Questa pagina di appunti sull’arte medievale – che non a caso si intitola “Before Chartres” – si spinge spesso ai margini del mondo romanico, e qui si sofferma e medita. Non vuole andare a calpestare la terra d’altri, visto che è dedicata all’arte “prima di Chartres”; ma i confini al di là dei quali stanno le terre del gotico, o anche quelle dell’arte bizantina, sono segnati malissimo, e anzi spesso queste linee di demarcazione tra periodi artistici, o tra mondi culturali diversi, sembrano cancellate sotto la polvere del tempo. Before Chartres allora ci prova, a tracciarle di nuovo, per non sconfinare, e anche per amore di coerenza – quante volte si vedono lodati come capolavori del romanico certi dipinti, rilievi o architetture in realtà lontani, o già privi di forza e consapevolezza! -; ma quando si fa questo tentativo, per distinguere e comprendere, la fatica non è poca.

Medita e fatica, Before Chartres, quando cammina sul confine tra uno stile artistico e l’altro, perché assistere alla metamorfosi dell’arte raffigurativa romanica verso quella dell’epoca successiva dà come un vuoto allo stomaco; e allora è inevitabile sforzarsi di capire che cosa manca, o cosa c’è di troppo e di diverso in quella scultura o in quell’affresco che non emozionano più; e lo stesso accade quando si guardano pitture e sculture coeve al romanico e però “bizantine”, o quando si entra in certe chiese che, pur se costruite nel XII secolo, già sembrano votate ad uno stile e ad uno spirito diverso…
Ma ci concentriamo, oggi, sulla scultura. E per chi si appassiona al tema del trapasso, in particolare tra l’arte romanica e l’arte gotica, proviamo qui a ricordare alcuni luoghi in cui affrontare questo argomento è inevitabile, e in cui, osservando singole opere scultoree medievali, Before Chartres si è trovato a ragionare, appunto, di “cos’è romanico” e “che cosa non lo è, o non lo è più”, nella scultura. Qualcuno forse, curioso di approfondire, vorrà anche andare a leggere, via via, gli appunti che questo blog si è annotato mentre sostava davanti a quelle singole opere; e insomma si metterà insieme una sorta di mappa, sicuramente parziale e integrabile e anche contestabile, dei confini tra scultura romanica e scultura gotica, che ciascuno poi può decidere di utilizzare, oppure no.
E diciamo intanto che, andando a cercare i pezzi più perfetti dell’arte romanica, quelli cioè belli da morire, i più compiuti, i capolavori di pienezza oltre che di perfezione, Before Chartres si è fermato incantato in due cittadine dell’Occitania: considera veri e propri punti di arrivo della scultura romanica – nei relativi articoli prova anche a spiegare il perché – l’Isaia danzante all’interno della chiesa della chiesa di Sainte Marie, a Souillac, e il Geremia in piedi nel trumeau del grande portale dell’abbaziale di Moissac. Ancora, per guardare e per dire com’è fatta la migliore scultura romanica siamo andato nel Poitou, a guardare sulla facciata di Notre-Dame di Poitiers quel gruppo di profeti vivissimi e mossi, e a Carrión de los Condes, nella provincia di Palencia, dove le figurine scolpite nell’archivolto costituiscono un altro esito della scultura romanica nella sua più alta perfezione formale. Questi capolavori – e qui sta il cuore del nostro tentativo di mappatura – dimostrano che la differenza tra scultura romanica e scultura gotica non sta in una più o meno perfezionata capacità di rappresentazione, piuttosto nella preminenza che, nel tempo gotico, viene assegnata alla ricerca della qualità della rappresentazione. Prima, nel tempo romanico – prima di Chartres – la necessità di evocare, di suggestionare, di trasmettere l’ansia della fede e dell’attesa, di spingere all’emozione resta preminente, qualunque sia la capacità tecnica dello scultore. Il quale, nel tempo romanico, mette al primo posto, rispetto alla bellezza formale dell’opera, il suo significato profondo; e vive e scolpisce con questa precisa consapevolezza, che cioè scolpisce per l’anima più che per gli occhi, sia quando possiede appena i rudimenti dell’arte figurativa, sia quando è in grado di produrre opere di livello qualitativo eccelso.
Le “figurine” dell’archivolto di Carrión de los Condes
Before Chartres ha descritto come un vera e propria porta tra due ere il meraviglioso Portico della Gloria: la gigantesca opera scolpita da maestro Mateo all’ingresso del santuario di Compostela è così bella che risulta quasi inutile stabilire a quale arte appartenga… Ma se togli al Portico della Gloria la strepitosa bellezza… ti ritrovi davanti al portale della cattedrale di San Martín de Ourense, fratello minore di quello di Santiago, non distante e appena un po’ meno bello: e qui puoi ben accorgerti – proprio perché non ti inebria di eccellenza – come le sue figure, i profeti, i santi, le decorazioni hanno perso molto del vigore e della carica evocativa, che era invece elemento peculiare della scultura romanica.

Facciata del duomo di Fidenza: uno dei miracoli compiuti da san Donnino

Questo blog ha voluto accogliere il portale settentrionale della cattedrale di Basilea, con il suo giudizio universale fin troppo didascalico, come tarda realizzazione del romanico; a Soria, nelle figurine sorridenti del popolatissimo portale di Santo Domingo, abbiamo colto una gentilezza già aperta a stilemi francesi e… di confine. Abbiamo faticato ancor di più davanti alla facciata riccamente scolpita del Duomo di Fidenza: commentandola, Before Chartres ha provato a spiegare come sia atteggiamento ormai “gotico” tralasciare, nella facciata di una grande chiesa urbana, il Cristo salvatore, e narrarvi invece la storia del santo patrono – in questo caso San Donnino -. Più in generale, questo blog ha spiegato come sente smarrirsi lo spirito romanico nelle opere della cosiddetta “scuola antelamica”, e a questo specifico argomento ha dedicato un articolo, fermandosi ad osservare gli arconi, peraltro di qualità eccelsa, del portale principale della basilica di San Marco a Venezia. Anche a Lucca, davanti alla facciata fin troppo decorata di San Martino – e il discorso vale ancora di più per quella della vicina San Michele – questo blog ha sentito e ha provato a motivare quel vuoto allo stomaco di cui si diceva fin dall’inizio, e si è chiesto se tutta questa profusione di marmi e figurine e intarsi possa ancora stare insieme, nello stesso capitolo del libro dell’arte, con le sculture visionarie di Gislebertus e i capitelli meravigliosi del maestro di Jaca, in cui tutto parla della Bibbia, della fede, della salvezza.

A proposito di deriva decorativista, abbiamo confessato il disagio che ci prende quando qualcuno definisce “romanici” certi chiostri cistercensi, fatti di capitelli freddi, uguali e senza vita; e pur cercando di dirlo con parole cortesi, abbiamo spiegato che ci rifiutiamo di accogliere tra le opere romaniche una certa colonna fin troppo fotografata del chiostro di San Andrés de Arroyo. Tre altri chiostri, invece, Before Chartres considera particolarmente significativi per chi voglia osservare, sui capitelli, il trapasso da un’arte all’altra: quello della cattedrale di Tudela, forse l’ultimo grande chiostro romanico europeo, i cui capitelli sono ancora ricchi di storie della Bibbia rese vive dalla passione e dal coraggio degli scalpellini; quello di Arles, che pur essendo pieno e ricco di capitelli istoriati e di narrazione biblica, compie un passo ulteriore verso stilemi in cui l’eleganza prende il sopravvento sulla forza – e questo già nelle ali più “antiche”, che tutti definiscono romaniche -; e infine il celebratissimo chiostro del monastero di Sant Cugat del Vallès, in Catalogna, i cui capitelli “musicali” consideriamo, pur a malincuore, come opera di un artista, o di un atelier, già ampiamente permeati da uno spirito nuovo, che non può più dirsi romanico.
N.B.: Quando in questi appunti si parla degli esiti perfetti, dei punti di arrivo dell’arte romanica – l’Isaia di Souillac, il Geremia di Moissac, e le altre opera citate insieme a loro – si intende elencare le più belle opere della scultura romanica più matura, alla vigilia della svolta verso il gotico. Va da sé che ci sono opere precedenti, anche formalmente meno evolute – i pannelli del chiostro di Silos, le opere di Gislebertus ad Autun, i rilievi bronzei di San Zeno e di Hildesheim, le statue colonna di Leodegario, le magie di stucco di Nicodemo e compagni, i portali grandi e minori, da Vézelay a Ely, le architravi di Monopoli e Semur-en-Brionnais, i canecillos di Uncastillo… – che pur non essendo perfetti dal punto di vista artistico, incarnano con altrettanto vigore l’anima dell’arte romanica. Vale lo stesso discorso nell’ambito più ristretto dei capitelli: in moltissimi luoghi – Saulieu, Mozac, Jaca, Autun, Vézelay, Saint-Nectaire… – ce n’è di strepitosi anche se lontani dalla perfezione formale scultorea, e Before Chartres ha steso, in un altro articolo, la lista di quelli che considera più pieni di fascino.
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Dodici tra i più interessanti capitelli del tempo romanico – da quelli di Sant’Antimo e di Mozac a quelli di Retortillo e di Clermont-Ferrand –, riletti con gli occhi di Before Chartres, sono stati raccolti tutti insieme nel volumetto pubblicato per i lettori più fedeli. Vedere per credere: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI.
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Un’altra rassegna di capolavori: altri venti capitelli, tra i più belli scolpiti nel tempo romanico, sono raccolti in questo volumetto. Before Chartres li guarda e li racconta con la consueta curiosa attenzione, e con quell’entusiasmo che, di fronte a pezzi così eccezionali, è inevitabile: CAPITELLI ROMANICI, altri VENTI CAPOLAVORI.
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Dai rilievi di Silos ai capitelli di Aguilar de Campoo e di Tudela, dagli affreschi di Mustair a quelli di Sant’Angelo in Formis: è specialissimo il nuovo volumetto di Before Chartres, che raccoglie sedici episodi del Vangelo trasformati in capolavori dagli artisti romanici: LE STORIE dei Vangeli NELL’ARTE ROMANICA.
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Un ragionamento che non fa una grinza, che mette in luce quello che inevitabilmente succede nel passaggio da uno stile ad un altro che non è mai come tutti i periodi storici di passaggio dato da una cesura netta, un confine chiaro e palese, che valicato quello, si è indiscutibilmente dall’altra parte: quella è solo una semplificazione che si danno gli uomini, per mera facilità di comprensione, ma è una semplificazione vana se l’obiettivo è la vera comprensione.
Pur non essendo d’accordo con tutte le affermazioni, il senso è chiaro e sostanzialmente accettabile.
Sta alla sensibilità di ognuno poi cogliere quel limite e spostarlo più o meno avanti o indietro, collocando le opere ancora nel romanico o già nel gotico.
Però, per me, anche i periodi di transizione hanno il loro indiscutibile (forse) fascino.
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Roberto Gherzi (da Wa):
Il mio parere è quello di un semplice estimatore appassionato, non certo quello di un esperto studioso nel settore di arte medievale.
Ho capito perfettamente il senso del tuo magnifico post che ho riletto più volte. A volte i confini tra l’arte longobarda, preromantica, romanica tardo-romanica e poi gotica sono talmente sottili e quasi impercettibili da non riuscire a capire a quali appartengono quei manufatti scultorei che ci emozionano di più. La mia pecca è quella di non aver visto nulla in Francia e Spagna e se non li vedi dal vivo ma soltanto in foto non è proprio la stessa cosa. I secoli scorrono e sono secoli molto distanti da noi quindi la mia priorità non è certo quella di stabilire se un capitello deve inserirsi per forza e catalogato come romanico, tardo romanico, pre-gotico o semplicemente di passaggio verso un nuovo stile e orizzonti.
Adoro i capitelli romanici arcaici e primitivi come quelli di Cortazzone o Santa Croce a Parma oppure Vendaso o Capodiponte ma allo stesso tempo mi emozionano i bassorilievi antelamici in San Donnino, evidentemente più tardi, meravigliosa facciata che hai citato. Dal chiostro di Monreale non sarei uscito più. Quindi non solo Wiligelmo, Nicholaus, Gislebertus, il Maestro di Cabestany, Biduino e tanti altri in pieno XII secolo ma le emozioni rimangono tali anche vedendo e fotografando i due splendidi e più tardi pulpiti di padre e figlio che non a caso facevano Pisano di cognome. Esattamente come mi emoziona il Pulpito Longobardo della mia città oppure quello di Gropina.
Siamo alla ricerca di emozioni. Il fantastico Duomo di Milano, nonostante lo conosca bene, non mi ha mai provocato tutto questo. La cosa che mi piace di più si trova all’interno, murata nella navata nord: è una lastra con gli Apostoli datata XII secolo.
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