qui le tre pareti sono state affrescate all’inizio del XII secolo, per rendere degno uno spazio “nobile”, da cui forse seguiva le celebrazioni il signore del luogo. Ed ecco che a sinistra, per prime ci appaiono alcune figure in piedi: incontriamo nell’ordine sant’Austremonio, primo evangelizzatore della regione, con il suo abito liturgico azzurro e bianco, e poi Clemente, che fu pontefice alla fine del primo secolo, con i paramenti azzurri e arancio su una tunica bianca, e infine un santo di cui non conosciamo il nome, che sulla spalla porta una stola, quasi un mantello di un blu molto scuro. Ma tra questa terza figura e le precedenti, ieratiche e quasi orientali, si inseriscono due altri personaggi, anche loro in piedi ma mossi da un fremito ben diverso: un soldato dalla tunica a righe alza la lunga spada, e nel frattempo tiene per i capelli un ragazzo a cui sta per tagliare la testa: la vittima è san Pancrazio, e il suo martirio, che qui si evoca, non è che un antipasto di ciò che vedremo accadere, orchestrato con tutt’altro movimento, sulla parete centrale.

Il martirio di Valeria

La quale è tutta movimento, pose strane e quasi acrobatiche, in netto contrasto con l’aplomb dei santi in piedi della parete precedente. Qui si racconta del martirio di Valeria, e lo si fa attraverso quattro successive scene. Nella prima, a sinistra, purtroppo più rovinate delle altre, la giovane santa è a colloquio con un religioso, forse san Marziale, un altro dei primi evangelizzatori di Francia; al santo vescovo la giovane, convertitasi al cristianesimo, sta dedicando se stessa; Valeria però era promessa sposa del signore del luogo – per alcuni commentatori si chiamerebbe Etienne, per altri Junus Sillanus – il quale, una volta tornato tornato dalla guerra, non prenderà bene la conversione della donna che ama; nella seconda scena, così, uno sgherro del governatore, furibondo si accanisce sulla santa, che gli si inchina davanti offrendo la testa alla spada già pronta a sferrare il colpo. In alto, la mano di Dio dalle nuvole benedice.

L’armigero e il suo signore

Nella scena centrale, per molti aspetti simile ad un sogno, il carnefice è a rapporto dal suo signore e mandante: steso come se fluttuasse verso di lui, con la destra indica se stesso nella scena precedente, e in questo modo racconta di come ha portato a termine la sua macabra missione; con la sinistra porge al governatore la propria spada, come rimettendo il mandato eseguito. Il governatore, per parte sua, è seduto su uno strano sgabello, poggiato instabile sulla curvatura dell’arco sottostante, e con un gesto che inquieta tende la mano e riceve la lama. Questa non solo si appoggia di taglio sul palmo, ma si dirige con la punta verso il viso del nobile; colpisce il gioco degli incroci tra la lama della spada, le braccia e lo scettro, che si sovrappongono a vicenda senza logica, come in un disegno di Escher. Forse, il frescante ha voluto disegnare una croce ideale, per dirci che il giovane potente alla fine, pentito e spaventato per il suo crimine, si convertirà.

Valeria consegna la propria testa a Marziale

Anche l’ultima scena ha un gusto che rasenta il macabro, mentre completa il racconto secondo la tradizione. Valeria, infatti, cammina verso un altare con la propria testa fra le mani, cammina: la porta in dono e in sacrificio, testimonianza della sua fedeltà, al vescovo Marziale, che stava celebrando messa.

Sulla terza parete le figure tornano a schierarsi in un più rigoroso ordine. Le tre scene mostrano i tre principali arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, rappresentati mentre compiono la missione per cui sono noti: il primo, principe delle schiere celesti, sta sconfiggendo con la sua lancia Lucifero; il secondo, messaggero divino, sta annunciando a Maria che sarà madre di Gesù; il terzo infine si avvicina a Tobia, seduto, e gli porge il fiele del pesce che lo guarirà.

I tre arcangeli sulla terza parete

A tratti infantili, e però visionari – si noti con che sapienza sono stesi gli sfondi, a campiture orizzontali ai lati, a grandi riquadri nella rappresentazione centrale -, gli affreschi della tribuna di Ebreuil meritano di essere osservati a lungo e da vicino, e sono capaci di sorprendere prima, e poi di imprimersi nella memoria. E forse più bella ancora, di certo più elegante, è la fascia minore, quasi un fregio che sovrasta la narrazione principale: a sinistra girali vegetali in ocra chiara escono dalla bocca di un leone e si avvolgono in volute successive su un campo ocra scuro; nella parete centrale e in quella a destra, la fascia diventa blu scura, e vi si susseguono agili rappresentazioni di uomini e animali, e scene di mitologia e di caccia, di vita e di fantasia: solari, si potrebbero definire, a confronto con le figure da visione onirica della fascia principale.

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La chiesa di Ebreuil, come abbiamo detto, è per metà riferibile all’XI secolo e per metà tardoromanica, e non può dirsi elegante. Quanto alla struttura architettonica di certo si discosta dal canone del tipico romanico d’Alvernia, così puntualmente interpretato invece dalle chiese di Clermont-Ferrand, di Orcival, di Saint-Nectaire, poco distanti. Quelle, è noto, scommettono sulla bellezza della loro parte orientale e delle loro absidi; in Saint-Léger, al contrario, dal punto di vista dell’architettura romanica la parte più notevole è la torre-portico costruita verso il 1125 davanti alla facciata. L’esempio a cui si ispira – ci vuol poco ad accorgersene – è il clocher-porche di Saint-Benoit-sur-Loire; qui ad Ebreuil, però, rispetto al precedente di Fleury, il nartece così sviluppato in altezza è più slanciato, non è arricchito alla base da capitelli istoriati, e sembra aver subìto interventi di restauro di non poco conto, anche se tutto sommato fedeli.

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Un pensiero su “Le spade e le teste mozzate di Ebreuil

  1. Paolo Salvi ha detto:

    Ad Ebreuil sono stato nel 2019 e non ricordo di aver visto bene come ci mostri gli affreschi. È una splendida chiesa dell’Allier, prossima al confine col Puy-de-Dôme.
    A mio avviso anche la zona absidale è pregevole oltre al nartece.
    Penso che ci tornerò quest’estate, quando metterò proprio l’Allier nel mio mirino e vedrò certo meglio questi particolarissimi affreschi romanici.

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