Sant’Abbondio e le sue troppe colonne

Non si parlerà con benevolenza, in questa pagina, della basilica di Sant’Abbondio a Como. Dopo aver accennato, in un altro articolo, alle “sue troppe colonne”, Before Chartres prova qui a motivare quella affermazione e, pur riconoscendo che per altri aspetti Sant’Abbondio è splendida, prova qui a dire le ragioni del sottile disagio che appunto si prova quando si entra nel suo vasto interno.

Il “vizio” di fondo della basilica comasca, costruita alla fine dell’XI secolo, è certamente il numero anomalo delle sue navate. Ne ha cinque, Sant’Abbondio, contro le tre che sono invece tipiche delle costruzioni del romanico. E questo “gigantismo”, stando almeno a quanto ci è rimasto dei secoli medievali, è raro assai. Come Sant’Abbondio, presenta cinque navate la chiesa di San Giusto a Trieste, che però è il frutto di uno strano assemblaggio di due edifici, e non è certo paragonabile alla chiesa comasca, che le sue cinque navate le volle, per scelta, e le vide realizzate in coerenza con il progetto iniziale. Per trovare nel romanico un’altra costruzione scientemente costruite a cinque navate, dobbiamo cercare tra le vaste chiese di pellegrinaggio, e giungere fino a Tolosa, dove Saint-Sernin, la più grande tra le grandi chiese romaniche, presenta appunto una “doppia” navata laterale; e Tolosa è l’unica tra le grandi basiliche a cinque navate che si è conservata, scomparse sia Saint-Martin a Tours, sia Saint-Benigne a Digione, sia la mastodontica abbaziale di Cluny III; però altre chiese tra le maggiori dell’epoca, ad esempio Sainte-Foy a Conques e la stessa Santiago de Compostela, come pure la mitica basilica di Limoges, nonostante le dimensioni eccezionali, avevano tre sole navate. Tre navate hanno anche le grandi chiese romaniche italiane, le cattedrali padane di Parma, Modena, Cremona e Piacenza, Sant’Ambrogio a Milano, San Michele a Pavia, il Duomo di Trento, i templi di Monreale e Cefalù in Sicilia, la chiesa romanica di San Miniato a Firenze, e quelle di Lucca e di Pistoia, la basilica di Anagni e quella di Gerace, in Calabria, le grandi chiese romaniche sarde… Forse presentava cinque navate l’originaria cattedrale di Ferrara; di certo cinque ne possiede l’immensa basilica di Buscheto a Pisa; ma a conti fatti Sant’Abbondio sta nel gruppo di quelle poche che… hanno fatto le cose davvero in grande.

La facciata con quattro salienti laterali

Da dove traggono ispirazione, queste rare presuntuose signore del romanico? Senza ombra di dubbio, guardano alla Roma dei primi secoli e delle prime immense basiliche cristiane, a loro volta ispirate alla basilica “laica” dei Romani. Guardano quindi alla San Pietro medievale, che aveva cinque navate, e guardano a San Paolo fuori le Mura, e ancora prima a quella che è la madre di tutte le chiese dei cristiani, la prima basilica di Roma, e cioè San Giovanni in Laterano, che ebbero anch’esse cinque navate.

Torniamo in Sant’Abbondio, e vediamo come, inserendosi nella cerchia ristretta di basiliche a cinque navate, la chiesa di Como interpreta il proprio ruolo, e da dove nasce l’impressione di difficoltà, di incoerenza, rispetto ai rari ma nobili modelli a cui si ispira. All’esterno, una delle caratteristica peculiari della basilica comasca sono i suoi quattro salienti laterali. Si tratta di una soluzione originale, poiché le basiliche antiche, tutte quelle che abbiamo citato, pur presentando due navatelle per lato, non le evidenziano in facciata come fa Sant’Abbondio: i grandi esempi romani hanno infatti comunque, sia in facciata che nei lati, la consueta struttura tripartita – un corpo centrale più alto e due laterali più bassi – e non somigliano, come rischia di fare Sant’Abbondio, ad una doppia scala. La stessa struttura “a due piani”, che nasconde la ripartizione a cinque navate dell’interno, si ritrova nella basilica pisana (e nell’originaria cattedrale di Ferrara); così Sant’Abbondio può guardare solo alla terza Cluny e a Saint-Sernin a Tolosa, nelle quali però la facciata, preceduta da torri e nartece, non si proponeva affatto a gradini;, mentre nei lati, per le dimensioni davvero imponenti e per la complessità della struttura, la ripartizione in tre livelli del corso delle fiancate non si nota come invece accade nella basilica comasca.

L’interno a cinque navate
Tolosa, l’articolazione in cinque navate di Saint-Sernin

E all’interno? Una pianta a cinque navate porta automaticamente in dote un numero più elevato di colonne, le “troppe colonne” di cui si diceva all’inizio. A Como, purtroppo per Sant’Abbondio, la struttura semplicissima dell’interno rende molto evidente il fiorire di questi sostegni; che sono pilastri, in realtà, ma tondi ed essenziali come colonne, e per questo non dialogano tra di loro come invece fanno i pilastri compositi di Saint-Sernin a Tolosa. E il confronto tra le due basiliche è impietoso: in Saint-Sernin, anche per la presenza del matroneo, l’interno è tutto un gioco di forze ed elementi in dialogo; e come nel miglior romanico, ogni elemento si giustifica in rapporto agli altri che lo circondano, a partire dalle volte delle navate laterali più alte, la cui imposta trova precisa ragione d’essere nel matroneo superiore, e nel contempo “detta i tempi” alla navatella minore, determinandone l’altezza e comunque intersecandone il movimento con i proprio e con quello della navata maggiore.

Nulla di tutto ciò accade in Sant’Abbondio – povera splendida chiesa, qui troppo bistrattata! – i cui punti di forza e di originalità possono essere cercati all’esterno, e in particolare nella parte orientale, dai campanili in poi, dove il gioco dei volumi si fa – qui sì, alla fine! – più decisamente romanico, e dove le splendide decorazioni delle finestre sono il prezioso compimento di una originalità architettonica meno zoppicante rispetto a quella dell’interno, e delle sue “troppe colonne”.

Uno scorcio dell’interno

La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Sant’Abbondio ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che i hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

Non solo Sant’Abbondio a Como: nella vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

8 pensieri su “Sant’Abbondio e le sue troppe colonne

    1. Non credo possa dirsi gotica… e credo che a dare questa suggestione sia l’abside, quella sì praticamente gotica, anche per via degli affreschi basso medievali. Di certo, quando una chiesa rifiuta la copertura con volte, e rifiuta quindi l’articolazione dei pilastri e la divisione in campate, privandosi di qualsiasi evidenziazione delle forze architettoniche, manca di alcuni elementi tipici del romanico.

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  1. Paolo Salvi

    Una lettura interessante, che, francamente non mi aspettavo. Pregevole il parallelo con altre costruzioni a cinque navate, abbastanza rare nel romanico, meno nell’epoca gotica, sia pur riservata alle grandi cattedrali.
    Al di là della correttezza o meno di questa lettura, che comunque è una legittima visione personale, resta il fascino di Sant’Abondio (come dicono i comaschi) nella sua interezza, pur avendo parti sicuramente di maggior pregio rispetto alle altre.

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    1. Mah. Non basta la sezione circolare o il capitello, per fare di un pilastro una colonna. E in Sant’Abbondio, quelle che noi vediamo come gigantesche “colonne” in realtà, secondo me, si definiscono più propriamente pilastri (perché cioè grandi costruiti in muratura) dalla sezione circolare.

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  2. Valter Fascio (da Fb):
    S. Benigno di Digione e S. Abbondio di Como. Cinque navate entrambe. Stesso periodo all’incirca. La prima fu ricostruita dal più grande architetto del romanico, l’abate Guglielmo da Volpiano; la seconda…?

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  3. Caterina Sala (da Fb):
    Fatto sta che a me quella foresta di colonne non disturba proprio 😉 perché dentro S. Abbondio la chiarità della pietra rimanda in modo straordinario la luce che entra dalle lunghe monofore disseminate lungo tutto il perimetro murale, creando uno degli interni più mistici e affascinanti tra le chiese non solo romaniche 😍☀💓

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