Apice e grandeur: la perduta Cluny III

E vien da dire che la grandeur francese sia nata nel tempo romanico, e sia nata a Cluny. Perché è qui, nella bassa Borgogna, che un bel giorno la comunità di monaci del luogo decise di costruire una chiesa di dimensioni mai viste: grazie ai suoi 187 metri di lunghezza la basilica di monastero di Cluny, tirata su tra la fine dell’XI secolo e i primi decenni del successivo, “…è stata, prima della costruzione di San Pietro a Roma, la più grande chiesa del mondo”, come dice, in perfetto francese, la cartolina che ce ne ricorda l’aspetto.

Una ricostruzione della chiesa abbaziale

Grazie alla sua struttura possente e complessa – lungo cui si mettevano uno dopo l’altro le torri di facciata, un esteso nartece, la navata vera e propria a cinque navate, il doppio incrocio con ben due transetti, e infine il coro e la parte absidale – l’immensa basilica di Cluny fu costruita di una trentina metri più lunga del Duomo di Firenze, e stacca di almeno 40 metri anche le gigantesche chiese francesi e inglesi del periodo gotico. Nel tempo romanico, non aveva rivali: anche le due superchiese di Saint-Sernin a Tolosa e di Santiago de Compostela sono piccola cosa se messe al confronto con l’abbaziale di Cluny. La quale però, come tutti sappiamo, non esiste più.

La pianta dell’abbazia e della chiesa

Resta la grande cittadella murata entro cui prosperò per molti secoli la potentissima comunità, prima benedettina, e poi “cluniacense”; ma la nostra “Cluny III” – così chiamata perché sostituì le due precedenti chiese abbaziali, via via troppo anguste per la fiorente comunità -è stata invece smontata pietra per pietra e… non esiste più. La sua pressoché totale demolizione non dipende né dall’abbandono – che ancora alla metà del XVIII secolo il priore Dom Dathoze aveva fondi tali che poté rinnovare tutti gli edifici dei monaci – né da eventi naturali: accadde invece che con la Rivoluzione Francese l’intera abbazia fu rudemente saccheggiata prima e privatizzata poi, e che i nuovi proprietari decisero di smembrarne la grande chiesa ormai inutilizzata, per venderne le pietre come materiale per costruzione.

All’inizio del Novecento, quando l’architetto americano Kenneth J. Conant per primo si interessò al sito, realizzando scavi e rilievi e ricostruendo, purtroppo solo nei suoi disegni, la solenne mole della chiesa scomparsa, restava in piedi solo la terminazione meridionale del primo transetto. Ed è questa porzione di transetto, ancora sovrastato dalla torre – una delle sei che si ergevano nei punti deputati della chiesa – e da uno dei campanili, tutto ciò che tuttora si può ammirare andando a Cluny. Grande da solo come una intera chiesa, questo moncone mostra chiaramente al suo interno quale fosse l’alzato di tutto l’edificio, e ci consente di “rivedere” e ricostruire idealmente tutto il vasto interno: Cluny III aveva possenti pilastri compositi, che reggevano le coperture delle cinque navate; erano a crociera le volte delle navatelle e a botte leggermente acuta quella della navata centrale; la quale, nella sola occidentale si prolungava per dodici campate, precedute dalle cinque del nartece, che a sua volta aveva tre navate coperte a crociera; sopra la fila delle grandi arcate, anche queste a sesto acuto, le pareti avevano una scansione a due o addirittura a tre livelli. Il presbiterio, vastissimo e affiancato come s’è detto da due successivi transetti, si concludeva in un coro circondato dal deambulatorio e poi dalla raggera delle absidiole. Siamo all’apice della capacità edificatoria del romanico: ci si accorge che a Cluny, come nelle grandi chiese di Normandia, tutto è già stato detto e tutto è già stato aggiunto; qui, come in Normandia, forse solo lo spirito è ancora romanico, e l’architettura religiosa, per farsi gotica, attendo solo un colpo d’ali, un pensiero nuovo, o lo spegnarsi di un’attesa – quella della fine dei tempi – che si è ormai rivelata inutile, e spegnendosi libera nuove energie.

L’ingresso di Cluny III, il pavimento del nartece e, sullo sfondo, il troncone del transetto

N.B.: Tra le tante “ricostruzioni” di Cluny III, una delle più suggestive che Before Chartres ha incontrato è questo video, che merita di essere guardato.

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La Borgogna romanica, di cui Cluny con le sue rovine è una delle perle, può stare tutta in un viaggio di sei giorni: lo racconta il nuovo volume con gli appunti di Before Chartres, per un itinerario densissimo di meraviglie: LA BORGOGNA romanica IN SEI GIORNI.

5 pensieri su “Apice e grandeur: la perduta Cluny III

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Franca Anselmi (da Fb):
    Ci siamo stati e ci è sembrato desolante quello che è accaduto a Cluny. E’ uno dei luoghi in cui l’uomo ha mostrato il peggio di sé senza comprendere il valore di quello che la storia e l’arte gli avevano lasciato.

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  2. Paolo Salvi ha detto:

    Forse la più grande perdita della storia dell’architettura, certamente di quella medievale.
    Spaventoso che l’abbazia più famosa della storia sia stata smontata e spogliata pietra a pietra per ricavarne materiale da costruzione.

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  3. Giordano ha detto:

    Anche al mio paese esiste una basilica dell’ XI secolo abbandonata e le cui pietre sono state in parte utilizzate x costruire nel xix secolo un campanile tuttora esistente. Della basilica rimangono solo le 3 absidi e la restante parte era usata come cimitero. Un peccato perchè era una bella basilica romanica

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