Il vecchio abate seduto a Capo di Ponte

La chiesa di San Salvatore a Capo di Ponte è un vecchio abate borgognone seduto sui monti della Valcamonica, da secoli intento a cercare col pensiero e con lo sguardo la sua terra d’origine. E’ un avamposto, San Salvatore. E’ un frutto della grande stagione cluniacense fiorito al di qua delle Alpi, questa chiesa bellissima, che ben presto rimase orfana, troppo lontana dalla grande abbazia francese di cui è figlia, e mai del tutto accolta nel territorio in cui si è spinta.

Non a caso San Salvatore – resta solo la chiesa, mentre il monastero circostante è del tutto disperso – a lungo è stato proprietà di una famiglia nobiliare, e tutt’ora è un bene privato. E non a caso il declino dell’abbazia di Capo di Ponte, edificata nell’XI secolo e per poco tempo fiorente, inizia già alla fine del Trecento. E’ come se davvero Cluny avesse fatto male i suoi conti: i monaci inviati dalla Borgogna, si potrebbe concludere, rimasero tutto sommato stranieri tra queste ultime montagne lombarde, mai pienamente accolti, mai pienamente inseriti.

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Le tre absidi

E così ci resta a Capo di Ponte questo gioiello di chiarissima ispirazione francese. All’esterno, San Salvatore presenta un gioco di volumi in perfetto equilibrio: la chiesa ha tre navate, incrociate ad un transetto alto come la navata maggiore; se la facciata ha un ché di incompiuto – era probabilmente preceduta da un nartece – la parte absidale è invece di mirabile fattura, a cui l’alto zoccolo costruito direttamente sulla roccia regala un supplemento di fascino. La chiesa guarda poi verso il cielo con un tiburio ottagonale perfettamente proporzionato e coerente, e che, insieme alla complessiva armonia dei volumi, è forse l’elemento che maggiormente lega San Salvatore agli stilemi architettonici della Borgogna cluniacense.

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La navata vista dal presbiterio

L’interno è forte e antico, scandito da robuste colonne e pilastri, con capitelli particolarmente “schiacciati”, anch’essi antichi nel tratto e nelle figurazioni. Sono certamente originali le volte a crociera nelle navatelle laterali, mentre quelle sulla navata centrale – anche se gli studi più recenti aprono all’ipotesi opposta – secondo molti studiosi sarebbero un’aggiunta tarda. Chi si appassiona ai percorsi costruttivi del romanico, immagini la chiesa coperta, com’era forse in origine, da un tetto in legno: avrà così un esempio di interno cluniacense della prima ora; che invece è raro in Borgogna, dove si è diffusa via via la copertura in pietra, con la conseguente introduzione del pilastro composito.

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La chiesa affacciata sulle montagna (dal bel reportage di terrestorie.com)

Il vecchio abate, pur se autorevole, è solo. Tra l’abbazia di San Salvatore e Cluny, le Alpi si sono rivelate molto presto un ostacolo difficilmente valicabile, e il dialogo si è prematuramente interrotto; ma Capo di Ponte è distante anche da quella terra in cui, mille anni fa, i monaci che la fondarono erano stati inviati come in missione: tra le tante chiese delle vallate lombarde, San Salvatore è forse quella che meno è riuscita a radicarsi. E anche oggi risulta la più difficilmente raggiungibile, lontana dalle grandi città, persa in una terra di mezzo tra la regione dei laghi e la montagna vera. Resta seduto, il vecchio abate, e guardando verso i monti ripensa alla propria secolare vicenda.

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Capo di Ponte è molto a nord rispetto alla grandi direttrici

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La chiesa di San Salvatore, alta sulle pendici che salgono dal corso dell’Oglio, si può scorgere, al di là del fiume, a un chilometro di distanza in linea d’aria, l’altro gioiello romanico dell’area, la chiesa di San Siro a Cemmo. La modesta area urbana del Comune di Capo di Ponte, di cui Cemmo è frazione, propone a chi ama l’arte medievale due edifici di grande interesse, che possono comodamente essere visitati in una sola giornata. Le due chiese hanno pochi punti in comune – tipicamente borgognona quella di Capo di Ponte, più decisamente italiana quella di Cemmo – se si escludono i capitelli: le foto più belle che ho visto – ben più significative delle mie – sono quelle del reportage di terrestorie.com, che racconta entrambi gli edifici con dovizia di particolari.

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Ce ne sono almeno altre dodici. Belle come la chiesa di Capo di Ponte, e anche più di questa inerpicate in cima ai monti, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre dodici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

8 pensieri su “Il vecchio abate seduto a Capo di Ponte

    1. Grazie a te, Gabriella. Oggi la mia modestia sta un po’ in ribasso, e allora dico che è vero: cerco sempre di scrivere quando su quella chiesa, o su quel capitello, sento di avere qualcosa da dire. Avrai notato, forse, che ci sono chiese romaniche meravigliose di cui beforechartres.blog non ha ancora scritto: eppure non mi mancano gli elementi… manca quel qualcosa di mio che per me è importante, prima di scrivere. Ecco: presunzione, presunzione, mi hai fatto prigioniero! 😦

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    2. Pietro

      Buongiorno, devo recuperare degli scritti, ma mi pare che negli ultimi restauri fosse apparso chiaro che anche la navata centrale abbia volte originali, addirittura con l’intonaco originale.

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      1. Sarebbe interessante vedere le fonti, per confrontare le ipotesi. Io sono rimasto alle tesi di un rifacimento della volta, che mi pare probabile, per la forma delle crociere e perché nulla nell’alzato della navata porta a pensare ad una copertura in pietra – niente pilastri compositi, nessun sostegno in aggetto aggiunto per scaricare il peso della volta -. Ma ovviamente se ci sono motivi fondati per pensare ad una copertura a crociera – magari anche aggiunta prestissimo sempre in epoca romanica, come un ripensamento – ben vengano!

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  1. Isabella Soardi

    Buongiorno, mi complimento per il suo articolo, davvero interessante.
    Mi permetto di intervenire in relazione all’autenticità delle volte. Una fonte favorevole a tale interpretazione è il saggio del 1980 dello storico dell’arte Hans Peter Autenrieth “San Salvatore a Capo di Ponte: tipi – influssi – carattere”. Autenrieth ha redatto tale scritto dopo aver visitato i sottotetti della chiesa in occasione dei lavori di ristrutturazione del 1979. Nell’articolo citato, sono elencate dodici argomentazioni a favore dell’autenticità di tutte le volte. La stessa tesi è inoltre esposta dallo stesso autore anche nel saggio “San Salvatore a Capo di Ponte: dal fascino estetico alla tipologia storica e viceversa”.

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  2. Paolo Salvi

    Stupenda la chiesa abbaziale di San Salvatore a Capodiponte, che rappresenta uno dei più fulgidi esempi di romanico in terra bresciana e in Val Camonica.
    Magnifico il prospetto absidale, integro, con il campanile ottagonale a svettare sulle absidi, guarnite dalla tipica cornice ad archetti pensili.
    Un edificio chiaramente dall’impianto borgognone, fondazione cluniacense dipendente dalla bergamasca San Paolo d’Argon.

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