Nei ‘sacri templi’ dei capitelli romanici

Il capitello scolpito è forse il manufatto principe, la sintesi più significativa dell’intera arte romanica. Che rappresenti draghi e leoni affrontati, o una sirena dalla doppia coda, o un intero episodio del Vangelo, il capitello scolpito del tempo romanico, proprio aggiungendo elementi diversi, figure, e in molti casi anche un’azione e una narrazione, si differenzia dai capitelli dell’epoca classica e dei primi secoli dell’era cristiana, e si propone come una dirompente novità, che costellerà di sé i tre secoli del tempo… prima di Chartres.

Nel chiostro di Sant’Orso ad Aosta

Già nell’alto Medioevo si diffondono, nelle cappelle, nelle chiese, nelle cripte, i primi esempi di capitelli romanici: questi pezzi scolpiti, realizzati con tecniche approssimative, spesso tentano di replicare i modelli antichi, ed allo stesso tempo aprono la strada alle nuove forme. Dalla metà dell’XI secolo e durante tutto il successivo, il capitello romanico decorato (scolpito cioè con elementi geometrici, foglie, fiori…), quello figurato (in cui cioè compaiono anche animali, mostri, esseri umani) e quello istoriato (che narra cioè un episodio, una vicenda) sono elementi onnipresenti e cruciali nelle navate, nei portici e nei portali, nei chiostri, nei luoghi di culto, di preghiera, di pellegrinaggio, di vita comune dei religiosi. In questi secoli visionari ogni pezzo è diverso dall’altro ed aspira ad esprimere – sulle singole facce o utilizzando la successione dei lati – un pensiero, un insegnamento, un’ammonizione, un racconto; e non sono rari i casi in cui la serie dei capitelli prosegue un discorso coerente e successivo. L’evoluzione proseguirà fino a trasformare i primi esemplari, dai rilievi addirittura primitivi, in capolavori della scultura in cui si concentrano, già dai primi decenni del XII secolo, arte eccelsa e teologia profonda. Sarà l’epoca gotica poi, a chiudere il tempo dei capitelli resi unici dal genio romanico, e a riportare questi elementi all’uniformità ripetitiva, riducendoli di nuovo ad elemento necessario, ma muto, della costruzione e dell’architettura; e nessun altro stile architettonico – né il rinascimento, né il barocco, né le forme d’arte delle epoche più recenti – hanno avuto il coraggio di riproporre la realizzazione e l’utilizzo di capitelli intesi come pezzi d’arte.

Capitelli nel chiostro di Moissac
Un capitello di Silos

I capitelli romanici sono in grado di appassionarci quando, osservandoli, riusciamo a cogliere il messaggio della pietra, e a comprendere che cosa essi rappresentino; e però, questi rilievi, per il loro fortissimo potere evocativo, affascinano anche quando rappresentano semplicemente un mostro o un animale, o quando il significato della loro iconografia resta difficilmente comprensibile. Anche per questo, quando ci troviamo in un luogo in cui molti capitelli ci circondano, il desiderio di portarli via con noi fotografandoli, per poterli guardare di nuovo più e più volte, o di leggerli e spiegarli a noi stessi, riconoscendo questo o quel personaggio, questo o quell’episodio, e magari confrontandolo con altri capitelli di altri luoghi dedicati allo stesso tema… è una delle frenesie, forse la più diffusa, che prendono l’appassionato di arte romanica. Dove andare, allora, per provare più intensamente questa emozione, per far lavorare senza risparmio la nostra capacità di interpretazione, oltre che la nostra fotocamera? Quali sono le mete irrinunciabili, i “templi sacri” di questa forma d’arte, i luoghi eletti in cui, cioè, chi ama i capitelli romanici può davvero perdersi e ritrovarsi circondato dalla bellezza?

Un capitello di Monreale

I chiostri, che normalmente ci offrono i loro capitelli quasi a portata di mano, sono sicuramente luoghi privilegiati: tra i tanti che è possibile visitare nell’Europa romanica, Before Chartres prova a suggerire un percorso in otto tappe. Sono pieni di meravigliosi capitelli decorati e figurati, anche se ancora poveri di storie e di episodi scolpiti, sia il chiostro del monastero di Silos, in Castiglia, con i suoi tipici animali e mostri dalle zampe sottili, sia quello di Moissac, nel sud della Francia, dove i bellissimi pezzi decorati con fiori, foglie e volute si alternano ai primi esempi di capitelli “narranti”. Chi ama i luoghi in cui la mano di uno scultore riesce a creare un mondo tutto nuovo, originale, inconfondibile, si perderà volentieri nel chiostro di L’Estany, in Catalogna, dove i capitelli, anche quelli che narrano, sembrano quasi dolci cucinati da un cuoco romanico; ugualmente inconfondibili con la loro patina nera e le figure incerte, sono i capitelli nel chiostro di Sant’Orso ad Aosta; nel chiostro scoperchiato del monastero vecchio di San Juan de la Peña, infine, stanno tutte in fila le più belle opere del maestro che proprio da questo luogo prende il nome. Tre chiostri ricchissimi, uno i Sicilia, uno in Navarra e uno in Provenza, ci narrano i tempi maturi, elegantissimi anche se forse meno vigorosi, della scultura romanica: quello del Duomo di Monreale è, con i suoi capitelli, un’infinita esposizione di figure ed episodi sospesi tra classicità, medioevo e influssi orientali; mentre quelli della cattedrale di Tudela e di Saint-Trophime ad Arles si sfidano a chi cammina più vicino al confine con un’arte nuova, quella del tempo gotico.

Capitelli nel chiostro di Tudela

Ci sono capitelli mirabilmente scolpiti in molte delle più belle chiese romaniche italiane – da Sant’Ambrogio a Milano alla pieve di Gropina in Toscana, da San Michele a Pavia, a Sant’Antimo, alla cattedrale di Parma -. E però, anche il patrimonio di capitelli di questi edifici meravigliosi non può essere paragonato a quello di certe chiese francesi. Nel nartece e nella navata della basilica della Madeleine a Vézelay, in Borgogna, i capitelli sono addirittura cento, e insieme costituiscono un repertorio infinito, il cui valore è paragonabile a quello del magnifico portale. Ancora in Borgogna, ad Autun, anche la chiesa di Saint-Lazare è famosissima per i suoi capitelli oltre che per il suo portale, questo e quelli attribuiti alla mano magistrale di Gislebertus; e qui la Sala Capitolare, che custodisce i pezzi più interessanti, è sicuramente uno dei “sacri templi” dell’arte romanica. In Alvernia, terra di capitelli bellissimi, la chiesa di Saint-Nectaire ne possiede 103: non tutti sono istoriati, ma nei sei capitelli del coro, solo in quelli, si assiepano addirittura 87 personaggi, che mettono in scena una delle più interessanti e ricche narrazioni scolpite di quest’epoca.

I capitelli del coro di Saint-Nectaire (foto da http://www.sancy.con, elab.)
Il capitello delle pie donne a Mozac

Molti altri chiostri, molte altre chiese, molti portali e molte cripte ancora, in un viaggio che non ha fine – e che questo blog intende percorrere a lungo – hanno in serbo per noi bellissimi capitelli, e può capitare che un pezzo di eccezionale valore si trovi isolato, da solo, in una chiesa – l’esempio del capitello di Daniele a Sant’Antimo, nel Senese, è eclatante -. E però quattro siti strepitosi sono mete irrinunciabili, e particolarissime, nel pellegrinaggio dei cercatori di tesori romanici, perché mettono l’appassionato in una situazione privilegiata e particolare: a Fleury, il piano terra della torre che si erge davanti alla facciata di Saint-Benoit sur Loire, è una vera foresta di pilastri fioriti in una messe di capitelli, arcaici e però notevolissimi; nell’abbazia di Mozac – siamo di nuovo in Alvernia – uno scalpellino della maestria eccelsa ha lasciato alcuni pezzi sensazionali, tre dei quali sono collocati a terra, ed è possibile ammirarli girando letteralmente loro intorno; a Saulieu, in Borgogna, nella chiesa di Saint-Andoche, cinque capitelli dello stesso autore, tra i tanti della chiesa, costituiscono un piccolo ciclo coerente dalla qualità sopraffina. A Jaca, in Aragona, dentro e fuori la cattedrale e nel museo diocesano si possono ammirare una serie di capitelli dalla spettacolare ascendenza classica – attribuiti alla mano felice di un maestro che opererà poi anche a Fromista, nella chiesa di San Martin – e a questi pezzi eccelsi si aggiunge, sempre nel museo della cattedrale, quel “capitello del satiro“, spettacolare per la concezione e la bellezza, la cui storia, fatta di abbandoni, di censure e di rinascita, è già da sola un viaggio nel tempo e nell’arte inimitabile dei secoli romanici.

Capitelli del “maestro di Jaca”

P.S.: Chi legge con attenzione questo blog, sa che Before Chartres non si lascia sfuggire i capolavori, anche quelli custoditi là dove non ci si aspetterebbe proprio di trovarli: sta in Terra Santa, nel museo di Nazareth una parete sorprendente, da cui ti guardano i cinque bellissimi capitelli crociati scolpiti al di là del mare dal “maestro di Plampied”… e infine a New York, dove non te lo aspetteresti mai, c’è un museo chiamato “The Cloisters” – che contiene meravigliosi capitelli provenienti dal chiostro di Cuxa.

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Dodici tra i più interessanti capitelli del tempo romanico – da quelli di Sant’Antimo e di Mozac a quelli di Retortillo e di Clermont-Ferrand -, riletti con gli occhi di Before Chartres, sono stati raccolti tutti insieme nel volumetto pubblicato per i lettori più fedeli. Vedere per credere: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI.

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7 pensieri su “Nei ‘sacri templi’ dei capitelli romanici

  1. Paolo Salvi (da Fb):
    Hanno molta responsabilità i capitelli dell’epoca romanica se noi amiamo svisceratamente quest’arte. E proprio come scrivi in essi c’è un’originalità del tutto particolare che non troveremo più negli stili successivi, dal gotico che diventa via via ripetitivo agli altri stili in cui assume una funzione meramente decorativa, per lo più classicheggiante.
    Nel Romanico i capitelli parlano, vanno visti e rivisti, compulsati ed infine, non di rado, interpretati, facendo riferimento ai Testi, non solo Sacri. E devo ammettere che da quando ti leggo e leggo altri amici appassionati, qui nel nostro gruppo Facebook “Itinerari artistici del Medioevo” o altri affini che apprezzo immensamente, la mia attenzione per i capitelli è progressivamente aumentata ed ora li fotografo uno ad uno anche da angolazioni differenti.

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  2. Maurizio Calcani (da Fb):
    Certo, anche i portali e le lunette istoriate, ma sono proprio i capitelli figurati che più mi attraggono e mi appassionano. Una chiesa pur bellissima, ma senza alcun capitello figurato mi lascia sempre un pizzico di delusione…

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  3. Roberto Gherzi (da Fb):

    Splendido post. Hai espresso tutto ciò che mi passa per la testa quando sono di fronte ad un capitello romanico. Ma la sensazione che ho provato quando sono entrato nel chiostro dei Benedettini a Monreale, qualche anno fa, la ricordo ancora come fosse oggi. Avrei voluto nascondermi per rimanere nel chiostro altre 24 ore…

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