Il Battista: voce di uno che grida, ma…

Dentro l’inusuale cripta di San Fermo a Verona, l’incontro più affascinante è quello con Giovanni, intento a battezzare Gesù. Molti si soffermano, e oggi lo ha fatto anche Before Chartres, a guardare e a fotografare il più bello e il più vivo tra gli affreschi di questa “chiesa inferiore”, che sono poco più che lacerti; e accade così di guardare negli occhi quest’uomo grandissimo e ostico, il “Battista”, colui che riconobbe in Gesù il Messia, e lo fece più volte, ma solo in parte.

In questo affresco del tardo XII secolo, riconosciamo in Giovanni colui, nelle acque del Giordano, battezzò Gesù, mentre questi cominciava la sua vita pubblica. L’episodio, rappresentato proprio qui a San Fermo, è noto a tutti, e Matteo, nel terzo capitolo del suo Vangelo, lo racconta così:

In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».

Fotografando il Battista

Ecco: è il momento in cui Giovanni assolve nel modo più pieno al suo ruolo di vero profeta. Egli è colui che riconosce, annuncia e indica il Messia che sta arrivando. In un altro passo evangelico, Giovanni dice di sé di essere appunto una voce che prepara la strada: “Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia»” (GV 1, 22-23).

Giovanni il Battista, proprio perché ebbe il privilegio di presentare al mondo il Messia incarnato, è considerato dalla tradizione cristiana come il più grande dei profeti, paragonato ad Elia per forza e spirito. E però Giovanni non è stato chiamato a questo ruolo in età adulta, come capitò a molti profeti dell’Antico Testamento; perché invece fin dalla nascita, e anzi fin dal concepimento, Giovanni sa che Gesù è il Figlio di Dio. Il loro primo incontro avviene quando entrambi sono nel ventre materno: Giovanni infatti è il bambino di cui, nel giorno della Visitazione, è incinta Elisabetta; e quando la Vergine Maria si reca a trovare l’anziana cugina, portando anch’Ella già in grembo il Bambino, dal ventre della madre Giovanni riconobbe Gesù, e sussultò. Insomma: già prima di nascere Giovanni seppe testimoniare che quello stava arrivando era il Messia; poi lo gridò nel deserto e alle folle durante la sua lunga predicazione; e infine l’episodio del Battesimo sul Giordano consacrò la profezia, e diede ad essa compimento.

Tutto questo era patrimonio comune nel medioevo, storia nota e ben presente nella mente dei fedeli e degli artisti del tempo romanico. I quali sapevano anche che da lì in poi, dopo questa profezia svelata, le strade di Giovanni e di Gesù, inspiegabilmente, si separarono. Nati da cugine, venuti alla luce a pochi mesi di distanza, incontratisi in momenti così eccezionali ed entrambi guidati dalla Spirito, Gesù e Giovanni non camminarono, poi, a lungo insieme. Mentre il figlio di Maria conduce la sua breve e intensissima predicazione, e mentre si circonda di discepoli e fedeli, Giovanni sembra quasi tornare a nascondersi, come se il suo ruolo – cruciale e importantissimo, ma funzionale all’avvento del Messia – fosse ormai esaurito. L’uomo che per primo riconobbe il Signore, non ne diventò discepolo; e anzi continuò, secondo i testi, la sua predicazione che da lì in poi parve come avvizzirsi, e diventare sterile. Giovanni – il più grande dei profeti, e il Battista – sembra quasi farsi prendere da quella visione ristretta della promessa fatta al popolo di Dio, che attende una rivalsa politica invece che una redenzione universale. Si scontra con re Erode per meschine vicende di mogli e concubine, e questo scontro lo porterà al carcere e poi alla morte. Intanto in cuor suo dubiterà di ciò che egli stesso aveva profetizzato, come racconta Matteo nel capitolo 11:

Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”. Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella”.

L’affresco nella cripta di San Fermo

L’uomo dell’annuncio, colui che dal seno della madre aveva riconosciuto in Gesù il Messia, sembra ormai incapace di vedere. Per riaprirgli gli occhi i discepoli di Gesù gli elencano i segni da cui ogni Ebreo in attesa avrebbe potuto riconoscere, secondo l’annuncio di Isaia, che il Regno di Dio era già, anche se non ancora. E però la vicenda terrena di Giovanni il Battista sembra non riuscire a redimersi. Si conclude tragicamente nelle prigioni di Erode, dove l’uomo dell’annuncio resta vittima del volere del re e di una fanciulla ambiziosa. Molte volte il tempo romanico racconterà di Giovanni anche quest’ultima vicenda – di come Salomè ballò per Erode, e di come in cambio pretese la testa del Battista – e però sembra quasi che si parli di un altro Giovanni. Che rimase Ebreo quasi più che cristiano. Che incrociò il Messia, spianò la sua strada, lo riconobbe, ne diede testimonianza, ma poi non seppe seguirlo, come fecero gli apostoli e i discepoli, in quel tempo e nei secoli a seguire.

Tanto che noi, che oggi lo guardiamo, e lo fotografiamo mentre battezza il Signore nel Giordano, dentro la cripta strana di San Fermo, possiamo vantarci di valere più di lui: “In verità io vi dico – ammonisce Gesù stesso – che fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il Battista; eppure il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”.

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La cripta della chiesa di San Fermo a Verona è un luogo molto particolare. Si tratta di una vasta aula – qualcuno la considera come una vera e propria chiesa inferiore – sottostante alla chiesa vera e propria. Se la parte superiore è stata completamente ricostruita nel XIV secolo, quella sottostante invece conserva l’impianto e la struttura del XII secolo, che è decisamente inusuale: la parte longitudinale è infatti divisa in tre navate, con quella centrale di dimensione doppia rispetto alle laterali, come spesso accade; la navata maggiore (e lo stesso avviene nel transetto) è però divisa in due da una fila di pilastrini; e quanto alla copertura, questa risulta essere costituita da due file di piccole volte a crociera, in tutto simili a quelle delle navate laterali, tanto che si disegna in pianta quasi una scacchiera. I pilastri della navata conservano vari affreschi, posti come immagini votive, alcune delle quali risalenti al tempo romanico, altre posteriori.

Uno scorcio della “chiesa inferiore”

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6 pensieri su “Il Battista: voce di uno che grida, ma…

  1. Aldo Valentini (da Fb):
    Mi piace molto questo affresco e non vedo l’ora di iniziare a leggere il tuo libro “Storie della Bibbia nell’arte romanica” che mi sono procurato. proprio oggi che ricordiamo il Battesimo di Cristo nel Giordano! Sarebbe bello tu avessi deciso di seguire il calendario liturgico con le tue riflessioni “romaniche”.

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    1. Non è facile, Aldo, farsi condurre con regolarità dalle suggestioni della liturgia. A volte accade; ma poi imporsi di essere fedele al calendario liturgico può diventare un vincolo, e preferisco scrivere delle piccole suggestioni che maturo, quando sono pronte, e quando sento che possono essere condivise.

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  2. Paolo Salvi (da Fb):
    Secondo il mio personale parere (ripeto personale parere) non si tratta di una cripta ma di una chiesa inferiore o meglio chiesa iemale (cioè invernale).
    Non ricordo una cripta così grande se non in Sardegna, quella di San Gavino a Porto Torres, visitata quest’anno a luglio. Quella sicuramente opera successiva con gran voltone a botte, direi seicentesco, che ricorda le cantine delle abbazie, più che una cripta o una chiesa inferiore.
    Di simile c’è la cripta del duomo di Parma, che però, a memoria mia, viene appunto definita una chiesa iemale.
    Altro esempio alto sarebbe il San Francesco di Assisi dove la basilica inferiore viene definita appunto chiesa inferiore e non cripta.

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    1. Sto a quanto scrive Zuliani nella nuova serie Jaca Book: “L’ampiezza della cripta di San Fermo le ha valso la definizione di ‘chiesa inferiore’, tuttavia la sua funzione liturgica e architettonica era quella propria di una cripta”. Zuliani poi spiega che nella “cripta” furono collocati i corpi di Fermo e Rustico… Poi concordo con te sul fatto che, soprattutto per l’alternanza dei sostegni e la presenza di pilastri, questa di San Fermo appare più come una “chiesa inferiore”.

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      1. Paolo Salvi (da Fb):
        Sai che non ho certezze in merito, mi sembra però che esistendo queste due definizioni piuttosto differenti, cripta e chiesa iemale, al di là della funzione di conservazione delle reliquie, cosa che non esclusiva delle cripte, questa conformazione architettonica, sia analoga a quella di una chiesa a pianta basilicale, cui per necessità strutturale sua stata aggiunta una fila di pilastrini a tagliare la navata mediana e sostenere la pavimentazione del piano superiore, ovvero della chiesa gotica.
        Anche i pilastri quadrangolari dipinti come quello dell’affresco che mostri, sono da chiesa romanica, non da cripta.
        Cripta poi significa nascosta.
        Può mai essere nascosta una struttura di questo tipo?

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        1. Hai ragione. La sostanza dovrebbe essere che la chiesa inferiore, o cripta che sia, è stata costruita, così come la vediamo, contemporaneamente alla superiore, con la funzione di sostenerla: lo certificano le volte tutte della stessa altezza e la coerenza complessiva della realizzazione. Poi, che sia cripta o chiesa inferiore, forse è solo una questione di termini.

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